«Mi sa che» + indicativo o congiuntivo?
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«Mi sa che» + indicativo o congiuntivo?
L’articolo è di Francesca Cialdini.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Ferdinand Bardamu
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Gentile Scilens, guardi quanti "mi sa che" con l'indicativo troverà qui.Scilens ha scritto:A parer mio il congiuntivo rimane obbligatorio.

«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Secondo i dizionari che ho consultato, sono corretti tanto il congiuntivo quanto l'indicativo. Però mi sa che io uso (;)) di più l'indicativo, soprattutto nel linguaggio familiare/informale.Scilens ha scritto:"dopo la proposizione mi sa che è preferibile l’uso dell’indicativo, data la sua maggiore frequenza, ma senza dubbio è possibile anche il congiuntivo"
Stupefacente.
Mi sa che è.
Orrore. Stridore.
Inaccettabile.
A parer mio il congiuntivo rimane obbligatorio.
Grande levata di scudi, ma è bene, mi date l'occasione di esprimermi meglio e, nel caso, di essere corretto.
Nell'articolo della Crusca si parla di sapere, ma mi sembra che sia da rimarcare che "mi sa" vuol dire "per me ha sapore", quindi una forma che esprime intensamente la soggettività, evidenziata anche da quel 'mi' iniziale. C'è qualcosa di più soggettivo del gusto? De gustibus...
Non dunque una certezza, o quasi certezza, come sarebbe se fosse "mi so" cioè 'io so'. In quest'ultimo caso di 'mi sa che è' (= io so che è) l'uso dell'indicativo sarebbe appropriato, anche se la forma resta brutta. Nel caso invece di "sapore", "mi sa che sia", diventa obbligatorio il congiuntivo. Non semplicemente tollerabile.
Lo stesso vale per credo. "Credo che sia", cioè credo + cong. dove credo equivale a penso, immagino, ritengo ecc. Riservando l'indicativo alla forma "credo che è", che resta brutta lo stesso e per me anche sbagliata, quando quel 'credo' vuol dire "ho fede" "certezza incrollabile".
In sostanza sembra che il "mi sa" non abbia più un suo senso proprio e definito, ma che questo dipenda dal senso parallelo nella mente di chi lo usa, dove una specie di riserva mentale si scioglie nel modo del verbo. È una di quelle forme adatte più al parlato che allo scritto che vengono usate per risparmiarsi la ricerca di qualcosa di più preciso e calzante.
Se si pensa a "ho l'impressione che" si dovrebbe usare il congiuntivo.
Se si pensa a "mi sono accorto che" si è portati ad usare l'indicativo.
In pratica si condisce il "mi sa" con il modo richiesto dal verbo immaginato.
Quando si usa l'indicativo vuol dire che il significato ipotetico è ridotto e resta affidato solo alla soggettività del "mi sa". Ma allora il "mi sa" non va più bene: "mi sa che non vengono" quando ormai è tardi ed il fatto che non vengano è sicuro può esser sostituito da "vedrai che non vengono", che almeno è una forma corretta.
La mia posizione è con lo Zingarelli, indipendentemente dalla miriade di esempi a mio avviso errati e da questa indicazione aberrante della Crusca: "dopo la proposizione mi sa che è preferibile l’uso dell’indicativo, data la sua maggiore frequenza, ma senza dubbio è possibile anche il congiuntivo".
Perché se "data la sua maggiore frequenza" fosse una giustificazione valida, allora sarebbe del tutto accettabile l'uso dell'inglese, delle forme più errate, di ogni malcostume, di ogni immoralità purché sufficientemente diffusa.
no?
Nell'articolo della Crusca si parla di sapere, ma mi sembra che sia da rimarcare che "mi sa" vuol dire "per me ha sapore", quindi una forma che esprime intensamente la soggettività, evidenziata anche da quel 'mi' iniziale. C'è qualcosa di più soggettivo del gusto? De gustibus...
Non dunque una certezza, o quasi certezza, come sarebbe se fosse "mi so" cioè 'io so'. In quest'ultimo caso di 'mi sa che è' (= io so che è) l'uso dell'indicativo sarebbe appropriato, anche se la forma resta brutta. Nel caso invece di "sapore", "mi sa che sia", diventa obbligatorio il congiuntivo. Non semplicemente tollerabile.
Lo stesso vale per credo. "Credo che sia", cioè credo + cong. dove credo equivale a penso, immagino, ritengo ecc. Riservando l'indicativo alla forma "credo che è", che resta brutta lo stesso e per me anche sbagliata, quando quel 'credo' vuol dire "ho fede" "certezza incrollabile".
In sostanza sembra che il "mi sa" non abbia più un suo senso proprio e definito, ma che questo dipenda dal senso parallelo nella mente di chi lo usa, dove una specie di riserva mentale si scioglie nel modo del verbo. È una di quelle forme adatte più al parlato che allo scritto che vengono usate per risparmiarsi la ricerca di qualcosa di più preciso e calzante.
Se si pensa a "ho l'impressione che" si dovrebbe usare il congiuntivo.
Se si pensa a "mi sono accorto che" si è portati ad usare l'indicativo.
In pratica si condisce il "mi sa" con il modo richiesto dal verbo immaginato.
Quando si usa l'indicativo vuol dire che il significato ipotetico è ridotto e resta affidato solo alla soggettività del "mi sa". Ma allora il "mi sa" non va più bene: "mi sa che non vengono" quando ormai è tardi ed il fatto che non vengano è sicuro può esser sostituito da "vedrai che non vengono", che almeno è una forma corretta.
La mia posizione è con lo Zingarelli, indipendentemente dalla miriade di esempi a mio avviso errati e da questa indicazione aberrante della Crusca: "dopo la proposizione mi sa che è preferibile l’uso dell’indicativo, data la sua maggiore frequenza, ma senza dubbio è possibile anche il congiuntivo".
Perché se "data la sua maggiore frequenza" fosse una giustificazione valida, allora sarebbe del tutto accettabile l'uso dell'inglese, delle forme più errate, di ogni malcostume, di ogni immoralità purché sufficientemente diffusa.
no?
Due cose le posso dire : 1) il binomio corretto/scorretto non è assoluto, varia nel tempo e, sincronicamente, nel registro ; 2) la lingua non si può valutare sul metro di concetti astratti, artificiali e approssimativi come «indicativo = oggettività» e «congiuntivo = soggettività» (ho molti esempi, che citerò una prossima volta se necessario). Sarebbe dunque avventato decretare la (s)correttezza di un enunciato senza tener conto di tali parametri. Nel caso in oggetto, forma colloquiale tipica del parlato spontaneo, il congiuntivo è naturalmente corretto in quanto alternativa tendente all’alto per analogia con credo che, ho l’impressione che, ecc. E altrettanto corretto è l’indicativo in un contesto come questo (si pensi anche alla differenza stilistica tra Se lo sapevo, non venivo ~ Se l’avessi saputo, non sarei venuto e a molti altri casi simili), in cui il congiuntivo perde funzionalità comunicativa perché basta mi sa che a segnalare l’espressione d’un parere personale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Valida la seconda.Marco1971 ha scritto:Se lo sapevo, non venivo ~ Se l’avessi saputo, non sarei venuto
La prima è solo sopportabile nel parlato.
(va a finire che son più talebano di Voi

Daccordo sul fatto che si capisca lo stesso, daccordo anche sulla mia avventatezza, perché mi trovo costretto a rispondere in poco tempo, perché non mi capita spesso di dover scrivere per altri e infine perché questi problemi di solito non me li pongo.
Il normale "Penso che sia", stravolto in "Penso che è" non porta vantaggi, aumenta l'ambiguità e inserisce un'incoerenza. Sembra un'inglesizzazione. Eppoi mi sembra che ci sia proprio una regola che dice che i verbi di opinione come temere, credere, supporre, sperare ecc. reggono il congiuntivo.
Dipenderà forse dal frequentare soprattutto persone anziane, ma il fatto è che per me è molto fastidioso (ma molto!) dover sentire un "credo che è" o un "mi sa che è"; mi stride, mi attrae l'attenzione, mi fa un effetto innaturale, come di una composizione di due diverse frasi slegate e lasciate entrambe a metà.
Proprio come per Lei credo sia fastidiosa la serie di errori che faccio insieme al mio uso a sproposito dei termini tecnici ai quali siete abituati.
Una lingua assorbita per induzione, per immersione, nascendoci dentro, è completa, piena e perfetta, affinata nei secoli; è come un'opera d'arte, non puoi togliere né aggiungere nulla.
Le lingue hanno una loro coerenza interna che non va disturbata, trasportano una visione del mondo intera e non possono essere diffuse e trapiantate senza conseguenze, senza che mutino e che quest'ordito preciso non si smagli.
Questa per me è una delle tante smagliature dovute alla diffusione.
.
Capisco perfettamente il senso di fastidio di cui parla: abbiamo tutti delle preferenze, ma non dobbiamo credere che tutto quel che non ci piace sia sbagliato.
Tornando brevemente – ché mi sa che hai/tu abbia ragione sono entrambi corretti – al congiuntivo, possiamo vedere, negli esempi che seguono (per una volta, mi servo di enunciati inventati), che esso non esprime soggettività, e che talvolta è condizionato dalla posizione nella frase:
(1) Il fatto che tu l’abbia detto non significa che sia vero.
(2) Che Luca abbia superato l’esame, lo sanno tutti. (Ma: Tutti sanno che Luca ha superato l’esame.)
Viceversa, l’indicativo può esprimere dubbio, incertezza o ipotesi (in particolare con l’imperfetto e il futuro):
(3) Saranno state le due o le tre del mattino.
(4) Per poco non ci cascavo anch’io! (= Poco mancò che non ci cascassi anch’io!)
Si vede dunque che, sebbene in gran parte valide, le equazioni indicativo = certezza, oggettività e congiuntivo = incertezza, soggettività non bastano da sé sole a regolare tutto il complesso edificio della lingua e delle sue sfumature, edificio di cui solo l’uso – quello delle persone cólte –, caso per caso, può dar conto reale.
Tornando brevemente – ché mi sa che hai/tu abbia ragione sono entrambi corretti – al congiuntivo, possiamo vedere, negli esempi che seguono (per una volta, mi servo di enunciati inventati), che esso non esprime soggettività, e che talvolta è condizionato dalla posizione nella frase:
(1) Il fatto che tu l’abbia detto non significa che sia vero.
(2) Che Luca abbia superato l’esame, lo sanno tutti. (Ma: Tutti sanno che Luca ha superato l’esame.)
Viceversa, l’indicativo può esprimere dubbio, incertezza o ipotesi (in particolare con l’imperfetto e il futuro):
(3) Saranno state le due o le tre del mattino.
(4) Per poco non ci cascavo anch’io! (= Poco mancò che non ci cascassi anch’io!)
Si vede dunque che, sebbene in gran parte valide, le equazioni indicativo = certezza, oggettività e congiuntivo = incertezza, soggettività non bastano da sé sole a regolare tutto il complesso edificio della lingua e delle sue sfumature, edificio di cui solo l’uso – quello delle persone cólte –, caso per caso, può dar conto reale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Gentile Marco, per me non è una semplice questione di gusti, le stesse condanne le sento spesso in giro.
Si potrebbero aggiungere altri esempi, come "forse è andato via" ecc, ma non era questo che obiettavo, il punto non è se il congiuntivo possa o no essere usato per fatti che non siano solo pensieri ed ipotesi, certo che lo è.
Il punto è l'articolo della Crusca e l'inquadramento sintattico della locuzione "mi sa che" proposto dallo stesso: non c'è. Oltre a ciò ci sono imprecisioni come quella secondo cui il verbo sapere (aver sapore) non sarebbe coniugabile
"- non si può coniugare, ma si usa solo al presente indicativo."
mentre si può dire benissimo "di che m'è saputo?" oppure "sapeva si sale". Dunque sarà parzialmente coniugabile.
Ma il difetto peggiore è il lassismo insito nella frase che sancisce l'avallo di una forma sintattica solo perché diffusa. Essendo diffusa è accettabile. Essendo maggioritaria è giusta e consigliabile.
Allora di una Crusca che elegge la semplice osservazione a metodo didattico, mi chiedo, che ce ne facciamo?
Si potrebbero aggiungere altri esempi, come "forse è andato via" ecc, ma non era questo che obiettavo, il punto non è se il congiuntivo possa o no essere usato per fatti che non siano solo pensieri ed ipotesi, certo che lo è.
Il punto è l'articolo della Crusca e l'inquadramento sintattico della locuzione "mi sa che" proposto dallo stesso: non c'è. Oltre a ciò ci sono imprecisioni come quella secondo cui il verbo sapere (aver sapore) non sarebbe coniugabile
"- non si può coniugare, ma si usa solo al presente indicativo."
mentre si può dire benissimo "di che m'è saputo?" oppure "sapeva si sale". Dunque sarà parzialmente coniugabile.
Ma il difetto peggiore è il lassismo insito nella frase che sancisce l'avallo di una forma sintattica solo perché diffusa. Essendo diffusa è accettabile. Essendo maggioritaria è giusta e consigliabile.
Allora di una Crusca che elegge la semplice osservazione a metodo didattico, mi chiedo, che ce ne facciamo?
Su questo son con lei, e l’ho ribadito fino alla nausea: i linguisti ormai sono semplici fotografi e non esprimono giudizi sui fatti linguistici. E, come giustamente qualcuno ha osservato qui di recente, la Crusca farebbe meglio a mutare Il piú bel fior ne coglie in Fa’ come ti pare.Scilens ha scritto:Ma il difetto peggiore è il lassismo insito nella frase che sancisce l'avallo di una forma sintattica solo perché diffusa. Essendo diffusa è accettabile. Essendo maggioritaria è giusta e consigliabile.
Allora di una Crusca che elegge la semplice osservazione a metodo didattico, mi chiedo, che ce ne facciamo?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Molto centrato, ma non si sminuisca, la frase è Sua: "potrebbe mutare il motto Il piú bel fior ne coglie in Regolatevi come vi pare"Marco1971 ha scritto: la Crusca farebbe meglio a mutare Il piú bel fior ne coglie in Fa’ come ti pare.
Son daccordo, mi associo. La richiesta di consulenza in questo foro e in altri dimostra la ricerca di norme certe, della regola, della forma migliore. Cercherò di dare una mano, pur coi miei limiti, ma se dovessi dirle grosse, per carità correggetemi.
Proprio perché lo chiede, mi permetto d'indicarle questo filone: «Daccordo».Scilens ha scritto:[...] per carità correggetemi.

Solo per un rilassante intervallo, propongo questa citazione antica (e salace). 
Ma lasciamo stare quel che facciano intorno a la potta. Peggio mi sa che i ribaldi si sono dati al bugerare; e in tal modo ne son diventati ghiotti, ch'essi hanno tolte e occupate tutte le nostre ragioni. (Vignali, La Cazzaría, 1527)

Ma lasciamo stare quel che facciano intorno a la potta. Peggio mi sa che i ribaldi si sono dati al bugerare; e in tal modo ne son diventati ghiotti, ch'essi hanno tolte e occupate tutte le nostre ragioni. (Vignali, La Cazzaría, 1527)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Chi c’è in linea
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