Caro Infarinato, l'argomento m'interessa anche poco e non ho la pretesa di rifondare la grammatica italiana, glie lo dico perché i miei pensieri li conosco meglio da me e la saggezza popolare mi da ragione (val più un matto a casa sua che un savio in casa agli altri), però se questa regola dev'esser rigida allora mi sa tanto di regola fantasma.Infarinato ha scritto:Se ripete la ricerca in un corpus piú oculatamente selezionato come quello della già citata Biblioteca Italiana Zanichelli, vedrà invece che la percentuale di forme flesse potuta/-e/-i (voluta etc.) essere, che implicano l’ausiliare essere (escluse ovviamente quelle in cui l’ausiliare è preceduto da un clitico [Lei le ha escluse dalla sua ricerca? ;)]), è del tutto trascurabile, e del tutto marginali sono anche le occorrenze di potuto/voluto/dovuto essere al maschile in cui l’ausiliare sia essere invece di avere.Scilens ha scritto:Per esempio se cerco nei libri del '900 "sarebbero potuti essere" trovo soprattutto una serie di opere storiche e letterarie. Se la ripeto la stessa ricerca con "avrebbero potuto essere" trovo una prevalenza di diritto, aeronautica, scienze marittime, anche qualche opera letteraria.
E si tratta perlopiú di esempi tutti otto-novecenteschi, ergo non vale invocare l’arcaismo sintattico… ;)
Ecco: Lei concluda pure (…anche se concludere in italiano moderno richiede normalmente l’indicativo :P); io preferisco attenermi alla nostra tradizione letteraria e alle raccomandazioni della totalità dei nostri grammatici.Scilens ha scritto:Concludo che nessuna delle due forme sia da ritenersi errata.
Il primo esempio boccacciano, che infatti risulta anche dalle mie ricerche nella BIZ, è l’unico vero controesempio ch’io sia riuscito a trovare, ma, a parte il fatto che appunto si tratta d’italiano trecentesco, che, seppur autorevolissimo, può differire parecchio dall’uso moderno (soprattutto in àmbito sintattico), ci offre in realtà un indizio interessante su tutta la questione e una conferma indiretta della bontà della regola. Qui, infatti, essere è usato non come copula o ausiliare d’un passivo, ma come un normalissimo verbo intransitivo col significato di «verificarsi», «accadere», e questo, sí, se proprio si vuole, può essere l’«anello mancante», la [sotto]sottoregola che rettifica la [sotto]regola. :mrgreen:Scilens ha scritto:Infatti nel Decamerone si dice:
"Portatelo in pace, che quello che stanotte non è potuto essere sarà un’altra volta"
Ma anche:
"Se io non avessi voluto essere al mondo, io mi sarei fatta monaca."
Tutte e due le frasi mi tornano benissimo.
Che l'Italiano (d'oggi) non sia il Toscano illustre s'era già abbondantemente capito, basta accendere la tv o aprire un libro di questo secolo. Non parliamo poi d'Internet, dove si legge comunemente "che ci céntra".
Però almeno Lei non mi confonda l'imperativo col congiuntivo, che suona sempre sia.
Naturalmente ho escluso le forme che contenessero "mi-ti-ci-si-vi", perché cercavo le eccezioni alla regola, le quali sono state così tante e così diffuse nei secoli da non poter essere definite per nulla eccezioni.
Quanto all'italiano trecentesco, quando corrisponde al parlato odierno non vedo perché considerarlo arretrato. S'è mantenuto. Non ci vedo un peccato di mancata "modernizzazione" se dopo settecent'anni si parla ancora in un modo simile.