Due verbi servili: quale ausiliare?

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Fausto Raso
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Due verbi servili: quale ausiliare?

Intervento di Fausto Raso »

Dalla rubrica di lingua del quotidiano la Repubblica in rete:

1. Nicolas scrive:
Salve,quando nell’apparato verbale di una frase avente il verbo principale con ausiliare “essere” appaiono due verbi servili si utilizza l’ausiliare “essere” o “avere”?
es: Io sono voluto poter partire oppure io ho voluto poter partire. (io opterei per la prima forma dato che partire ha l’ausiliare “essere”).
Grazie

2. linguista scrive:
La norma tradizionale prevede che l’ausiliare del verbo servile sia lo stesso di quello del verbo retto: “sono partito”, quindi “sono voluto partire”.
Alessandro Aresti
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Stupisce la non-risposta del linguista. Il lettore chiedeva quale ausiliare adoperare in una frase in cui ci sono due verbi servili. In casi del genere si adopera l’ausiliare del verbo servile piú vicino al verbo che… serve. Useremo, quindi, l’ausiliare ‘avere’ perché il servile potere ha questo ausiliare sebbene partire prenda l’ausiliare essere. Quindi: ho voluto poter partire.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Per esemplificare quanto scritto da Fausto, ecco tre esempi (ogni infinito richiede ‘essere’ nei tempi composti, ma vige ‘avere’ nel caso di doppio verbo servile).

Per verità l’arbitrio di colui che nascose le monete non avrebbe dovuto poter servire... (Onori funebri renduti alla memoria di Salvatore e Gio. Vinc. Fusco [ed. by M.L. d’Avella], 1850)

Tra queste terre, componenti il marchesato di Ceva in tempo del marchese Nano, più non vediamo annoverate quelle, che per una nuova divisione, della quale fa cenno il Brichieri (1), hanno dovuto poter entrare nella parte del marchese Anselmo. (Memorie della Reale accademia delle scienze di Torino, Volume 37, 1834)

Altre volte disse, che arebbe voluto poter morire mille volte per potere tante volte tornando a vivere, dare tante vite per la salute dell’anime. (Opere, Maria Maddalena [de’ Pazzi], Lorenzo M. Brancaccio, 1712)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Sul doppio servile non ho trovato nulla nella grammatica di Serianni, c'è forse qualche riferimento nella GGIC?
Avatara utente
Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Non ce n’è bisogno, caro PersOnLine, ché il costrutto rientra nella regola. ;)
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