Sì, questa spiegazione mi era già stata data... ma devo dire che non mi ha mai convinto...bubu7 ha scritto:Il mancato dittongamento si spiega col fatto che, nella pratica concreta della lingua, una parola come bene generalmente non si trova da sola, ma accompagnata da altre:
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Ultima modifica di Bue in data gio, 09 nov 2006 10:06, modificato 1 volta in totale.
A me sembra ragionevole... e poi non viene fornita dall'ultimo arrivato...Bue ha scritto:Sì, questa spiegazione mi era già stata data... ma devo dire che non mi ha mai convinto...bubu7 ha scritto:Il mancato dittongamento si spiega col fatto che, nella pratica concreta della lingua, una parola come bene generalmente non si trova da sola, ma accompagnata da altre:
Ultima modifica di bubu7 in data gio, 09 nov 2006 10:38, modificato 1 volta in totale.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Mah non so... espressioni come "voler bene", "far del bene" non si usavano? Davvero "bene" era sempre usato in posizione atona? E perché in spagnolo e francese non è avvenuto lo stesso? Nell'anonimo che ho trovato gugolando ci sono sia "ben" sia "bien" e "biene".
Inoltre immagino si possano trovare altri esempi di parole che avrebbero dovuto avere la stessa sorte.... chessò, ad esempio "suora", che in genere è seguito da un nome...
Inoltre immagino si possano trovare altri esempi di parole che avrebbero dovuto avere la stessa sorte.... chessò, ad esempio "suora", che in genere è seguito da un nome...
Dal Tesoro della lingua italiana delle origini, alla voce còttimo:
[1] Stat. perug., 1342, III.216.2, vol. 2, pag. 292.9: E etiandio glie altre quegnunque avente possessione e biene overo a coptemo overo a lavoreccio, glie quaglie recassero overo fossero vedute overo trovate portare overo recare le predicte lengne, poma, foglia overo altre fructe de l'altre cose e biene d'altre che de loro possessione e biene overo gli quaglie avessero en coptimo overo lavoreccio, siano punite en vinte solde de denare per ciascuno e ciascuna fiada.
Guarda che quelli parlavano ancora latino e probabilmente l’ordine delle parole non sarà stato quello delle tue espressioni.Bue ha scritto:Mah non so... espressioni come "voler bene", "far del bene" non si usavano? Davvero "bene" era sempre usato in posizione atona? E perché in spagnolo e francese non è avvenuto lo stesso? Nell'anonimo che ho trovato gugolando ci sono sia "ben" sia "bien" e "biene".
Inoltre immagino si possano trovare altri esempi di parole che avrebbero dovuto avere la stessa sorte.... chessò, ad esempio "suora", che in genere è seguito da un nome...
Poi non è necessario che la parola si trovasse «sempre» in posizione atona, bastava «spesso»…
Il dittongamento di cui parliamo è stato dovuto al rapporto del latino col substrato linguistico delle diverse zone. In siciliano non si è prodotto. Per lo spagnolo e il francese il latino avrà sicuramente avuto altre reazioni col substrato; su questo però non so dirti niente. Per quanto riguarda l’anonimo e il gugolamento, sai meglio di me che devi fare molta attenzione. Il questo caso il poeta può benissimo essere stato influenzato da modelli provenzali.
Sulla diffusione delle suore prima del VII secolo non mi pronuncio…

P.s.
Le mie considerazioni valgono anche per il tuo secondo intervento.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Sul «dittongo mobile»
Visto che si parla di «dittongo mobile», non si può non citare la fondamentale, recentissima tesi di van der Veer («fondamentale» anche perché mi si cita!
), che, accanto ai contenuti originali, fornisce utili ragguagli su:
__________
(*) E anche qui il grande Arrigo dimostra tutto il suo acume opponendosi alla tesi Schuchardt-Rohlfs-Schürr (pp. 17–8) e, a mio avviso, intuendo (pur senza formularla in modo rigoroso) la vera causa del fenomeno.

- le possibili origini del dittongamento in romanzo: §2.4.2 (*);
- il già citato terminus ante quem per il toscano, menzionato da Bubu e che Patota riprende da un fondamentale studio del Castellani del ’61: «[...] il dittongamento di [O], e cosí pure, è lecito pensarlo, il dittongamento di [E], si sono conclusi in un periodo che s’arriva a delimitare con precisione quasi inquietante: dopo i primi decenni, avanti l’ultimo quarto, dunque verso la metà del VII secolo» (p. 14);
- le possibili ragioni sul mancato dittongamento in alcune parole parossitone come bene, nove e era, in cui l’autore riporta la tesi del Castellani (fatta propria da Patota e citata da Bubu qui sopra: p. 15);
- l’origine del termine «dittongo mobile», che sarebbe una creazione del Buommattei risalente al 1623 (p. 5).
__________
(*) E anche qui il grande Arrigo dimostra tutto il suo acume opponendosi alla tesi Schuchardt-Rohlfs-Schürr (pp. 17–8) e, a mio avviso, intuendo (pur senza formularla in modo rigoroso) la vera causa del fenomeno.
Re: Sul «dittongo mobile»
Grazie!! Scaricata prontamente! Me la ciuccerò tutta!Infarinato ha scritto:Visto che si parla di «dittongo mobile», non si può non citare la fondamentale, recentissima tesi di van der Veer («fondamentale» anche perché mi si cita!)
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En passant, ricòrdati che, a rigore, solo il fiorentino antico fa testo.Bue ha scritto:Dal Tesoro della lingua italiana delle origini, alla voce còttimo:[1] Stat. perug., 1342, III.216.2, vol. 2, pag. 292.9: E etiandio glie altre quegnunque avente possessione e biene…

«And then he was A Count, and then he knew / Music, and dancing, fiddling, French and Tuscan; / The last not easy, be it known to you. / For few Italians speak the right Etruscan.» (George Gordon Lord Byron, Beppo, XXXI, vv. 1–4).
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