«ADR» (cinema)

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Luke Atreides
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«ADR» (cinema)

Intervento di Luke Atreides »

Che traducente proporreste per tradurre in italiano l'acronimo inglese di ADR (Automated Dialogue Replacement)?
L’ADR è un processo di post-produzione audio usato per sostituire o migliorare i dialoghi dei film quando le registrazioni fatte sul set non sono sufficienti. Consiste nel far registrare agli stessi attori, in studio e in un ambiente controllato, le battute da sostituire, simile a un doppiaggio su parti selezionate.
Il Dottor Mannaro
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Iscritto in data: ven, 07 ott 2022 17:57

Re: «ADR» (cinema)

Intervento di Il Dottor Mannaro »

Non credo occorrano "nuovi" traducenti: in sostanza, anche la sigla inglese indica la pratica per cui una scena girata in presa diretta viene doppiata in posproduzione per necessità tecniche; ebbene, per quello, nell'ambiente è in uso da tempo immemore il termine «integrazione». Due esempi, fortunatamente, si riscontrano anche in contenuti pubblici, così posso provare a dimostrarlo:
qui a 50:20 e qui a 22:30 circa.

Un altro problema risiede però, secondo me, nel fatto che il settore è dominato internazionalmente dagli anglofoni, che di base impongono la loro terminologia; in Italia la causa dell'italiano è debole, paradossalmente anche in un settore che dovrebbe difenderla per ovvi motivi, trattandosi di una forma di traduzione e localizzazione, eppure mi sembra che non si resista abbastanza all'anglicizzazione (parzialmente anche per via di pressioni esterne), a parte alcuni elementi isolati che costituiscono un'oasi felice da questo punto di vista.

La terminologia che si usa nel mondo anglofono in ambito doppiaggistico è piuttosto diversa dalla nostra, e va bene così: oserei dire che alle nostre orecchie può suonare ridondante, eccessiva, finanche confusionaria, essendo legata a una storia e a una cultura diversa anche in quest'ambito. Da noi si tende a parlare di doppiaggio "in ogni caso" (localizzazione, interpretazione vocale da zero, voce narrante, annunci pubblicitari), quindi integrazione diventa un termine specifico per parlare del doppiaggio in una lingua che coincide con l'originale. Gli anglofoni paiono adoperare la suddetta sigla anche quando si tratta di scelte puramente artistiche (un attore la cui voce viene sostituita perché ritenuta inadatta) e quindi non solamente nel caso di un'integrazione della presa diretta che si rende necessaria per mere ragioni tecniche, casi in cui da noi si parla, con perifrasi, di scene o interpretazioni (ma se volete anche d'interpreti, personaggi o attori ecc.) doppiate o ridoppiate, aggiustate in posproduzione, sistemate al doppiaggio… serve altro?

Pensiamo anche a quanti termini esistono in inglese per indicare quello che noi definiamo doppiatore: va forse evidenziato che oltreoceano vi fu una presta distinzione fra il doppiaggio come localizzazione (che peraltro in lingua inglese tardò ad affermarsi) e gli animatori, rumoristi, imitatori e comici che prestavano inizialmente voce ai personaggi animati, poi man mano sostituiti da attori specializzati nel campo, mentre da noi andò in un altro modo: i doppiatori localizzatori e gli attori che davano voce ai cartoni generalmente coincidevano. E in italiano, lo ribadiamo, che si tratti di dare la voce da zero o di sostituirne un'altra, sempre di doppiaggio si parla. Dov'è il problema?

Poi, se uno vuol mettersi a parlare di attore vocale, vocista o vociaro (per citare Peppino Mazzullo) nel tentativo di riportare a tutti i costi una delle tante distinzioni terminologiche inglesi (ma lì bisognerebbe ripensarne mille e mille, artista della voce, artista della voce fuori campo, talento vocale…?) faccia pure, ma rimane un di più di cui a mio parere potrebbe non esserci una necessità impellente.

E dicevo, per l'appunto, che è normale che la terminologia vari da lingua a lingua e secondo me non è indispensabile rincorrere gli anglofoni sempre e comunque: basti pensare a come il termine di cui qui si stava chiedendo il traducente, la sigla ADR (un tempo «looping»), sia mutata col cambiare della tecnologia, laddove nel doppiaggio italiano si continua (posso dire giustamente?) a non complicarsi troppo la vita, per esempio parlando ancora di anelli (ma l'anello di pellicola non si usa più da decenni) a indicare gli spezzoni da doppiare, perché sono termini tecnici convenzionali che non è necessario aggiornare, come del resto anche nel mondo anglofono (come in Italia) si continua a parlare di film, nonostante questi non siano più fatti in pellicola. Per il resto, per l'appunto anche per i motivi espresso sopra, nel linguaggio tecnico si riscontra un'oscillazione continua tra termini italiani e no, come codifica e timecode, missaggio e mix / mixing o ancora l'ibrido mixaggio, sincrono / sincronia e sync, ecc. Inoltre, per riferirsi a una pratica vituperata da appassionati e addetti ai lavori, da noi (purtroppo) non si parla MAI di celebrità (prestate al doppiaggio) ma sempre di talent sebbene, come ho accennato sopra, questo sia in realtà uno dei tanti termini che in inglese si adoperano per riferirsi a un doppiatore.

E infatti, per via dei problemi succitati, il linguaggio interno al settore si sta modificando, in questo accodandosi pienamente a quanto avviene nel resto dell'italofonia col fenomeno dell'itanglese, per cui si sente parlare non più di corrispondenza vocale o di voci che combaciano/coincidono/corrispondono/si assomigliano ecc. ma di match vocale e voci che matchano, non di voci modificate, rialzate (o alzate) e ribassate (o abbassate) ma di pitch e di voci pitchate, non si cambia ma si switcha; aggiungo che questi atteggiamenti linguistici a volte finiscono persino negli adattamenti, arrivando al punto che in una pellicola d'animazione importante è di grande successo, nell'edizione italiana, a un personaggio è stata messa in bocca la battuta «questo è un po' too much»,* una frase che, nonostante la palese assurdità e inutilità (dire «un po' troppo» non basta e non avanza?) e in questo caso non corrispondesse neppure esattamente a quanto detto in lingua originale, noto essere un'espressione molto comune nell'ambiente romano, anche nel parlato. Penso che, in tanti casi, alla base del problema c'è il fatto che il linguaggio tecnico è stato tramandato oralmente con poco o nulla di scritto e oggi, in una fase in cui si tende a sterminare le parole italiane sostituendole con termini rigorosamente inglesi, risulta difficile recuperare la terminologia già esistente, con il risultato che ci si affanna alla ricerca di traducenti per creare parole italiane "nuove" che in realtà esistono già…

* Al di là dei tanti altri anglicismi estremamente gratuiti presenti in quel doppiaggio, e ho avuto modo di dialogare anche con spettatori che mi hanno confessato di non aver proprio capito il significato dei termini inglesi usati in certi punti. Aggiungo che il tutto si apre con la frase «Siamo live»,, nell'ambito di una diretta televisiva (non ne seguo da tempo, ma chi invece le usa per quelle in rete spesso si giustifica col fatto che la versione inglese costituirebbe un termine tecnico specifico di quell'ambito…): la ciliegina sulla torta, anche se qualcuno giustificherebbe senz'altro la scelta con la motivazione che ricalca semplicemente la lingua usata odiernamente, il che è indubbiamente una necessità dell'adattamento… Ma sto sorvolando sulle incursioni angliche più palesemente gratuite, cosa fortunatamente riconosciuta in pubblico da un dialoghista autorevole, per quel che concerne il doppiaggio dell'opera a cui sto pensando.
Ultima modifica di Il Dottor Mannaro in data dom, 09 nov 2025 11:18, modificato 11 volte in totale.
Avatara utente
G. M.
Interventi: 3148
Iscritto in data: mar, 22 nov 2016 15:54

Re: «ADR» (cinema)

Intervento di G. M. »

Il Dottor Mannaro ha scritto: ven, 07 nov 2025 0:59Penso che, in tanti casi, alla base del problema c'è il fatto che il linguaggio tecnico è stato tramandato oralmente con poco o nulla di scritto e oggi, in una fase in cui si tende a sterminare le parole italiane sostituendole con termini rigorosamente inglesi, risulta difficile recuperare la terminologia già esistente, con il risultato che ci si affanna alla ricerca di traducenti per creare parole italiane nuove che in realtà esistono già…
Se è così, la invito ad annotarsi i termini italiani, via via che li incontra, compilando un piccolo glossario: è una documentazione interessante che in futuro può rivelarsi molto utile. :)
Daphnókomos
Interventi: 544
Iscritto in data: sab, 08 giu 2019 14:26
Località: Bassa veronese

Re: «ADR» (cinema)

Intervento di Daphnókomos »

Cito da questo glossario:
ADR (Automatic Dialogue Replacement)
Una forma di doppiaggio che va a sostituire alcune battute registrate sul set con nuove registrazioni in studio, sincronizzate al labiale. In italiano chiamate anche "integrazione della presa diretta"
Il Dottor Mannaro
Interventi: 63
Iscritto in data: ven, 07 ott 2022 17:57

Re: «ADR» (cinema)

Intervento di Il Dottor Mannaro »

ADR (Automatic Dialogue Replacement)
Una forma di doppiaggio che va a sostituire alcune battute registrate sul set con nuove registrazioni in studio, sincronizzate al labiale. In italiano chiamate anche "integrazione della presa diretta"
Sottolineo quel curioso «anche», al solito come se l'italiano fosse accessorio. Io personalmente, almeno le integrazioni, le ho sentite chiamare sempre e solo in italiano, nel settore. Sono abbastanza sicuro che se a tanti doppiatori parli di ADR manco sanno cosa sia (il che è sacrosanto). L'unica volta che ho sentito usare l'acronimo in italiano (per di più da una persona che pretendeva di correggermi) si trattava di un soggetto esterno all'ambiente. Ribadisco che questa tendenza odierna che porta a partire dalle parole inglesi, dimenticando che in Italia c'è una terminologia pienamente consolidata, la trovo un cattivo segno e un veleno per la lingua.
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