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Moderatore: Cruscanti
Be', Fausto, è già qualcosa: i vocabolari non vogliono opporsi all'Uso (che non sempre è poi il vero uso), ma se indicano le forme grammaticalmente piú corrette senza sbilanciarsi con giudizi perentori, c'è solo da essere contenti.Fausto Raso ha scritto:Concordo totalmenteE mi viene da ridere (di rabbia)
quando leggo nei dizionari la voce meno corretto.
bubu7 ha scritto:Sarei curioso di conoscere la pronuncia modello suggerita dal DiPI…
Marco1971 ha scritto: La forma dapertutto è ignorata anche dal Sabatini-Coletti...
--- DISC 2002 Dizionario Italiano Sabatini Coletti ---
dappertutto [dap-per-tùt-to] meno freq. dapertutto, da per tutto...
Al contrario, la regolare fonotassi dell’italiano d’oggi prevede che la particella da sia ageminante. Di fatto il raddoppiamento sintattico dopo la particella da non è mai uscito fuor di Toscana, come giustamente ricordava anche Infarinato in un suo precedente intervento. Gli esempi che lei fa non sono significativi perché non si tratta di neoformazioni ma di termini entrati in italiano nel passato tramite il canale letterario che, in questo, seguiva i canoni della pronuncia toscana. Oggi le forme raddoppiate dopo da permangono nella pronuncia (fuor di Toscana) per inerzia linguistica facilitata dalla diffusione dello scritto che spinge il lettore a riprodurre fedelmente, nella pronuncia, quanto legge.Marco1971 ha scritto:...perché giustamente non ligia alla regolare fonotassi dell’italiano d’oggi. Procedendo di questo passo, dovremmo considerare accettabili anche davero, dapoco, dapresso, daprima, ecc., solo perché qualcuno di poco informato avrebbe diffuso questa moda.
Lei sembra pensare (o almeno è quello che si evince da quanto scrive) che le forme scempie siano un'evoluzione recente di precedenti forme doppie.Marco1971 ha scritto:L’evoluzione non mi pare necessariamente un bene da auspicare e incoraggiare a tutti i costi e in tutti i casi. E quando le trasformazioni, oltre a rendere poco efficiente il sistema ortografico, indeboliscono la coerenza interna della lingua mi sembra ragionevole opporvisi. La lingua è un bene culturale e non dovremmo lasciare che venga bistrattata solo per amor di bizzose e infeconde «evoluzioni».
Ripeto, rispetto la sua posizione ma oggi questa posizione non è quella della quasi totalità dei linguisti. Questi ultimi si limitano solo a consigliare le forme raddoppiate e non riprendono o condannano le forme alternative.Marco1971 ha scritto:Chi desideri scrivere in un italiano ineccepibile adoperi le forme soprattutto, sennonché e dappertutto (lemmi principali nei suddetti dizionari); e chi cura non ha di questi dettagli, scriva come preferisce purché sia consapevole di scostarsi dalla norma attuale e d’esporsi quindi a possibili riprensioni.
L’avevo notato anch’io. L’ho segnalato al nostro Luciano e sto aspettando una sua risposta. Appena mi arriva vi faccio sapere.Infarinato ha scritto: da(p)pertutto non è registrato a lemma;
Nell’integrazione al DiPI è registrata anche la grafia scempia con l’indicazione «da evitare» per grafia e pronuncia.Infarinato ha scritto:soprattutto: la grafia con consonante scempia non è registrata, la pronuncia corrispondente è indicata come «meno frequente e trascurata».
L’indicazione (chiara) c’è, certo, non è scritto esplicitamente.Infarinato ha scritto:Ma soprattutto non si capisce perché i vocabolari d’oggi non possano dare una chiara indicazione di quale sia la «norma attuale», cioè di quali siano le forme [attualmente] predilette dalla maggioranza dei parlanti (e/o degli scriventi) [nativi] cólti.
Sono d’accordo.Infarinato ha scritto:Il problema non è indicare la norma, il problema è tenerla aggiornata. Ad esempio, ancorché chi scrive sia —com’è ben noto— un fautore della pronuncia tradizionale (o almeno di una pronuncia tradizionale «ragionevolmente aggiornata»), trovo vergognoso che un «dizionario dell’uso» come il GRADIT non faccia menzione della pronuncia con /-z-/ di una parola come cosa.
Ben mi sta: avevo controllato solo nella mia versione cartacea (edizione 1997), e in questa non c’è la variante dapertutto, né a lemma né nella voce dappertutto.bubu7 ha scritto:--- DISC 2002 Dizionario Italiano Sabatini Coletti ---
dappertutto [dap-per-tùt-to] meno freq. dapertutto, da per tutto...
Eppure non mi pare d’aver mai trovato le forme scempie nella prosa di Sabatini, Serianni, Nencioni ecc.bubu7 ha scritto:Ripeto, rispetto la sua posizione ma oggi questa posizione, che si riflette nella compilazione dei dizionari più importanti, non è quella della quasi totalità dei linguisti. Questi ultimi si limitano solo a consigliare le forme raddoppiate e non riprendono o condannano le forme alternative.Marco1971 ha scritto:Chi desideri scrivere in un italiano ineccepibile adoperi le forme soprattutto, sennonché e dappertutto (lemmi principali nei suddetti dizionari); e chi cura non ha di questi dettagli, scriva come preferisce purché sia consapevole di scostarsi dalla norma attuale e d’esporsi quindi a possibili riprensioni.
Le forme in oggetto non sono condannate, ma generalmente ritenute meno consigliabili. Quanto al passare inosservati, non so se sia un pregio o un difetto.bubu7 ha scritto:La norma attuale non prevede la condanna di queste forme alternative, questo è poco ma sicuro.
Chi oggi scrivesse senonché non solo non sarebbe fuori dalla norma ma avrebbe più probabilità di passare inosservato di chi scrivesse sennonché.
Perché quegli autori (come anche io del resto) si attengono alle forme consigliabili.Marco1971 ha scritto: Eppure non mi pare d’aver mai trovato le forme scempie nella prosa di Sabatini, Serianni, Nencioni ecc.
Perfetto. È quello che ho sempre sostenuto.Marco1971 ha scritto:Le forme in oggetto non sono condannate, ma generalmente ritenute meno consigliabili.
Non c'è bisogno di scusarsi.Marco1971 ha scritto:P.S. Sorvolo volutamente sul resto del suo intervento per mancanza di tempo da una parte e, dall’altra, per non farmi trascinare in una discussione senza fine. Mi voglia scusare.
Grazie, volevo controllare anch’io, ma me ne son dimenticato…bubu7 ha scritto:Nell’integrazione al DiPI è registrata anche la grafia scempia con l’indicazione «da evitare» per grafia e pronuncia.Infarinato ha scritto:soprattutto: la grafia con consonante scempia non è registrata, la pronuncia corrispondente è indicata come «meno frequente e trascurata».
Fino a un certo punto: un dizionario come il GRADIT, ad esempio, si limita a rimandare (senz’altra indicazione) dalla variante meno diffusa (che generalmente è anche quella «meno canonica») a quella piú diffusa, atteggiamento che trovo perfettamente adeguato per varianti del tipo per lo piú ~ perlopiú, dove l’impiego dell’una o dell’altra forma non è soggetto ad alcun tipo di censura da parte della maggioranza dei parlanti cólti.bubu7 ha scritto:L’indicazione (chiara) c’è, certo, non è scritto esplicitamente.Infarinato ha scritto:Ma soprattutto non si capisce perché i vocabolari d’oggi non possano dare una chiara indicazione di quale sia la «norma attuale», cioè di quali siano le forme [attualmente] predilette dalla maggioranza dei parlanti (e/o degli scriventi) [nativi] cólti.
Faccia pure, ma non si tratta d’un caso isolato: tutte le indicazioni ortoepiche del GRADIT andrebbero riviste. Di là da veri e propri errori di trascrizione fonematica (soprattutto di voci straniere), manca l’indicazione della variante sonora per tutti gli aggettivi in -óso, per quelli in -ése (eccezioni «tradizionali» a parte), per altre parole isolate come cosí, asino… Anche per quanto riguarda la z iniziale, la variante sonora è segnalata per zio, ma non per zampa, zucchero, etc. Buon divertimento!bubu7 ha scritto:Sono d’accordo.Infarinato ha scritto:…Ad esempio, ancorché chi scrive sia —com’è ben noto— un fautore della pronuncia tradizionale (o almeno di una pronuncia tradizionale «ragionevolmente aggiornata»), trovo vergognoso che un «dizionario dell’uso» come il GRADIT non faccia menzione della pronuncia con /-z-/ di una parola come cosa.
Mi dica se l'ha segnalato o se abbia intenzione di farlo, altrimenti lo faccio io.
Ho l'impressione che la lettura della discussione, sottointesa da questa sua frase, sia un po' forzata.Infarinato ha scritto: ...che è poi quello che auspica[va] Marco...
Io avevo contestato solo la radicalità di questa posizione e infatti avevo concluso:Marco1971 nel suo primo intervento ha scritto:… non mi sembra salúbre il lassismo dei nostri dizionari nell’accogliere certe varianti grafiche devianti.
Compito del vocabolario, secondo me, sarebbe di segnalarle come errate, non di registrarle come varianti legittime…
...la grafia è una, e chi non la segue commette un errore. Ma noi, menefreghisti, tolleriamo e sanciamo gli errori.
Che non si discosta molto (a parte la specificazione «cólti» il cui significato andrebbe definito operativamente pena il ritrovarsi una normatività troppo rigida e fuori dal tempo) dal suo:bubu7 ha scritto:…le forme senza raddoppiamento sono accettabili (a causa dell’attuale diffusione e delle attestazioni letterarie) anche se non (ancora [?]) consigliabili e non sono forme errate.
Alla fine, mi sembra, abbiamo tutti convenuto che l'indicazione linguisticamente più corretta sia quella più sfumata, ma in origine la mia replica è nata per contestare la radicalità di certe affermazioni.Infarinato ha scritto:«[attualmente] evitat[e] dalla maggioranza dei parlanti/scriventi cólti»
Questa mia affermazione si riferiva alle altre lingue menzionate.bubu7 ha scritto:Marco1971 nel suo primo intervento ha scritto:...la grafia è una, e chi non la segue commette un errore. Ma noi, menefreghisti, tolleriamo e sanciamo gli errori.
È vero, sono stato un po’ radicale, ma questo ha portato a una discussione in cui, alla fine, ci si trova concordi nel preferire le grafie con la doppia.bubu7 ha scritto:Alla fine, mi sembra, abbiamo tutti convenuto che l'indicazione linguisticamente più corretta è quella più sfumata, ma in origine la mia replica è nata per contestare la radicalità di certe affermazioni.
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