- È errato a me mi piace.
Nonostante la sua popolarità, non c’è nulla che giustifichi una proscrizione indiscriminata e inflessibile. Tanto piú che la ragione che danno maestri e professori per evitare a ogni costo l’a me mi è a dir poco semplicistica. Si dice infatti che la sequenza è un pleonasmo, sicché o l’uno o l’altro tra il clitico mi e il sintagma preposizionale a me è di troppo, perché l’uno «ha lo stesso significato» dell’altro.
Premesso che la critica si rivolge a un modulo in cui il clitico mi ha la funzione di dativo (il caso di mi con funzione d’accusativo è invece un ipercorrettismo, pertanto un errore [1]), si può a buon diritto affermare che questo costrutto ha una piena cittadinanza nella lingua, a patto d’esser consapevoli che si tratta di lingua parlata e informale.
Il tipo a me mi piace risponde a esigenze di messa in rilievo particolarmente sentite nella comunicazione orale. Ma non siamo di fronte a una ripetizione, perché «il primo pronome, tonico, ha più forza del secondo, atono, quindi ha un valore diverso» [2]. Il sintagma preposizionale a me è dunque il tema dell’enunciato, ossia rappresenta il dato noto, che viene cosí separato dal dato nuovo, il rema, portatore della vera informazione della frase.
Quell’a me equivale allora a una locuzione come per quanto riguarda me, quanto a me e sim., con l’avvertimento che quest’equivalenza vale solo sotto l’aspetto pragmatico, ché è chiara la differenza di registro — neutro il primo, colloquiale il secondo — fra «quanto a me, mi piace viaggiare» e «a me mi piace viaggiare».
Perciò nella lingua parlata di tutt’i giorni si può adoperare a me mi piace senza tema d’errore; invece, nello scritto che non miri ad arieggiare l’immediatezza del parlato e anche nella conversazione che sia appena controllata «lo si evita se i due pronomi sono in immediata successione» [3].
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- «A me non convince proprio», filone nella sezione «Retorica e stilistica» di Cruscate
- A me mi: è una forma corretta?, scheda sul sito dell'Accademia della Crusca
- Serianni, Grammatica Italiana, Garzanti, Milano, 2000, VII, § 42