Della necessità dell’adattamento (2)
Moderatore: Cruscanti
Ho già ringraziato LCS e Pokoyo in privato, ma colgo l’occasione offertami da quest’intervento per ringraziarli una volta ancora.
Per esemplificare ciò che non potevo nell’intervista, ecco un elenco di parole d’origine straniera comprese tra le fondamentali e le comuni, rivestite all’italiana (e invito i miei lettori a cercare nel dizionario qual era l’originaria veste alloglotta):
arabo: alambicco, albicocca, auge, azzurro, carciofo, cotone, cremisi, giraffa, limone, magazzino, materasso, ragazzo, talco, tamburo, zucchero...
ebraico: cabala...
greco: atmosfera, autonomo, entusiasmo, epoca...
indiano: fachiro, guru, nababbo, nirvana...
giapponese: geisha [nel Battaglia scritta gheiscia], karaoke [si potrebbe scrivere caraoche], origami, samurai, soia...
longobardo: balcone, palla, sala, schiena...
norvegese: fiordo...
olandese: duna, stoccafisso...
portoghese: caravella, pagoda, samba...
provenzale: bandiera, bugia, cavaliere, coraggio, maglia, noia, pensiero, viaggio...
russo: bolscevico, tundra...
spagnolo: appartamento, complimento, giunta, regalo, tabacco, vigliacco...
tedesco: alabarda, allergia, archibugio, benzina, fisarmonica, grinfia, piffero, sciabola, stambecco, trampolo, zinco...
turco: caffè, caviale, chiosco, serraglio, sorbetto, tazza, turbante...
Se avessimo avuto lo stesso atteggiamento d’oggi nei confronti degli anglicismi, oggi diremmo, per esempio:
Versa il khave nelle tas lazurd, quelle colle zerafa, e portaci il sukkar.
(Versa il caffè nelle tazze azzurre, quelle colle giraffe, e portaci lo zucchero.)
Se hai mal di skena, stenditi sul matrah.
(Se hai mal di schiena, stenditi sul materasso.)
Non dire bauzia, ti ho visto senza malha sul balko.
(Non dire bugie, ti ho visto senza maglia sul balcone.)
L’helmbarte, l’hachenbüchse e la schebel sono armi antiche.
(L’alabarda, l’archibugio e la sciabola sono armi antiche.)
Dopo l’havyàr ci hanno servito un serbet al laymun.
(Dopo il caviale ci hanno servito un sorbetto al limone.)
L’enoja dei raqqaz era tale che si misero in viatge anche con poca benzin.
(La noia dei ragazzi era tale che si misero in viaggio anche con poca benzina.)
Se continuiamo a importare parole crude senza adattarle o tradurle (secondo i casi), l’italiano si trasformerà ben presto in un sistema di comunicazione irriconoscibile, senza volto, senza voce, senza vita. Vogliamo davvero che la nostra lingua, che ha dato vita a una grande letteratura, scada a vernacolo buono solo per le chiacchiere da ascensore? O vogliamo mantenere la dignità dell’idioma gentile? Allora bisogna impegnarci, partendo da noi stessi e dalle persone che ci circondano. Non diciamo piú
È il manager di un’agenzia di marketing, ecc.
e diciamo invece
È il dirigente/direttore di un’agenzia di vendistica/mercatistica, ecc.
Cambiare le abitudini è difficile ma non impossibile. Con un po’ di buona volontà possiamo tramutare l’odierna cinèrea loquela nelle linde, stellanti azzurrescenze che fanno della nostra lingua un’inconfondibile e armonica entità.
Per esemplificare ciò che non potevo nell’intervista, ecco un elenco di parole d’origine straniera comprese tra le fondamentali e le comuni, rivestite all’italiana (e invito i miei lettori a cercare nel dizionario qual era l’originaria veste alloglotta):
arabo: alambicco, albicocca, auge, azzurro, carciofo, cotone, cremisi, giraffa, limone, magazzino, materasso, ragazzo, talco, tamburo, zucchero...
ebraico: cabala...
greco: atmosfera, autonomo, entusiasmo, epoca...
indiano: fachiro, guru, nababbo, nirvana...
giapponese: geisha [nel Battaglia scritta gheiscia], karaoke [si potrebbe scrivere caraoche], origami, samurai, soia...
longobardo: balcone, palla, sala, schiena...
norvegese: fiordo...
olandese: duna, stoccafisso...
portoghese: caravella, pagoda, samba...
provenzale: bandiera, bugia, cavaliere, coraggio, maglia, noia, pensiero, viaggio...
russo: bolscevico, tundra...
spagnolo: appartamento, complimento, giunta, regalo, tabacco, vigliacco...
tedesco: alabarda, allergia, archibugio, benzina, fisarmonica, grinfia, piffero, sciabola, stambecco, trampolo, zinco...
turco: caffè, caviale, chiosco, serraglio, sorbetto, tazza, turbante...
Se avessimo avuto lo stesso atteggiamento d’oggi nei confronti degli anglicismi, oggi diremmo, per esempio:
Versa il khave nelle tas lazurd, quelle colle zerafa, e portaci il sukkar.
(Versa il caffè nelle tazze azzurre, quelle colle giraffe, e portaci lo zucchero.)
Se hai mal di skena, stenditi sul matrah.
(Se hai mal di schiena, stenditi sul materasso.)
Non dire bauzia, ti ho visto senza malha sul balko.
(Non dire bugie, ti ho visto senza maglia sul balcone.)
L’helmbarte, l’hachenbüchse e la schebel sono armi antiche.
(L’alabarda, l’archibugio e la sciabola sono armi antiche.)
Dopo l’havyàr ci hanno servito un serbet al laymun.
(Dopo il caviale ci hanno servito un sorbetto al limone.)
L’enoja dei raqqaz era tale che si misero in viatge anche con poca benzin.
(La noia dei ragazzi era tale che si misero in viaggio anche con poca benzina.)
Se continuiamo a importare parole crude senza adattarle o tradurle (secondo i casi), l’italiano si trasformerà ben presto in un sistema di comunicazione irriconoscibile, senza volto, senza voce, senza vita. Vogliamo davvero che la nostra lingua, che ha dato vita a una grande letteratura, scada a vernacolo buono solo per le chiacchiere da ascensore? O vogliamo mantenere la dignità dell’idioma gentile? Allora bisogna impegnarci, partendo da noi stessi e dalle persone che ci circondano. Non diciamo piú
È il manager di un’agenzia di marketing, ecc.
e diciamo invece
È il dirigente/direttore di un’agenzia di vendistica/mercatistica, ecc.
Cambiare le abitudini è difficile ma non impossibile. Con un po’ di buona volontà possiamo tramutare l’odierna cinèrea loquela nelle linde, stellanti azzurrescenze che fanno della nostra lingua un’inconfondibile e armonica entità.
"Se continuiamo a importare parole crude senza adattarle o tradurle (secondo i casi) / adattare le parole latine, l’italiano / il latino si trasformerà ben presto in un sistema di comunicazione irriconoscibile, senza volto, senza voce, senza vita. Vogliamo davvero che la nostra lingua, che ha dato vita a una grande letteratura, scada a vernacolo buono solo per le chiacchiere da ascensore / mercato? O vogliamo mantenere la dignità dell’idioma gentile?"
"Con un po’ di buona volontà possiamo tramutare l’odierna cinèrea loquela nelle linde, stellanti azzurrescenze che fanno della nostra lingua un’inconfondibile e armonica entità."
Le parole di Marco1971, con i cambiamenti suggeriti, sarebbero potute essere state pronunciate da coloro che osteggiavano l’italiano nascente a favore del latino classico.
Le trasformazioni del sistema di comunicazione (anche l’adozione dei forestierismi crudi) servono proprio a mantenere vitale l’istituto linguistico.
Se in passato avessimo avuto lo stesso atteggiamento di oggi nei confronti dei forestierismi, la lingua attuale sarebbe stata diversa ma diverso sarebbe sicuramente anche il nostro giudizio estetico nei confronti delle frasi riportate da Marco1971. La lingua non sarebbe stata però meno efficace sia per le chiacchiere d’ascensore sia per le più elevate espressioni letterarie.
È ovvio che la mia è in parte una provocazione che ha l'obiettivo, però, di bilanciare certi toni apocalittici.
"Con un po’ di buona volontà possiamo tramutare l’odierna cinèrea loquela nelle linde, stellanti azzurrescenze che fanno della nostra lingua un’inconfondibile e armonica entità."
Le parole di Marco1971, con i cambiamenti suggeriti, sarebbero potute essere state pronunciate da coloro che osteggiavano l’italiano nascente a favore del latino classico.
Le trasformazioni del sistema di comunicazione (anche l’adozione dei forestierismi crudi) servono proprio a mantenere vitale l’istituto linguistico.
Se in passato avessimo avuto lo stesso atteggiamento di oggi nei confronti dei forestierismi, la lingua attuale sarebbe stata diversa ma diverso sarebbe sicuramente anche il nostro giudizio estetico nei confronti delle frasi riportate da Marco1971. La lingua non sarebbe stata però meno efficace sia per le chiacchiere d’ascensore sia per le più elevate espressioni letterarie.
È ovvio che la mia è in parte una provocazione che ha l'obiettivo, però, di bilanciare certi toni apocalittici.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Sono proprio i dettagli ed il contesto a dare significato ai discorsi.bubu7 ha scritto:Le parole di Marco1971, con i cambiamenti suggeriti, sarebbero potute essere state pronunciate da coloro che osteggiavano l’italiano nascente a favore del latino classico.
Non confondiamo i linguaggi italiani (ciò che usano gli italiani per comunicare) con la lingua italiana.bubu7 ha scritto:Le trasformazioni del sistema di comunicazione (anche l’adozione dei forestierismi crudi) servono proprio a mantenere vitale l’istituto linguistico.
La storia non si fa con i "se".bubu7 ha scritto:Se in passato avessimo avuto lo stesso atteggiamento di oggi nei confronti dei forestierismi, la lingua attuale sarebbe stata diversa ma diverso sarebbe sicuramente anche il nostro giudizio estetico nei confronti delle frasi riportate da Marco1971.
Forse lei si riferisce al linguaggio degli italiani non alla lingua italiana.bubu7 ha scritto:La lingua non sarebbe stata però meno efficace sia per le chiacchiere d’ascensore sia per le più elevate espressioni letterarie.
Io sono sicuro che proprio dal confronto con gli altri paesi impareremo ad avere una politica linguistica.bubu7 ha scritto:È ovvio che la mia è in parte una provocazione che ha l'obiettivo, però, di bilanciare certi toni apocalittici.
Non credo...Bue ha scritto: Prevedo strali (eterodossi)...
Si tratta chiaramente di un errore.
Non capisco però perché anche da parte tua sia così difficile accogliere la mia preghiera...

La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Guardi che su questo punto non sono io ad avere le idee confuse.fabbe ha scritto:Non confondiamo i linguaggi italiani (ciò che usano gli italiani per comunicare) con la lingua italiana.bubu7 ha scritto:Le trasformazioni del sistema di comunicazione (anche l’adozione dei forestierismi crudi) servono proprio a mantenere vitale l’istituto linguistico.
Quello che non dobbiamo confondere sono i discorsi sulla struttura fonomorfologica classica dell’italiano con cos'è oggi la lingua italiana.
Le parole non adattate fanno parte delle lingua italiana.
E quest'ultima affermazione non è (ragionevolmente) contestabile.

La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
- Infarinato
- Amministratore
- Interventi: 5603
- Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
- Info contatto:
È tutta una questione di definizioni: ovviamente, ai puristi strutturali non basta che una parola sia registrata in un dizionario d’italiano (o venga quotidianamente usata dalla maggioranza dei parlanti italofoni) per considerarla «italiana», e su questo punto non potrà mai esservi accordo fra i due «campi»: it’s the whole point!fabbe ha scritto:Le parole non adattate fanno parte del linguaggio italiano non della lingua italiana.bubu7 ha scritto:Le parole non adattate fanno parte delle lingua italiana.
E quest'ultima affermazione non è (ragionevolmente) contestabile.

- Infarinato
- Amministratore
- Interventi: 5603
- Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
- Info contatto:
Ecco, ha fatto bene a precisare che si tratta d’una provocazione ché non ha molto senso paragonare la lentissima e graduale evoluzione [endogena] del latino (e delle sue strutture), ancorché nella sua variante parlata/tarda/«volgare», nell’italiano, che ne costituisce la «continuazione» (o meglio: una delle sue continuazioni), con l’importazione [relativamente] massiccia di parole [strutturalmente] straniere nell’italiano d’oggi, perlopiú da una lingua che non è nemmeno sorella, ma semmai cugina dell’italiano… Non proprio «dettagli», come diceva Fabbe.bubu7 ha scritto:Le parole di Marco1971, con i cambiamenti suggeriti, sarebbero potute essere state pronunciate da coloro che osteggiavano l’italiano nascente a favore del latino classico.
[…]
È ovvio che la mia è in parte una provocazione che ha l'obiettivo, però, di bilanciare certi toni apocalittici.
È giusto. È tutta una questione di definizioni e di convenzioni, ma su queste si fonda la possibilità di comunicare.Infarinato ha scritto: È tutta una questione di definizioni...
Vorrei ricordare che la posizione dei puristi strutturali non è un «campo» semmai è una microscopica zolletta di terra (che diventa sempre più piccola) contrapposta a un campo sterminato. Sia nella società sia tra gli studiosi.
È per questo che mi sono permesso di fare la precedente affermazione categorica.
Il “fanno parte” non è una realtà trascendente, ma la sintesi dell’attuale posizione della stragrande maggioranza degli studiosi (e delle persone).
Le considerazioni fonomorfologiche del purismo strutturale sono giuste ma la politica dei puristi strutturali non è condivisa né dalla società né dalla maggioranza degli studiosi.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Non è solo una questione di struttura. I motivi essenziali sono sostanzialmente due:Infarinato ha scritto:È tutta una questione di definizioni: ovviamente, ai puristi strutturali non basta che una parola sia registrata in un dizionario d’italiano (o venga quotidianamente usata dalla maggioranza dei parlanti italofoni) per considerarla «italiana», e su questo punto non potrà mai esservi accordo fra i due «campi»:...
1. I parlanti italiani non sono legittimati a gestire pronuncia, uso e grafia dei termini non adattati: ci si rifà sempre a scelte compiute dai parlanti della lingua d’origine.
2. La lingua italiana non ci ha messo niente di suo.
L'uso di questi termini (giustamente riportato dai dizionari) indica che gli italiani nel loro linguaggio oltre alla lingua italiana adoperano anche parole di lingue straniere.
Il purismo vero, in ogni modo, è quello di chi osteggia l'introduzione degli adattamenti per evitare che le parole straniere perdano la loro “purezza” impedendogli di crescere nelle varie lingue ospitanti.
E' vero il contrario: questa è una situazione di minoranza in Europa, tutta italiana.bubu7 ha scritto:Il “fanno parte” non è una realtà trascendente, ma la sintesi dell’attuale posizione della stragrande maggioranza degli studiosi (e delle persone).
Le considerazioni fonomorfologiche del purismo strutturale sono giuste ma la politica dei puristi strutturali non è condivisa né dalla società né dalla maggioranza degli studiosi.
Non mi sono spiegato.Infarinato ha scritto: Ecco, ha fatto bene a precisare che si tratta d’una provocazione...
Io non mi riferivo a quello che è realmente successo nel nostro passato ma proprio a quello che dicevo:
Ovviamente gli esempi vanno presi cum…Le parole […] avrebbero* potuto essere state pronunciate da coloro che osteggiavano l’italiano nascente a favore del latino classico.
*Nota fuori tema: purtroppo la segnalazione pubblica dell’errore mi ha impedito di correggerlo nell’intervento originale, pena l’incomprensione dell’osservazione di Bue, ma autorizzo ovviamente i miei interlocutori ad apportare la correzione.

La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Ma è proprio della situazione italiana che stiamo parlando, non di quella europea e neanche di una situazione teorica.fabbe ha scritto:E' vero il contrario: questa è una situazione di minoranza in Europa, tutta italiana.bubu7 ha scritto:Il “fanno parte” non è una realtà trascendente, ma la sintesi dell’attuale posizione della stragrande maggioranza degli studiosi (e delle persone).
Le considerazioni fonomorfologiche del purismo strutturale sono giuste ma la politica dei puristi strutturali non è condivisa né dalla società né dalla maggioranza degli studiosi.
Quindi non è vero il contrario ma proprio quello che ho affermato.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Questo è falso.fabbe ha scritto: 1. I parlanti italiani non sono legittimati a gestire pronuncia, uso e grafia dei termini non adattati: ci si rifà sempre a scelte compiute dai parlanti della lingua d’origine.
Gl'italiani di fatto "gestiscono" sempre la pronuncia e l'uso dei forestierismi.
Vedi sopra.fabbe ha scritto: 2. La lingua italiana non ci ha messo niente di suo.
Questa è una sua interpretazione personale ma non coincide con quanto comunemente viene inteso dai lessicologi per lingua italiana.fabbe ha scritto: L'uso di questi termini (giustamente riportato dai dizionari) indica che gli italiani nel loro linguaggio oltre alla lingua italiana adoperano anche parole di lingue straniere.
Questa sua eccentrica definizione di purismo, che ho volutamente trascurato fin qui, non facilita certo la comunicazione. Il purismo vero, concettualmente e storicamente, è proprio l'opposto di quanto va affermando. Lei può rivoluzionare l'uso della terminologia scientifica sappia però che il prezzo da pagare è una riduzione nella comprensione interpersonale.fabbe ha scritto:Il purismo vero, in ogni modo, è quello di chi osteggia l'introduzione degli adattamenti per evitare che le parole straniere perdano la loro “purezza” impedendogli di crescere nelle varie lingue ospitanti.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Chi c’è in linea
Utenti presenti in questa sezione: Amazon [Bot], Bing [Bot], Carnby e 5 ospiti