Poro per ‹povero›, in funzione soltanto attributiva, è presente, a quanto mi risulta, anche nel vernacolo toscano, oltre che in molti dialetti italiani (compreso il mio). Non è però messo a lemma in nessuno dei dizionari a mia disposizione. Mi chiedo perciò se questa forma abbia mai avuto qualche fortuna letteraria (una mia cursoria ricerca nella BibIt non ha dato risultati).
Però è vero, stando ai miei ricordi, che è (o era) piú comune poerannoi. Può confermare?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Marco1971 ha scritto:Però è vero, stando ai miei ricordi, che è (o era) piú comune poerannoi. Può confermare?
Secondo me è una questione cronologica. In tempi recenti credo che prevalesse poerannoi, anche perché più vicino alla forma italiana letteraria poveri a noi, ma in passato, perlomeno nella zona occidentale della provincia di Firenze dove abito, sembra che fosse più comune porannoi.
Non conosco il vernacolo toscano, però le posso confermare che in quello romano poro per <povero> aggettivo è la consuetudine. E aggiungo anche ché forse le interessa, <povero> sostantivo è sostituito abitualmente da poretto (poveretto) o da poraccio (poveraccio).