Prefissi iterativi davanti a verbi che iniziano con «i»
Moderatore: Cruscanti
Prefissi iterativi davanti a verbi che iniziano con «i»
Come regolarsi con queste particelle? Reinserire, rinserire, riinserire, ri-inserire...?
«L’azione di riimmettere in circolazione, di riutilizzare materie, prodotti, valori» (vocabolario Treccani in linea, voce "Riciclaggio"); lo stesso dizionario mette a lemma "reintrodurre" e, alla voce "r-", vi si legge: «Prefisso verbale, con valore iterativo o intensivo: rallegrare, riniziare, rassettare».
"Riniziare" mi pare proprio brutto e mi fa pensare a qualche cosa che si fa col naso; inoltre, se dicessi «il film sta per riniziare», chi mi ascolta potrebbe non essere sicuro di quante r ha udito.
Ad ogni buon conto, io uso sempre "re-" quando indica ripetizione, "r-" negli altri casi (rinsavire, rinselvatichire, rintronare, rinserrare...).
«L’azione di riimmettere in circolazione, di riutilizzare materie, prodotti, valori» (vocabolario Treccani in linea, voce "Riciclaggio"); lo stesso dizionario mette a lemma "reintrodurre" e, alla voce "r-", vi si legge: «Prefisso verbale, con valore iterativo o intensivo: rallegrare, riniziare, rassettare».
"Riniziare" mi pare proprio brutto e mi fa pensare a qualche cosa che si fa col naso; inoltre, se dicessi «il film sta per riniziare», chi mi ascolta potrebbe non essere sicuro di quante r ha udito.
Ad ogni buon conto, io uso sempre "re-" quando indica ripetizione, "r-" negli altri casi (rinsavire, rinselvatichire, rintronare, rinserrare...).
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Volevo aprire un nuovo filone, ma prima faccio una veloce ricerca e scopro che il tema era già stato affrontato (anche se vedo l'appello di Zabob giace solitario da tempo).
Ultimamente, su quotidiani e riviste varie, mi è capitato di leggere termini quali rinventare, rinserire, rincontrare; la domanda che volevo porre è questa:
si tratta di errori o no?
Nei tre casi riportati avrei (ed ho) sempre usato il prefisso re-, lasciando aperta la sola alternativa di ri-, valutando però il caso specifico (e non per questi tre termini).
Poi però vedo che l'intervento di Zabob riporta riniziare dal vocabolario Treccani che rimescola un poco le carte, e apprezzerei un chiarimento per fugare i miei dubbi.
Grazie
Ultimamente, su quotidiani e riviste varie, mi è capitato di leggere termini quali rinventare, rinserire, rincontrare; la domanda che volevo porre è questa:
si tratta di errori o no?
Nei tre casi riportati avrei (ed ho) sempre usato il prefisso re-, lasciando aperta la sola alternativa di ri-, valutando però il caso specifico (e non per questi tre termini).
Poi però vedo che l'intervento di Zabob riporta riniziare dal vocabolario Treccani che rimescola un poco le carte, e apprezzerei un chiarimento per fugare i miei dubbi.
Grazie
- Ferdinand Bardamu
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Come diceva Infarinato qui riguardo a rindirizzamento, la semplificazione del dittongo è preferibile. Mi pare che questa preferibilità abbia due ragioni: la prima è una maggiore aderenza al parlato, la seconda l’eliminazione di un dittongo che, nelle parole non composte e — piú in genere — nella fonotassi genuina dell’italiano, non compare mai fuori d’accento e in posizione diversa da quella finale. (Ciò detto, allungo le mani e mi preparo a una bacchettata sulle nocche.)Lizard ha scritto:Ultimamente, su quotidiani e riviste varie, mi è capitato di leggere termini quali rinventare, rinserire, rincontrare; la domanda che volevo porre è questa:
si tratta di errori o no?
D'altra parte, se tendiamo ad assimilare le due i in "antistaminico" o "seminterrato", potremmo farlo anche per "rimmettere".
Tuttavia mi pare che il prefisso re- possa dare maggior chiarezza, come scrissi prima, ad es. dopo la preposizione per («Vado a Milano per reincontrarlo»).
Tuttavia mi pare che il prefisso re- possa dare maggior chiarezza, come scrissi prima, ad es. dopo la preposizione per («Vado a Milano per reincontrarlo»).
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- Ferdinand Bardamu
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Per quanto mi riguarda, non saprei. Una pronuncia che sottolineasse intenzionalmente la composizione della parola dovrebbe avere una ragione pratica, ad es. evitare la confusione con parole quasi omofone. Ora come ora, non mi vengono in mente casi in cui questo avvenga per i verbi con prefisso re-.Zabob ha scritto:Tuttavia mi pare che il prefisso re- possa dare maggior chiarezza, come scrissi prima, ad es. dopo la preposizione per («Vado a Milano per reincontrarlo»).
Se dico «Vado a Milano per rincontrarlo», anche scandendo bene le due r, l'ascoltatore può pensare che abbia inteso dire «Vado a Milano per incontrarlo». Di qui, a mio avviso, l'utilità del prefisso re- in questo caso.
Similmente, dico "la asimmetria" con tanto di colpo di glottide sulla seconda a se non voglio che si capisca "la simmetria".
Similmente, dico "la asimmetria" con tanto di colpo di glottide sulla seconda a se non voglio che si capisca "la simmetria".
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Nella lingua scritta sì. Ma nel parlato mi pare una cosa innaturale.Zabob ha scritto:Se dico «Vado a Milano per rincontrarlo», anche scandendo bene le due r, l'ascoltatore può pensare che abbia inteso dire «Vado a Milano per incontrarlo». Di qui, a mio avviso, l'utilità del prefisso re- in questo caso.
Il solo fatto che si introduca [ʔ] indica quanto sia artificiosa questa pronuncia, che va certo contro la legge del «minimo sforzo».Zabob ha scritto:Similmente, dico "la asimmetria" con tanto di colpo di glottide sulla seconda a se non voglio che si capisca "la simmetria".
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Concordo, ovviamente, per quel che concerne la questione stilistica e sul rispetto della fonotassi piú genuina della lingua italiana, perlomeno per i verbi di formazione italiana (…e concordo con quanto detto da Carnby qui sopra).Ferdinand Bardamu ha scritto:[L]a semplificazione del dittongo è preferibile. Mi pare che questa preferibilità abbia due ragioni: la prima è una maggiore aderenza al parlato, la seconda l’eliminazione di un dittongo che, nelle parole non composte e — piú in genere — nella fonotassi genuina dell’italiano, non compare mai fuori d’accento e in posizione diversa da quella finale.
Quanto all’uso attuale [maggioritario], mi sembra ben fatta la trattazione del GRADIT, che riporto per intero.
Tre cose che il GRADIT non dice: quando la i iniziale della base verbale è accentata, il prefisso è sempre re- (reitero); la variante rin- è spesso meno comune [oggi] della variante rein-, anche se —aggiungiamo noi— sarebbe preferibile per le anzidette ragioni fonetiche; in alcuni casi (controllare sempre il DOP!) la variante con re- è semplicemente «burocratica» (e.g., r[e]incontrare).Il [i]GRADIT [/i](sottolineature mie) ha scritto:re– /re/ pref. [dal lat. re–] indica ripetizione, movimento in senso contrario, ritorno a uno stato precedente o anche intensificazione, in verbi e sostantivi o aggettivi spec. deverbali di origine latina: recidere, recisione, recitare, recitazione, reclutare, reperire, resistere, restaurare, restituire, e premesso produttivamente a verbi che cominciano con i: reidratare, reinserire, reintegrare, reinventare; in tutti gli altri contesti fonetici si usa di norma la forma ri–, esito regolare in protonia; le due forme sono in concorrenza in alcune coppie di parole: recezione / ricezione, recuperare / ricuperare, in questi casi la forma con re– è in genere di registro piú elevato; in altri casi si ha differenziazione semantica: respingere / rispingere; l’influsso di cultismi latini e di parole impiegate nelle terminologie tecnico–specialistiche di lingue moderne favorisce l’uso della forma re– anche davanti ad alcune parole che non cominciano con i: recalcificare, retrarre; la forma correntemente usata del prefisso è ri–, presente anche in numerosi verbi e sostantivi deverbali di origine latina, tra cui: ridurre, riduzione, rimanere, rinunciare, riparazione, risoluzione, risolvere, rispondere, risultare; è usato produttivamente davanti a verbi in un gran numero di formazioni, in cui esprime i valori di ripetizione: ricadere, ricongiungere, riproporre, riscrivere, ritentare, ritorno a uno stato precedente: ricomporre, ricostruire, risanare, movimento in senso contrario: rispedire, rivendere, reciprocità: riabbracciare, ribaciare, intensificazione: ribollire, ripulire; il valore iterativo del prefisso può coesistere con altri valori: riabbracciare “abbracciare di nuovo”, “abbracciarsi reciprocamente”; richiedere “chiedere di nuovo”, “chiedere insistentemente”; un’interpretazione iterativa è possibile anche con verbi che hanno significato lessicalizzato: riassumere, riconoscere, rimandare, riscuotere; ha valore iterativo e intensivo anche in un ristretto numero di formazioni parasintetiche verbali latine e italiane: ricapitolare, ripristinare; si può premettere anche a sostantivi e aggettivi deverbali di cui può non essere attestato il verbo prefissato di origine: riaccorpamento, rilottizzato, riterritorializzazione; di norma non subisce alterazioni fonetiche, ma si può avere elisione davanti a parole prefissate con 1in–: rinsecchire, rinviare; di alcuni verbi esiste sia la forma con elisione sia quella senza: ravvicinare / riavvicinare, raddolcire / riaddolcire, in questi casi la forma con elisione ha di solito valore intensivo, quella con ri– iterativo; le forme con elisione hanno favorito la formazione dei prefissi ra– e rin–.
Ma è proprio nel parlato che bisogna non generare ambiguità! Per lo scritto, basta l'ortografia (-r i-/-r ri-).Carnby ha scritto:Nella lingua scritta sì. Ma nel parlato mi pare una cosa innaturale.Zabob ha scritto:Se dico «Vado a Milano per rincontrarlo», anche scandendo bene le due r, l'ascoltatore può pensare che abbia inteso dire «Vado a Milano per incontrarlo». Di qui, a mio avviso, l'utilità del prefisso re- in questo caso.
Scusi, lei come fa a pronunciare l'asimmetria garantendosi che non si capisca la simmetria?
Un altro esempio in cui colgo una differenziazione semantica è reinviare/rinviare – dove, all'opposto di respingere/rispingere, è la forma con re- quella iterativa: uso reinviare per dire "inviare nuovamente", rinviare nel senso di "rimandare".Il [i]GRADIT [/i] ha scritto:le due forme [re- e ri-] sono in concorrenza in alcune coppie di parole: recezione / ricezione, recuperare / ricuperare, in questi casi la forma con re– è in genere di registro piú elevato; in altri casi si ha differenziazione semantica: respingere / rispingere (...); di norma non subisce alterazioni fonetiche, ma si può avere elisione davanti a parole prefissate con 1in–: rinsecchire, rinviare
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
- Ferdinand Bardamu
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A me pare che in molti casi ambiguità venga sciolta dal contesto. Pronunce come la[ʔ]asimmetria sono evidentemente delle eccezioni: si renderebbero necessarie soltanto qualora le informazioni contenute nel resto del discorso non fossero sufficienti a evitare equivoci.
Per il Treccani rinviare ha anche l’accezione iterativa di ‹inviare di nuovo›.Zabob ha scritto:Un altro esempio in cui colgo una differenziazione semantica è reinviare/rinviare – dove, all'opposto di respingere/rispingere, è la forma con re- quella iterativa: uso reinviare per dire "inviare nuovamente", rinviare nel senso di "rimandare".
Per reinviare avrei inteso che, una volta che ho inviato qualcosa a qualcuno, avrei dovuto inviare un'altra volta io stesso la medesima cosa, mentre gli esempi del Treccani hanno un significato diverso
mi ha rinviato con un vaglia la somma che gli avevo prestato; rinviò il fattorino senza consegnargli nessuna risposta; r. il pacco al mittente
Qui è un altro che invia/restituisce/rimanda qualcosa, non lo stesso che l'aveva inviato inizialmente
mi ha rinviato con un vaglia la somma che gli avevo prestato; rinviò il fattorino senza consegnargli nessuna risposta; r. il pacco al mittente
Qui è un altro che invia/restituisce/rimanda qualcosa, non lo stesso che l'aveva inviato inizialmente
- Infarinato
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E’ c’è il punto e virgola!Lizard ha scritto:Per reinviare avrei inteso che, una volta che ho inviato qualcosa a qualcuno, avrei dovuto inviare un'altra volta io stesso la medesima cosa, mentre gli esempi del Treccani hanno un significato diverso…

Gli esempi si riferiscono alla seconda [piú comune] sottoaccezione.Il Vocabolario Treccani, [i]s.v. [/i]«[url=http://www.treccani.it/vocabolario/rinviare/]rinvïare[/url]», ha scritto:Inviare di nuovo; inviare in restituzione, indietro…

Nel parlato intervengono fattori come il contesto, l'intonazione, la gestualità per cui non è necessario inventarsi artifici che ci allontanino dal «ragionà facile» (versione vernacola toscana dell'esotico «parlare come uno mangia»).Zabob ha scritto:Ma è proprio nel parlato che bisogna non generare ambiguità!
Spontaneamente dico /lazimme'tria/ vs. /lasimme'tria/. Però né Canepari né il DOP considerano valida questa pronuncia.Zabob ha scritto:Scusi, lei come fa a pronunciare l'asimmetria garantendosi che non si capisca la simmetria?
Chi c’è in linea
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