Nicola Spada, chi era costui?
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Nicola Spada, chi era costui?
Ho letto il suo La lingua italiana, Tipografia delle Mantellate, Roma, 1964, e m'è parso un linguista pugnace. Qualcuno ne sa qualcosa?
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Io comincerei di qui.Andrea D'Emilio ha scritto:Mi spiega che cos'è il purismo gratuito? E il neopurismo glottotecnico? Quale purismo è puro davvero? Grazie.
Il purismo tradizionale rifiuta qualsiasi innovazione (neoformazioni, adattamenti di parole straniere, slittamenti semantici non rispondenti all’etimo, ecc.). Esso «rifiuta e condanna con intransigenza i neologismi e ogni tipo di apporto da altre lingue o dialetti, e propone di rifarsi al modello autorevole e indiscusso di autori classici di età considerate auree, per difendere e salvaguardare la purezza lessicale, grammaticale e sintattica della lingua nazionale.» (Treccani)
Il neopurismo, invece, al quale mi associo, tende a «un’equilibrata difesa dei valori tradizionali, storici e sistematici della nostra lingua pur accettando, se necessarie o opportune, tutte le innovazioni, lessicali e grammaticali, che s’inseriscano nel nostro sistema o almeno non vi contrastino apertamente.» (Stessa fonte)
Il neopurismo, invece, al quale mi associo, tende a «un’equilibrata difesa dei valori tradizionali, storici e sistematici della nostra lingua pur accettando, se necessarie o opportune, tutte le innovazioni, lessicali e grammaticali, che s’inseriscano nel nostro sistema o almeno non vi contrastino apertamente.» (Stessa fonte)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Spada condanna chi scrive ''un mese, un anno fa'': si dovrebbe dire ''un mese addietro, or è un anno''. Fa indicherebbe il tempo trascorso da poco, nel giorno in cui si parla: ''un'ora fa''.
Ma perché?
''Perdere'' è senza speranza di ritrovare, diversamente da ''smarrire'' (Spada cita Rodinò, Repertorio per la lingua italiana di voci non buone o male adoperate, Tipografia del Fibreno, Napoli, 1866).
''Ognuno'' per i molti, ''ciascuno'' per i pochi.
''Parere'' di cosa più vicina al vero (lat. appareo: ''Tanto gentile e tanto onesta pare''), ''sembrare'' per una somiglianza più vaga.
''Divenire'', per effetto lento e regolare, ''diventare'' per cambiamento più visibile (Spada cita Tommaseo).
Ma perché?
''Perdere'' è senza speranza di ritrovare, diversamente da ''smarrire'' (Spada cita Rodinò, Repertorio per la lingua italiana di voci non buone o male adoperate, Tipografia del Fibreno, Napoli, 1866).
''Ognuno'' per i molti, ''ciascuno'' per i pochi.
''Parere'' di cosa più vicina al vero (lat. appareo: ''Tanto gentile e tanto onesta pare''), ''sembrare'' per una somiglianza più vaga.
''Divenire'', per effetto lento e regolare, ''diventare'' per cambiamento più visibile (Spada cita Tommaseo).
Molto sollazzevole, questo Spada... Forse era fuor di senno quando scrisse ciò, oppure troppo digiuno di letteratura: il costrutto con fa è antichissimo e si trova persino nel dugentista senese Cecco Angiolieri (Rime, 67):Andrea D'Emilio ha scritto:Spada condanna chi scrive ''un mese, un anno fa'': si dovrebbe dire ''un mese addietro, or è un anno''. Fa indicherebbe il tempo trascorso da poco, nel giorno in cui si parla: ''un'ora fa''.
Ma perché?
Ma s’io prendessi di rinnamorarmi,
in questo modo mi v’accordarei:
ch’Amor dovesse ’n prim’assicurarmi
di quella che m’ha mort’anni fa sei,
che non dovesse su’ pregio tornarmi;
se non, lo ’nfern’ a gran boce cherrei.
Tutte queste distinzioni – tranne forse quella tra perdere e smarrire – sono vani arzigogoli, affatto estranei alla realtà linguistica.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Certo, ha ragione. Ma egli era d’uopo sottolineare che trattasi di distinzioni non applicabili all’italiano d’oggi (ma valevano davvero nell’Ottocento?). Lei avrà senz’altro visto che non discutiamo solo di italiano corrente, anzi, sovente proprio di sottigliezze e di forme e usi letterari. 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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