

Moderatore: Cruscanti
Secondo il Battaglia è voce settentrionale (documentata a Venezia nel 1278 nella forma latina bufetus ‘armadietto’).Guardai nella cantera del buffetto vicino alla lettiera, e ci vidi, fra molti libricciuoli devoti, una specie di sacchettino ricamato.
Nel ben noto libro Influssi inglesi nella lingua italiana, che risale al 1972, Ivan Klajn scrive quanto riporto sotto. I corsivi dopo i nomi di autori si riferiscono alla bibliografia; ad esempio Migliorini Prestito corrisponde all'articolo dello stesso nome nell'Enciclopedia Italiana, vol. XXVIII, che certo offrirebbe un'interessante lettura ma non saprei come procurarmelo. Qualcuno lo sa?Bue ha scritto:Fuori Tema: Sono appena andato a sentire l'intervento di Luca Serianni a un simposio sul Carducci. Durante il coffibrecco volevo avvicinarlo per chiedergli il permesso di registrare il suo intervento su uno spassino per poi scaricarlo sul computiere e avere la possibilita` di inviarlocon una elle agli amici di chiastiera - giusto per vedere la faccia che avrebbe fatto.![]()
Ma non ho avuto il coraggio...
Nel mio articolo Uslovi ho enumerato i fattori che determinano la portata dell'assimilazione in una qualsiasi lingua e sono giunto alla conclusione che, in una maniera molto generalizzata, tali fattori possono essere ricondotti a due denominatori comuni: la complessità strutturale della lingua ricevente, che favorisce l'adattamento, e lo sviluppo della cultura e delle relazioni culturali, che vi si oppone. Ne consegue che la capacità di assimilazione deve diminuire col passare del tempo, in quanto la struttura delle lingue europee (fattore positivo) tende, com'è stato egregiamente dimostarto da Jesperson, a semplificarsi, mentre il livello dell'istruzione generale (fattore negativo) negli ultimi secoli è andato continuamente elevandosi. Infatti, la debolezza dell'adattamento odierno al confronto di quello delle epoche passate è stata posta in rilievo da parecchi autori (vedi ad es. per il tedesco Schuchardt Brevier 327, per l'inglese Smith 21, per il francese Etiemble 343). Un osservatore superficiale potrebbe credere che i prestiti antichi siano adattati semplicemente perché si trovano da tanto tempo nella lingua ricevente, e che anche i prestiti recenti, passato il dovuto numero di decenni, subiranno la stessa sorte. Ma lo studio concreto dei forestierismi in qualsiasi lingua dimostra subito l'infondatezza di tale ipotesi: la maggioranza dei prestiti antichi veniva adattata appena entrata nella lingua ricevente, mentre quelli moderni non mostrano nemmeno una tendenza a modificarsi. La trasmissione scritta, la migliore conoscenza di lingue straniere, l'aumentata tolleranza da parte del sistema ricevente e altri fattori descritti nell'articolo citato fanno sì che l'adattamento venga inteso come deformazione e quindi evitato. Cercano di difenderlo i puristi, come per l'italiano fa il Fochi, invocando addirittura Machiavelli (Lingua 358), ma solo per ammettere che i tempi di Machiavelli sono passati per sempre: "per la lingua d'oggi, l'assimilazione è cosa morta: appena resiste nei vocaboli formati da un pezzo, ed è assente del tutto da quelli in formazione" (Lingua 180; v. anche le pagine 181-183, e per altre osservazioni circa l'indebolimento dell'assimilazione in italiano Heinimann Wort 164, Migliorini Prestito e Bascetta Sport). Per questo gli esempi di assimilazione completa si troveranno principalmente fra gli anglicismi antichi, ricevuti nell'Ottocento e prima; i tentativi odierni di adattamento restano in genere individuali, si limitano alla sola fonetica, e anche allora hano il carattere non tanto di italianizzazione voluta quando di inevitabili imperfezioni di pronuncia.
Se vuole, glielo posso fotocopiare.Freelancer ha scritto:I corsivi dopo i nomi di autori si riferiscono alla bibliografia; ad esempio Migliorini Prestito corrisponde all'articolo dello stesso nome nell'Enciclopedia Italiana, vol. XXVIII, che certo offrirebbe un'interessante lettura ma non saprei come procurarmelo. Qualcuno lo sa?
La struttura delle lingue tende a semplificarsi, su questo si può concordare; ma in che modo l’adozione di scrizioni forestiere possa costituire una semplificazione e non invece una complicazione (prova ne siano i continui errori d’ortografia nella stampa) è a dir poco oscuro...Ne consegue che la capacità di assimilazione deve diminuire col passare del tempo, in quanto la struttura delle lingue europee (fattore positivo) tende, com'è stato egregiamente dimostarto da Jesperson, a semplificarsi, mentre il livello dell'istruzione generale (fattore negativo) negli ultimi secoli è andato continuamente elevandosi.
La migliore conoscenza delle lingue straniere? Ma non mi faccia ridere, signor Klajn!La trasmissione scritta, la migliore conoscenza di lingue straniere, l'aumentata tolleranza da parte del sistema ricevente e altri fattori descritti nell'articolo citato fanno sì che l'adattamento venga inteso come deformazione e quindi evitato.
Si limitano alla fonetica? A che altro dovrebbero estendersi? Imperfezioni di pronuncia? Ma il Klajn su che pianeta vive (o è vissuto)?i tentativi odierni di adattamento restano in genere individuali, si limitano alla sola fonetica, e anche allora hano il carattere non tanto di italianizzazione voluta quando di inevitabili imperfezioni di pronuncia.
Il che è pienamente condivisibile, ma vede: il fattore determinante è quello culturale (in un senso diverso da quello cui fa riferimento il Klajn)… Sennò non ci spiegheremmo come mai oggigiorno i parlanti di lingua spagnola continuino in modo del tutto naturale a adattare, e questo non perché il livello culturale medio degl’ispanofoni o la loro conoscenza delle lingue straniere siano inferiori ai nostri (al giorno d’oggi, direi, tutt’altro!), ma perché sono [inconsciamente?] fieri della loro cultura (paese, etc.), e, quando parlano spagnolo, parlano… spagnolo.Freelancer ha scritto:Nel ben noto libro Influssi inglesi nella lingua italiana, che risale al 1972, Ivan Klajn scrive quanto riporto sotto.
Gliene sarò grato.Marco1971 ha scritto:Se vuole, glielo posso fotocopiare.Freelancer ha scritto:I corsivi dopo i nomi di autori si riferiscono alla bibliografia; ad esempio Migliorini Prestito corrisponde all'articolo dello stesso nome nell'Enciclopedia Italiana, vol. XXVIII, che certo offrirebbe un'interessante lettura ma non saprei come procurarmelo. Qualcuno lo sa?
Lei ha fatto uno studio diacronico del numero di anglicismi adattati dagli spagnoli nei secoli precedenti, confrontandolo su base percentuale con il numero di quelli che vengono adattati oggi, per stabilire un'eventuale linea di tendenza? Perché parlare in modo generale sulla base di osservazioni estemporanee, è facile; più difficile è fare uno studio basato su spogli approfonditi, come fa chi si occupa di linguistica in modo professionale e non da amatore. Senza offesa, d'accordo?Infarinato ha scritto:Il che è pienamente condivisibile, ma vede: il fattore determinante è quello culturale (in un senso diverso da quello cui fa riferimento il Klajn)… Sennò non ci spiegheremmo come mai oggigiorno i parlanti di lingua spagnola continuino in modo del tutto naturale a adattare, e questo non perché il livello culturale medio degl’ispanofoni o la loro conoscenza delle lingue straniere siano inferiori ai nostri (al giorno d’oggi, direi, tutt’altro!), ma perché sono [inconsciamente?] fieri della loro cultura (paese, etc.), e, quando parlano spagnolo, parlano… spagnolo.Freelancer ha scritto:Nel ben noto libro Influssi inglesi nella lingua italiana, che risale al 1972, Ivan Klajn scrive quanto riporto sotto.
Per questo lei è un linguaio, che mette tanta passione nelle sue argomentazioni, e non un linguista. E forse è meglio così; di linguisti ce ne sono già tanti ma di persone come lei poche, anzi pochissime. Ma si ricordi sempre che anche Luciano Satta, che si definiva linguaio e non linguista, basava le sue osservazioni su vasti spogli e manteneva sempre una piacevole moderazione dei toni nelle sue critiche.Marco1971 ha scritto:Io antepongo il buon senso a qualsivoglia tono scientifico.
Andiamo, per avvalorare ciò che dice Infarinato un tale studio non è necessario. Non serve un metro per capire che una giraffa è più alta di un topo!Freelancer ha scritto:Lei ha fatto uno studio diacronico del numero di anglicismi adattati dagli spagnoli nei secoli precedenti, confrontandolo su base percentuale con il numero di quelli che vengono adattati oggi, per stabilire un'eventuale linea di tendenza? Perché parlare in modo generale sulla base di osservazioni estemporanee, è facile; più difficile è fare uno studio basato su spogli approfonditi, come fa chi si occupa di linguistica in modo professionale e non da amatore. Senza offesa, d'accordo?Infarinato ha scritto:Il che è pienamente condivisibile, ma vede: il fattore determinante è quello culturale (in un senso diverso da quello cui fa riferimento il Klajn)… Sennò non ci spiegheremmo come mai oggigiorno i parlanti di lingua spagnola continuino in modo del tutto naturale a adattare, e questo non perché il livello culturale medio degl’ispanofoni o la loro conoscenza delle lingue straniere siano inferiori ai nostri (al giorno d’oggi, direi, tutt’altro!), ma perché sono [inconsciamente?] fieri della loro cultura (paese, etc.), e, quando parlano spagnolo, parlano… spagnolo.Freelancer ha scritto:Nel ben noto libro Influssi inglesi nella lingua italiana, che risale al 1972, Ivan Klajn scrive quanto riporto sotto.
Non capisco, Marco mantiene sempre una piacevole moderazione!Freelancer ha scritto:Per questo lei è un linguaio, che mette tanta passione nelle sue argomentazioni, e non un linguista. E forse è meglio così; di linguisti ce ne sono già tanti ma di persone come lei poche, anzi pochissime. Ma si ricordi sempre che anche Luciano Satta, che si definiva linguaio e non linguista, basava le sue osservazioni su vasti spogli e manteneva sempre una piacevole moderazione dei toni nelle sue critiche.Marco1971 ha scritto:Io antepongo il buon senso a qualsivoglia tono scientifico.
Così parlano gli amatori di qualunque disciplina: gli studi non servono, è così evidente! Il fatto è che gli studi sono difficili e prendono tempo, le osservazioni generalizzate sono facili e immediate. Non si tratta di stabilire se la giraffa è più alta del topo, ma di quanto lo sia in misura percentuale. E allora serve il metro o le misure esatte dell'alltezza della giraffa e del topo.fabbe ha scritto:Andiamo, per avvalorare ciò che dice Infarinato un tale studio non è necessario.
Ma no! Non ho certo detto che gli studi non servono.Freelancer ha scritto:Così parlano gli amatori di qualunque disciplina: gli studi non servono, è così evidente!
Quindi il "non necessario" è rivolto al tipo di analisi proposta.fabbe ha scritto:per avvalorare ciò che dice Infarinato un tale studio non è necessario.
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