Divisione in sillabe
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Divisione in sillabe
Divisione in sillabe delle parole risvegliavano e ispirandogli.
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Divisione in sillabe
Come si dividono in sillabe le parole ispirargli e risvegliavano?
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Esatto, anche se per il secondo caso potrebbe «valere» il principio etimologico.valerio_vanni ha scritto:Nota: la sillabazione ortografica non riflette la realtà fonetica.
E non si capisce per quale motivo. La sillabazione d'una parola, in fin dei conti, ha che fare con il suono. Quando si compita, si dà un ritmo alle parole. Per certi versi, lo stesso concetto di sillabazione ortografica è paradossale.valerio_vanni ha scritto:Nota: la sillabazione ortografica non riflette la realtà fonetica.
Ultima modifica di Ivan92 in data mer, 11 feb 2015 19:25, modificato 1 volta in totale.
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C'è da dire che non è del tutto avulsa dalla fonetica, in buona parte le due visioni coincidono. Solo che, in qualche punto, la convenzione ortografica se ne va per i fatti suoi.
Ci sono punti, comunque, in cui non è facile trovare una soluzione soddisfacente sui due fronti.
Uno sono i digrammi: fo-glio non rispetta la realtà fonetica, ma d'altra parte fog-lio suggerisce suoni non presenti nella parola.
Un altro è la zeta intervocalica, che autogemina: "carrozziere" e "graziella" hanno un segmento sonoro identico, ma una volta sillabate sembra che siano differenti. Nella prima è semplice: una zeta di qua e una zeta di là. Nella seconda, la sillaba iniziale si trova privata della coda.
Ci sono punti, comunque, in cui non è facile trovare una soluzione soddisfacente sui due fronti.
Uno sono i digrammi: fo-glio non rispetta la realtà fonetica, ma d'altra parte fog-lio suggerisce suoni non presenti nella parola.
Un altro è la zeta intervocalica, che autogemina: "carrozziere" e "graziella" hanno un segmento sonoro identico, ma una volta sillabate sembra che siano differenti. Nella prima è semplice: una zeta di qua e una zeta di là. Nella seconda, la sillaba iniziale si trova privata della coda.
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Per codesto caso in particolare i nostri antenati avevano un’ottima soluzione.valerio_vanni ha scritto:Uno sono i digrammi: fo-glio non rispetta la realtà fonetica, ma d'altra parte fog-lio suggerisce suoni non presenti nella parola.

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Questa soluzione era utile per indicare la geminazione (particolarmente utile se c'è opposizione con una versione non geminata) e per non lasciare la sillaba senza coda.
Continua, però, a suggerire una coda diversa dall'attacco della sillaba che segue (fol-glio): questo problema è insito nel concetto di "digramma" e sarebbe risolvibile solo reiterando il digramma stesso (foglglio, o forse a quel punto foglglo).
Continua, però, a suggerire una coda diversa dall'attacco della sillaba che segue (fol-glio): questo problema è insito nel concetto di "digramma" e sarebbe risolvibile solo reiterando il digramma stesso (foglglio, o forse a quel punto foglglo).
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D’accordo, ma l’ortografia d’una lingua storico-naturale è assai di rado perfettamente fonematica (ci si avvicinano le lingue slave che hanno recentemente adottato l’alfabeto latino, il sanscrito e in generale le lingue antiche [a scrittura alfabetica], in quanto piú vicine alle realtà fonetiche che per la prima volta si prefiggevano di rappresentare [nel modo piú economico e univoco possibile]).
E comunque, dal punto di vista meramente pratico dell’andare a capo, scrizioni quali alglio, asscia, rangno sono infinitamente meglio delle attuali, non solo per la rappresentazione di geminazione e coda sillabica, ma anche per meglio predisporre gli organi fonatòri alla pronuncia dell’effettivo fono [geminato]. E direi che sono meglio anche dei teorici *aglglio, *ascscia, *ragngno, i primi due dei quali suggeriscono una pronuncia velare del g e del c della prima sillaba in fin di rigo—certo, si potrebbe eliminare l’i stabilendo un’equivalenza gl = /ʎ/ e sc = /ʃ/ tout court, ma si creerebbe allora il problema di come rappresentare le sequenze /ɡl sk/ in parole quali gladio e scalo etc.
Per un assaggio della complessità di tutta la questione, si veda questo mio vecchio intervento (e in particolare la nota n. 3).
E comunque, dal punto di vista meramente pratico dell’andare a capo, scrizioni quali alglio, asscia, rangno sono infinitamente meglio delle attuali, non solo per la rappresentazione di geminazione e coda sillabica, ma anche per meglio predisporre gli organi fonatòri alla pronuncia dell’effettivo fono [geminato]. E direi che sono meglio anche dei teorici *aglglio, *ascscia, *ragngno, i primi due dei quali suggeriscono una pronuncia velare del g e del c della prima sillaba in fin di rigo—certo, si potrebbe eliminare l’i stabilendo un’equivalenza gl = /ʎ/ e sc = /ʃ/ tout court, ma si creerebbe allora il problema di come rappresentare le sequenze /ɡl sk/ in parole quali gladio e scalo etc.
Per un assaggio della complessità di tutta la questione, si veda questo mio vecchio intervento (e in particolare la nota n. 3).
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Su questo sono d'accordo.Infarinato ha scritto: E comunque, dal punto di vista meramente pratico dell’andare a capo, scrizioni quali alglio, asscia, rangno sono infinitamente meglio delle attuali
Si potrebbe anche continuare a scrivere ascia, ragno e aglio e dividere a fine riga as-scia, ran-gno, al-glio.valerio_vanni ha scritto: Su questo sono d'accordo.
Oops, corretto!

Ed è proprio questa la sillabazione più spontanea, secondo me. Se non m'avessero insegnato a compitare rispettando fantomatici confini ortografici, avrei sicuramente scandito così le due parole*. Detto questo, non capisco come mai il Canepari proponga /z'veʎʎa/ e non /'zveʎʎa/. Trascritta così, sembra che la s non faccia parte della sillaba e se ne stia per conto suo.
*Una curiosità: ha scritto ris-vel-glia-va-no ma is-pi-rar-gli. Non sarebbe meglio is-pi-rarl-gli?
Ultima modifica di Ivan92 in data gio, 03 dic 2015 12:56, modificato 1 volta in totale.
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