Bubu7 mi replica:
amicus_eius ha scritto:
La dissociazione mentale non c'entra.
Quanto al discorso sul multilinguismo, che si era perso nella nebbia, siamo sempre sulla stessa falsariga. Una lingua è un modo di organizzare le categorie distintive che contrassegnano le cose. Come tale, è uno strumento comunicativo e cognitivo, così come lo sono, su piani più complessi, le idee e le visioni del mondo. Una stessa mente può usare due o più strumenti, senza essere sdoppiata o dissociata. E può apprendere a usarli dalla nascita, senza scindersi in personalità multiple. Niente scenarii da Psycho, dunque, s'il vous plait.
Non condivido queste sue conclusioni e inoltre continuo a pensare che, nonostante il suo attento vaglio, la mia affermazione, sull’impossibilità di immaginare contemporaneamente un governo completo di un dio e delle leggi fisiche, sia ancora fraintesa nella sua replica.
A parte questo trascurabile aspetto la devo ringraziare per averci permesso, ancora una volta, di abbeverarci alla fonte del suo multiforme sapere.
Anche se fosse solo quest’ultimo il risultato del nostro dissenso, posso comunque ritenermi soddisfatto.
La sua affermazione può voler dire soltanto: non è possibile che io pensi che non si muova foglia che Dio non voglia e nello stesso tempo pensi che non si muova atomo che le leggi fisiche non governino (in modo indeterministico, ovviamente).
Io le ripeto: se è questa la sua affermazione (come credo che lo sia), è a questa affermazione, e a non altro, che il mio ragionamento risponde. Devo essere proprio ridotto male, se non riesco a spiegarmi nemmeno sulle premesse...
Il discorso è semplice: io posso ammettere in pieno la costruzione ( sempre di fondo parziale e ipotetica) delle leggi fisiche nella loro catena logica di dinamiche esplicative; e nello stesso tempo toccare con mano l'imprevedibilità della mia esperienza esistenziale reale (reale e non ipotetica) e trovare ad essa una risposta all'interno delle categorie cognitive della religione o della metafisica. Questo è tanto vero, che le metafisiche (=le visioni religiose e ideologiche degli scienziati) in bene o in male hanno sempre influenzato la storia della scienza: è un dato incontrovertibile osservato e spiegato dalle epistemologie di Popper, di Lakatos, di Feyerabend: lei è padronissimo di sostenere il contrario, ma così non va da nessuna parte, glielo garantisco. Può anche avvenire che si tengano separate le due sfere: il mondo di segni della religione ripiegato sull'individua effettualità esistenziale, e le dinamiche esplicative del ragionamento scientifico a spiegare l'universo, la civiltà e la storia nel loro funzionamento e sviluppo, fermo restando che la scienza è ipotesi del possibile (descrive una cosa che potrebbe accadere date certe condizioni, e in subordine cerca di costruire modelli plausibili di eventi sperimentalmente riscontrati e fattuali), mentre la religione (la metafisica) è giustificazione del reale (presume di razionalizzare, far accettare l'accadimento esistenziale effettuale, è interpretazione e cognizione di un reale, umano, generico: anche quando si tratta, ad esempio -
cornua faciamus, qui è l'ipocondriaco che è in tutti noi a parlare- di un reale scientificamente descritto, come una diagnosi circostanziata di una malattia grave, che segna l'esistenza di una persona). Può succedere che la scienza diventi oggetto di religione, essendo percepita essa stessa come accesso a una ierofania. Allora la ierofania diventa in concreto l'universo stesso, che si autoconosce attraverso l'intelligenza. Il discorso non cambia e le posizioni possibili e autoconsistenti in materia sono infinite (e nessuno degli eventuali assertori manifesta segni di
spaltung).
A sua volta Uri Burton acutamente scrive:
La domanda. Nell’esposizione manca il nome di chi ha cambiato, nella mente dello scienziato e non solo dello scienziato, la percezione dell’origine e dell’esistenza: Charles Darwin. Si tratta d’un empirical miss o di un’omissione voluta?
Il commento. Siamo sicuri che il marxismo sia in tutto e per tutto un mito? Depurato dell’ineluttabilità rivoluzionaria finale, rimane pur sempre un poderoso strumento d’analisi e come tale è infatti usato da scienziati sociali di tutte le persuasioni politiche. In particolare, senza i mezzi d’indagine che offre il pensiero marxista, una teoria della dipendenza – anche linguistica –si ridurrebbe a un esercizio privo di significato.
Certo, si potrebbe obiettare che il marxismo senza la fede nella rivoluzione comunista non è marxismo. Ma c’è da chiedersi se Marx, di fronte al ricalcitrare della storia, non direbbe quello che in un altro contesto disse: «per fortuna io non sono marxista», contentandosi cosi di avere definito il capitalismo (un modo di produrre in cui una classe vende la propria capacità lavorativa) e d’avere predetto la tendenza decrescente del tasso di profitto (tuttora in costante contrazione, tanto da richiedere la continua calata in nuovi mercati).
In effetti il darwinismo è una teoria (valida nei presupposti generali) e un programma di ricerca scientifico (progressivo) che, come ogni altro sistema teorico di natura scientifica, rientra comunque nell'ambito di un'ipotesi esplicativa del possibile. Essa di principio non contrasta con una visione religiosa specifica, per quanto abbia, come tutte le teorie scientifiche e i programmi di ricerca, forti valenze metafisiche e implicazioni esistenziali. Evidentemente, il darwinismo supera il fissismo delle specie (un altro programma di ricerca, rivelatosi non dinamico e addirittura regressivo). Evidentemente, le visioni metafisiche e le interpretazioni teologiche ancorate a un'idea di fissismo tramontano insieme allo stesso fissismo. Le religioni e i miti
in sé sono un'altra cosa, perfino quando parlano di terra quadrangolare (= simbolo arcaico di una terminologia mitologico-astornomica per indicare la regione del piano dell'eclittica compresa nel quadrato i cui vertici sono i punti equinoziali e solstiziali -vedi De Santillana - Dechend). Detto fra noi, la stessa evoluzione diviene poi oggetto di una sorta di "deificazione" con Spencer, con Bergson, e in sommo grado con Teilhard De Chardin.
Il discorso che cercavo di costruire implicava la compresenza di un qualunque tipo di visione religiosa insieme a tutto il bagaglio scientifico dell'età contemporanea, compreso il concetto di evoluzione. Spostiamo a tal proposito il discorso sul concetto di "disegno intelligente" e di antievoluzionismo latente nei cleri delle religioni tradizionali. Con tutta evidenza, si tratta di una posizione che non ha altra radice se non la scarsa capacità di riflessione filosofica dei cleri stessi, quando non la malafede ideologica di chi, volto al mantenimento del controllo delle coscienze e alla conservazione della poltrona, trova pericoloso qualunque atteggiamento critico sia pur larvato (il che oggi è semplicemente osceno).
Chi teme che il
big bang, o l'evoluzionismo, o i tentativi di spiegazione teorica delle cause dello stesso
big bang, siano tentativi di eliminare Dio o il divino dalla storia, in effetti ha una concezione assai meschina di Dio o del divino. Chi ha premuto per far sparire Darwin dalle scuole, crede in un Dio dei vuoti, un tappabuchi (Bonhoeffer) annidato nelle ombre dell'ignoranza. Questa visione del mondo è evidentemente incompatibile con la scienza, ma, si badi bene, è incompatibile anche con una vera concezione religiosa dell'esistenza. Chi ragiona in questi termini fa di Dio una cosa fra le cose, una causa fra le altre cause (il bisticcio etimolgico è puramente deliberato). Chi teme che l'evoluzione, o l'inflazione infinita di Linde, o le brane di Hawking, o la fisica dell'energia negativa di Kasimir, Krashnikov e Alcubierre, o le teorie del cosmo madre di Gott e Li siano tutte confutazioni secolaristiche di Dio o del divino, in realtà fa due cose estremamente brutte: 1) pretende di poter controllare il divino assegnandogli un posto
tecnicamente esplicativo in un mondo incasellato ideologicamente da una sorta di sudicia burocrazia della trascendenza; 2) pretende di stabilire così un controllo limitante sugli spazi di libertà e di iniziativa della coscienza umana. Ora, se la religione nel suo momento più autentico è culto della ierofania dell'Essere (e del Fondamento) e della ierofania dell'Uomo, chi crede in un dio dei vuoti è praticamente ateo, e doppiamente blasfemo, poiché offende in modo sanguinoso e colpisce al cuore le due matrici generative del sacro come tale, attuando sistematicamente una pratica repressiva delle coscienze, sul piano pratico, e una strutturale
deminutio dell'uomo e di dio sul piano teoretico.
Quanto al marxismo: in quanto -ismo, esso va tenuto ben distinto dalla dimensione critica della filosofia marxiana (di qui la famosa frase "per fortuna io non sono marxista"). Il marxismo originario, quello di Marx e in molto minor misura quello di Engels, è costituito da due assunzioni metodologiche non direttamente dimostrabili: 1) la dimensione critica (si veda l'introduzione del
Capitale) estrinsecantesi nella trasformazione della dialettica giustificativa e conservativa di Hegel, in dialettica negativa e rivoluzionaria -in pratica fallibilista; 2) il materialismo storico. Le tesi sviluppate da Marx sono analisi controllabili, dunque scientifiche, dunque parziali e storicamente determinate. Quello che fa il marx-ismo, in opposizione alla filosofia marx-iana, è trasformare un'assunzione critico-metodologica in articolo di fede (il che era contrario alla sostanza del pensiero di Marx, alla sua dimensione critica) e in sottordine cristallizzare le ipotesi scientifiche di Marx in precetti preconfezionati. Dunque la filosofia marxiana è un programma di ricerca e le analisi marxiane sono analisi socio-economiche. Il marxismo si configura come una mitizzazione che uccide Marx, poiché si fonda su un discorso profondamente anti-marxiano. Oggi molto delle analisi di Marx appare superato (proprio perché si tratta di analisi scientifiche). Difficilmente superabili, a meno che non si sia in malafede, sono le due assunzioni di fondo, che costituiscono i capisaldi intellettuali di un materialismo critico difficilmente aggirabile nell'analisi dei fenomeni storico-sociali.
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La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
...Ricordiamoci appunto che i nostri antenati sono molti e di molte stirpi...