«Ci se ne frega» e «ce ne si accorge»

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sarebbe un arcaismo:

“O graziosa giovane, che ne’ miei affanni tanto aiuto vi ingegnate di porgermi, se vi piace, siami manifesto chi voi siete, però che a me conoscere mi vi pare, ma la lunga fatica m’ha sì stordito, che il vero conoscimento non è con meco”. (Boccaccio, Filocolo)

...di che, considerando chi io sono e quanto nuovo sono, ché posso dire che nessuno ne sia più nuovo di me in su la terra, in questa gabbia intrai, e a voi mi rappresento, e mi vi dono per lo più nuovo uccello che tra’ cristiani si possa trovare... (Sacchetti, Trecentonovelle)

Se voi me n’avessi parlato a Parigi, io saprei che consigliarvi; ma ora non so io che mi vi dire. (Machiavelli, Mandragola)

Non ho controllato tutto, ma non ho visto esempi di mi vi con vi = a voi posteriori al Cinquecento.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Luca86
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Intervento di Luca86 »

Grazie ancora! :)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Priego! :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Mi sembra corretto dire "ci se ne", così come si dice "ci si"; allo stesso modo, mi sembrerebbe corretto dire "mi ce ne", così come si dice "mi ci" ecc.

Segnalo tuttavia questo appunto del Gabrielli (corsivi nell'originale, sottolineature mie):
Davanti a se ne sorge a volte qualche incertezza nell'uso di queste particelle; si deve dire, p. es., mi se ne o me se ne, gli se ne o glie se ne, ecc.? «È chiaro» afferma giustamente l'UGOLINI «che anche in questo caso il comportamento della vocale deve essere quello della serie precedente. Come, di contro a mi (mi fa, mi scrisse), si ha, ad esempio, me lo (me lo fa, me lo scrisse), così bisognerà dire e scrivere regolarmente me se ne, te se ne, ve se ne (con tutti e tre gli e alla finale: me se ne andò, te se ne è scritto, ve se ne trovano)». Altri esempi: «Glie se ne comprano tutti i giorni di libri», «Non ce se ne ricorda mai», «Me se ne rompe uno al giorno», e sim.
Lo stesso può dirsi per ce ne; diremo perciò me ce ne, te ce ne, ve ce ne, glie ce ne: «Me ce ne mette troppo», «Te ce ne vuole un altro», «Non ve ce ne fate mettere», «Glie ce ne misi due», e sim.
Si riscontra qualche eccezione a questa regola nell'uso popolare toscano, dove ricorrono le forme mi ce ne, gli se ne, ecc.: «Per ogni maglia ripresa gli se ne strappava due» (FUCINI). Ma son forme da non seguire.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Il Gabrielli, qui, rasenta la follia... :?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Zabob
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Intervento di Zabob »

E con lui l'Ugolini?

A orecchio, gliene si (data anche la tendenza a fondere glie+ne) mi pare meno sconsigliabile di ce ne si. Lei che dice?
Cercando su Google libri, ho trovato questa frase in una traduzione di un libro di Philip K. Dick (trad. di Gianni Pannofino):
Ma è impossibile trasformare un essere umano in androide se quest'essere umano infrange le leggi ogniqualvolta gliene si presenti l'occasione.
Gli(e) se ne, al mio orecchio, sarebbe suonato più cacofonico.

P.S. Esempio manzoniano: «Ed ora, a vedere l'effetto di quella paura in un animo come quello del lor padrone, chi più, chi manco, non ve ne fu uno che non gli se ne appiccasse, almeno per qualche tempo.»
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Forse l’Ugolini era condizionato dai dialetti...

Non ho l’energia per riflettere a quest’ora, ma, come diceva il buon Nencioni, queste sequele di clitici vanno evitate; c’è sempre un modo elegante per aggirare queste forzature.

Buona Pasqua a tutti! :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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SinoItaliano
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Intervento di SinoItaliano »

È corretto dire: "non ce la si fa"?

Buona Pasqua a tutti. :)
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

SinoItaliano ha scritto:È corretto dire: "non ce la si fa"?
'Un ci si fa. :)
Buona Pasqua anche da parte mia. :D
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SinoItaliano
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Intervento di SinoItaliano »

Gniaa faccio. :D (< gnie la faccio < 'n je la faccio < nun je la faccio)

Ovviamente mi riferivo alla forma impersonale di farcela, nel senso di "riuscirci".
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

SinoItaliano ha scritto:È corretto dire: "non ce la si fa"?
Direi proprio di sì.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Animo Grato ha scritto:
SinoItaliano ha scritto:È corretto dire: "non ce la si fa"?
Direi proprio di sì.
Allora le costruzioni toscane non c'entrano poi tanto con l'italiano, che va per conto suo.
Ultima modifica di Scilens in data dom, 08 dic 2013 17:35, modificato 1 volta in totale.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Animo Grato ha scritto:
SinoItaliano ha scritto:È corretto dire: "non ce la si fa"?
Direi proprio di sì.
In bell’italiano [tradizionale/toscano], no: solo non ci si fa.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Buono a sapersi! Anche se non sono sicuro di aver capito bene: io davo per buona l'espressione "farcela, nel senso di riuscirci", come suggerita da SinoItaliano. È questa ad essere intrinsecamente scorretta (o almeno poco commendevole), o è indebita la coniugazione "non ce la si fa" da un di per sé corretto farcela?
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
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Intervento di Infarinato »

No, il «procomplementare» farcela è [ormai] ammissibile —direi— in quasi tutt’i registri.

È non ce la si fa che tradisce l’uso di quel tipo di costruzione [di origine settentrionale] che, sola, si può realmente definire «si impersonale» (ché la è clitico accusativo [ancorché desemantizzato], e quindi il si non può essere «passivo»), e che è estranea all’uso toscano e [quindi] alla nostra tradizione letteraria.

Sull’annosa questione rimando tutti all’ottimo articolo di Giampaolo Salvi citato qui.
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