«Lo si»
Moderatore: Cruscanti
Se non sbaglio una discussione simile c'è stata in merito all'uso similmente pleonastico proprio d'una forma pronominale. Lei, Marco, se non erro, sosteneva che la forma "a me mi piace" ha tutte le carte in regola per essere usata in conversazioni quotidiane o familiari, essendo la ripetizione una forma insostituibile utile all'enfasi della frase. Questa sua osservazione mi trovò molto d'accordo, benché nei fatti io non usi questa forma abbozzerei il mio spirito democratico se non la riconoscessi come colore della lingua.
Ebbene, dove sta quindi la differenza tra la ripetizione in a me mi e in il caffè lo si? Mieto forse assieme erbe troppo diverse.
sine polemica ulla notatio
Ebbene, dove sta quindi la differenza tra la ripetizione in a me mi e in il caffè lo si? Mieto forse assieme erbe troppo diverse.
sine polemica ulla notatio
Riassumo qui quanto detto nel mio precedente intervento — per chiarezza.
1. «*il caffè lo si beve caldo»: nonostante l'indulgenza del Sabatini, sarebbe agrammaticale (così come sarebbe agrammaticale l'uso topologico di «lo» in un qualsiasi altro contesto rètto da un verbo impersonale — se il «si» impersonalizza, la costruzione dislocata con «lo» è incongrua, quindi scorretta [ma l'Uso, sia chiaro, spesso non tiene conto della coerenza, che a volte è più negli strumenti di analisi che non nell'oggetto analizzato]).
2. «mi si loda»: nonostante le sentenze del Fornaciari, sarebbe corretto (il «si» impersonale non collide con il «mi» oggetto; men che meno con il «mi» dativale).
1. «*il caffè lo si beve caldo»: nonostante l'indulgenza del Sabatini, sarebbe agrammaticale (così come sarebbe agrammaticale l'uso topologico di «lo» in un qualsiasi altro contesto rètto da un verbo impersonale — se il «si» impersonalizza, la costruzione dislocata con «lo» è incongrua, quindi scorretta [ma l'Uso, sia chiaro, spesso non tiene conto della coerenza, che a volte è più negli strumenti di analisi che non nell'oggetto analizzato]).
2. «mi si loda»: nonostante le sentenze del Fornaciari, sarebbe corretto (il «si» impersonale non collide con il «mi» oggetto; men che meno con il «mi» dativale).
Ho letto le disquisizioni degli intervenuti finora a questa discussione.
Ho pensato anzitutto al perché di tanta avversione (puramente soggettiva) verso le particelle "lo si" quando usate insieme. E anch'io mi sono domandata del perché ritenere legittimo "a me mi" e non "lo si".
Anzitutto, non sempre "lo si" viene usato pleonasticamente. Ci sono casi in cui specificare il complemento oggetto è buona cosa.
"Il concetto di detrazione è completamente diverso dal concetto di deduzione a livello fiscale. Lo si spieghi bene ai cittadini, perché potrebbero nascere inutili controversie."
Ora, qui se togliamo "lo", la frase diventa ambigua, non si capisce bene. Tanto più che con una frase così esortativa, "Si spieghi bene" può assumere davvero un altro significato.
Inoltre, chiariamo anche il punto del lo e del mi secondo gli esempi di Ladim.
Si beve caldo (cosa) il caffè = Lo si beve caldo
Si loda (chi) me = Mi si loda
Non fa una piega. La costruzione è la medesima.
Ho pensato anzitutto al perché di tanta avversione (puramente soggettiva) verso le particelle "lo si" quando usate insieme. E anch'io mi sono domandata del perché ritenere legittimo "a me mi" e non "lo si".
Anzitutto, non sempre "lo si" viene usato pleonasticamente. Ci sono casi in cui specificare il complemento oggetto è buona cosa.
"Il concetto di detrazione è completamente diverso dal concetto di deduzione a livello fiscale. Lo si spieghi bene ai cittadini, perché potrebbero nascere inutili controversie."
Ora, qui se togliamo "lo", la frase diventa ambigua, non si capisce bene. Tanto più che con una frase così esortativa, "Si spieghi bene" può assumere davvero un altro significato.
Inoltre, chiariamo anche il punto del lo e del mi secondo gli esempi di Ladim.
Si beve caldo (cosa) il caffè = Lo si beve caldo
Si loda (chi) me = Mi si loda
Non fa una piega. La costruzione è la medesima.
A te ricorro; e prego ché mi porghi mano
A trarmi fuor del pelago, onde uscire,
S'io tentassi da me, sarebbe vano.
A trarmi fuor del pelago, onde uscire,
S'io tentassi da me, sarebbe vano.
È sempre facile ragionare in maniera logica, anche – ma non soltanto – quando si difendono usi a noi familiari. Ma nel parlar di lingua, mi sembra necessario far astrazione dalle proprie preferenze e analizzare le cose in maniera oggettiva, partendo naturalmente dalle attestazioni.
Ho posto in luce la differenza semantica che lo si ha, nella lingua antica, rispetto all’italiano d’oggi.
Lei non ne ha tenuto conto. Ne prendo atto. E le chiedo allora di fare il lavoro al mio posto.
Mi cerchi le attestazioni, quelle che fanno testo.
Ho posto in luce la differenza semantica che lo si ha, nella lingua antica, rispetto all’italiano d’oggi.
Lei non ne ha tenuto conto. Ne prendo atto. E le chiedo allora di fare il lavoro al mio posto.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
chiarimento
Mai tralasciare la logica.Marco1971 ha scritto:È sempre facile ragionare in maniera logica, anche – ma non soltanto – quando si difendono usi a noi familiari. Ma nel parlar di lingua, mi sembra necessario far astrazione dalle proprie preferenze e analizzare le cose in maniera oggettiva, partendo naturalmente dalle attestazioni.
Il problema di fondo è che nel Suo primo intervento è stato contrastato l'uso pleonastico di questa costruzione, mentre Lei rifiuta l'uso di "lo si" a prescindere da qualsiasi contesto o uso.
Quanto alle preferenze, non sono stata io a chiamarle in causa, bensì Lei

Lei ha sviluppato una preferenza stilistica/linguistica basata sulla differenza semantica nell'italiano antico?Marco1971 ha scritto:Ho posto in luce la differenza semantica che lo si ha, nella lingua antica, rispetto all’italiano d’oggi.
Lei non ne ha tenuto conto. Ne prendo atto.
A mio avviso, Lei sta sostenendo una tesi che non so quanto abbia ragion d'essere. Se io scrivessi in questo forum dicendo che "egli" non mi piace perché non attestato anticamente, e preferisco "esso" o "ei", sarei, suppongo, libera di farlo, ma quale senso avrebbe? Detto questo, non sto negando che "lo si" non facesse parte del passato nell'uso che ne facciamo ora.
Vorrei citare Francesco D'Ovidio sull'uso di "lo si" (notare la punteggiatura che a me, oggi, pare "creativa"):
Credo che la chiave stia in "adoperato a quella maniera".Chi scrive il caffè lo si versa e altre frasacce simili, commette un marchiano sproposito: il pronome "lo", adoperato a quella maniera è estraneo alla traduzione letteraria, è repugnante all'uso toscano d'ogni tempo, è un assurdo errore di grammatica. Per me gli ho fatta tutta la guerra che fin oggi m'è occorso di potergli fare: non l'ho mai adoperato io, ho sempre dissuaso gli altri dal servirsene. Ora Ella m'invita a fargli una formale dichiarazione di guerra ed eccomi pronto.
Codesto "lo" com'è nato? Per falsa analogia del femminile. È parso che, come si dice "l'acqua la si versa", "le son ciance", così s'avesse a dire "lo si vede" e perfino "li si vede". L'uso toscano credo che in simili casi dica "ei", anzi "e'"*. Il buon uso letterario schiva il pronome come soggetto pleonastico, o lo colloca in maniera che riesca sicuramente oggetto ("si deve versarlo"); e nei casi in cui il pronome soggetto potrebbe parer quasi indispensabile alla chiarezza dà un tutt'altro giro alla frase. Ma parecchi scrittori dell'Italia settentrionale, trascinati dal pronome femminile, confortati dall'avere nei loro dialetti un pronome maschile, non identico a "lo" ma equipollente, che fa la stessa funzione sintattica del toscano "e'", si sono avventurati a scrivere "lo si versa, lo si dice". E certi scrittori meridionali sono andati appresso.
* [In funzione di soggetto il pronome viene espresso col femminile "la" nel toscano popolare, più che nella lingua letteraria. Per il maschile come soggetto pleonastico abbiamo nell'antico toscano "el, ei, e'" e nella parlata toscana moderna "gli, e'"].
A te ricorro; e prego ché mi porghi mano
A trarmi fuor del pelago, onde uscire,
S'io tentassi da me, sarebbe vano.
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Solo una piccola chiosa su quest’unico punto:

E —si noti la sottile argomentazione del Nostro— questo, sí, è un «pleonasmo assoluto», ché la sua esplicitazione non porta a un semplice pleonasmo, come nel caso di a me mi (= «a me a me», ma in realtà: «quanto a me, a me»), ma a un costrutto fortemente agrammaticale: *«il caffè lo è bevuto caldo».
Sí, ma la prima frase non è quella considerata da Ladim, che è invece ??Il caffè lo si beve caldo..Silvia. ha scritto:Si beve caldo (cosa) il caffè = Lo si beve caldo
Si loda (chi) me = Mi si loda
Non fa una piega. La costruzione è la medesima.

E —si noti la sottile argomentazione del Nostro— questo, sí, è un «pleonasmo assoluto», ché la sua esplicitazione non porta a un semplice pleonasmo, come nel caso di a me mi (= «a me a me», ma in realtà: «quanto a me, a me»), ma a un costrutto fortemente agrammaticale: *«il caffè lo è bevuto caldo».
Proprio questo volevo sostenere. Che non è da evitare in senso assoluto, ma solo dove l'uso è pleonastico.Infarinato ha scritto:Sí, ma la prima frase non è quella considerata da Ladim, che è invece ??Il caffè lo si beve caldo.
P.S.:
l'uso antico di "mi si" citato prima con Dante è ancora vivo.
A te ricorro; e prego ché mi porghi mano
A trarmi fuor del pelago, onde uscire,
S'io tentassi da me, sarebbe vano.
A trarmi fuor del pelago, onde uscire,
S'io tentassi da me, sarebbe vano.
Il Tommaseo, nel suo dizionario, alla voce lo, scrive:
Altra ineleganza, e non presa da’ Fr., ma tutta di quella gente che vuol parere saputa e civile, è il Lo come reggente del verbo. Lo si dice, Signor no, non si dice. Basta Si dice. O come dipendente dal verbo Lo dicono. O nel reggente E’ si dice.
Mi conforta non essere solo nel ripudiare lo si, che gli scrittori piú sensibili sempre schifarono.
Altra ineleganza, e non presa da’ Fr., ma tutta di quella gente che vuol parere saputa e civile, è il Lo come reggente del verbo. Lo si dice, Signor no, non si dice. Basta Si dice. O come dipendente dal verbo Lo dicono. O nel reggente E’ si dice.
Mi conforta non essere solo nel ripudiare lo si, che gli scrittori piú sensibili sempre schifarono.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Spero vivamente di non dire una castroneria. Perché lo si dice non si dovrebbe dire? Non è forse simile a una frase come lo si mangia, dove il si è impersonale e il soggetto è inespresso?Marco1971 ha scritto:Il Tommaseo, nel suo dizionario, alla voce lo, scrive:
[…] Lo si dice, Signor no, non si dice. Basta Si dice.
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Ma allora Lei è recidivo, caro Ivan! 

Avrebbe dovuto dire "...e cinque!" 
Mi dispiace che io recidivi puntualmente con una certa costanza. Non me ne compiaccio affatto. Ma il mio cerebro sembra non voler comprendere.
Ho letto il suo intervento ma non sono riuscito a trovare le risposte che cercavo. Non ho ben capito il nesso col verbo procomplementare farcela. In lo si dice non trovo alcuna traccia che possa far pensare d'essere in presenza d'un verbo procomplementare. A me sembra una frase alla stregua di lo si mangia. Se quest'ultima è corretta, come mai non lo è lo si dice?

Mi dispiace che io recidivi puntualmente con una certa costanza. Non me ne compiaccio affatto. Ma il mio cerebro sembra non voler comprendere.
Ho letto il suo intervento ma non sono riuscito a trovare le risposte che cercavo. Non ho ben capito il nesso col verbo procomplementare farcela. In lo si dice non trovo alcuna traccia che possa far pensare d'essere in presenza d'un verbo procomplementare. A me sembra una frase alla stregua di lo si mangia. Se quest'ultima è corretta, come mai non lo è lo si dice?
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