«Sono in stazione», «vado in posta» ecc.
Moderatore: Cruscanti
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«Sono in stazione», «vado in posta» ecc.
Buongiorno! Leggo sempre più spesso frasi del genere "Sono in stazione" " Vado in posta" " Sono in ristorante"...
Tempo fa, ma quello era un articolo giornalistico e si sa, esigenze di sinteticità..., leggo "Uomo si dà fuoco in treno Shinkansen."
Forse sono io quello che sbaglia e vedo errori dove non ci sono.
Tempo fa, ma quello era un articolo giornalistico e si sa, esigenze di sinteticità..., leggo "Uomo si dà fuoco in treno Shinkansen."
Forse sono io quello che sbaglia e vedo errori dove non ci sono.
Io nella mia lingua ci credo.
Essere in treno non mi pare strano, come "stare in macchina".
M'ha colpito un biglietto che la consorte d'un conoscente ha lasciato sul tavolo, l'ho sbirciato di sfuggita.
"Sono in spiaggia" diceva.
Avrei giurato che si dicesse "sono SULLA spiaggia", a meno che non si fosse andati a fare una sabbiatura.
M'ha colpito un biglietto che la consorte d'un conoscente ha lasciato sul tavolo, l'ho sbirciato di sfuggita.
"Sono in spiaggia" diceva.
Avrei giurato che si dicesse "sono SULLA spiaggia", a meno che non si fosse andati a fare una sabbiatura.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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Sì, quella sui complementi indiretti mi sembra una diatriba destinata a protrarsi nel tempo.
Un uomo si dà fuoco nel treno Shinkansen era la frase che mi sarei aspettato, anche perché direi Un uomo si dà fuoco nello Shinkansen.
Lo sa? "Sono in spiaggia" non avrei difficoltà a proferirla. Magari sbagliando. Il perché di questo ragionamento, spiccio, lo faccio ricollegare al fatto che considero spiaggia una area definita, e io sarei in una posizione qualsiasi dentro i confini di questa area.
P.S Lo ammetto. Non è che l'abbia pensato e detto con convinzione.
Un uomo si dà fuoco nel treno Shinkansen era la frase che mi sarei aspettato, anche perché direi Un uomo si dà fuoco nello Shinkansen.
Lo sa? "Sono in spiaggia" non avrei difficoltà a proferirla. Magari sbagliando. Il perché di questo ragionamento, spiccio, lo faccio ricollegare al fatto che considero spiaggia una area definita, e io sarei in una posizione qualsiasi dentro i confini di questa area.
P.S Lo ammetto. Non è che l'abbia pensato e detto con convinzione.

Io nella mia lingua ci credo.
Ma veramente un uomo si è dato fuoco sullo Shinkansen? E perché - si sa il motivo?
Io direi sia vado in spiaggia che sono in spiaggia.
Vado in posta e sono in posta.
Sono in macchina ma sono sul treno.
In banca ma al supermercato, in ufficio ma al parco, sia andare che stare.
Nemmeno io capisco bene il perché di IN spiaggia, eppure è l'unico modo per dirlo, secondo me.
Io direi sia vado in spiaggia che sono in spiaggia.
Vado in posta e sono in posta.
Sono in macchina ma sono sul treno.
In banca ma al supermercato, in ufficio ma al parco, sia andare che stare.
Nemmeno io capisco bene il perché di IN spiaggia, eppure è l'unico modo per dirlo, secondo me.
We see things not as they are, but as we are. L. Rosten
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
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Visto che sono io che ho sollevato la questione, mi pare giusto aggiungere qualche giustificazione. Mal che vada tiro lo sciacquone.
Posta è un sostantivo che prende diversi significati.
In sostituzione di Ufficio postale, sono all'ufficio postale, uso invece Posta ma ci devo mettere l'articolo, La Posta. Sono alla Posta. Questo è quanto mi dissero mezzo secolo fa a scuola.
Stazione è sostantivo che prende diversi significati. Se dico sono in stazione mi pare di voler dire che sto stazionando. Non chiedetemi il perché, altrimenti faticherei a dare spiegazioni.
Spiaggia è un nome che mi dà dei grattacapi. Non so se catalogarlo come area ( sono in città; sono in periferia; sono in Italia), o se classificarlo come conformazione territoriale: campagna, montagna, pianura, ecc.
Probabilmente Scilens ha ragione perché su modello di Sono sulla spiaggia direi altrettanto della scogliera, (...) sulla scogliera, alla scogliera, ma non certo in scogliera.
Mah! Fate finta che non abbia detto niente! A volte faccio di queste sortite!

Posta è un sostantivo che prende diversi significati.
In sostituzione di Ufficio postale, sono all'ufficio postale, uso invece Posta ma ci devo mettere l'articolo, La Posta. Sono alla Posta. Questo è quanto mi dissero mezzo secolo fa a scuola.
Stazione è sostantivo che prende diversi significati. Se dico sono in stazione mi pare di voler dire che sto stazionando. Non chiedetemi il perché, altrimenti faticherei a dare spiegazioni.
Spiaggia è un nome che mi dà dei grattacapi. Non so se catalogarlo come area ( sono in città; sono in periferia; sono in Italia), o se classificarlo come conformazione territoriale: campagna, montagna, pianura, ecc.
Probabilmente Scilens ha ragione perché su modello di Sono sulla spiaggia direi altrettanto della scogliera, (...) sulla scogliera, alla scogliera, ma non certo in scogliera.
Mah! Fate finta che non abbia detto niente! A volte faccio di queste sortite!

Io nella mia lingua ci credo.
- Animo Grato
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- Iscritto in data: ven, 01 feb 2013 15:11
In attesa del responso dei Cruscanti Maggiori, dico la mia.
Mi pare che nel quesito posto da sempervirens confluiscano due problemi: la scelta della preposizione e l'uso (o la soppressione) dell'articolo. Per il primo punto, credo che in questi casi - diciamo così - "idiomatici o semi-idiomatici" tutto si riduca a quale preposizione è stata selezionata dall'uso tradizionale (e immagino che possano esserci delle differenze tra i vari italiani regionali). Io, ad esempio, direi che sono sul treno e alla spiaggia (non contemporaneamente, s'intende
). Queste sono le scelte che farei spontaneamente, le scelte "neutre" - per così dire - che proprio grazie alla loro genericità possono andar bene nella stragrande maggioranza dei casi. Poi, ovviamente, esistono altre possibilità per casi più specifici. Ad esempio, una frase come "la polizia iniziò le ricerche dal domicilio del presunto ladro, ma il ricercato non era..." potrebbe finire con "a casa" (scelta "per tutte le stagioni") o "in casa" (che dà maggiormente il senso dell'ispezione di un ambiente circoscritto); viceversa, posso solo dire che è bello tornare a casa, e non in casa. Certo, qui entra prepotentemente in gioco il fattore "espressioni cristallizzate", il che ci conduce al secondo punto: articolo sì, articolo no.
Per quello che ho potuto vedere in prima persona, le espressioni che riguardano situazioni che il parlante sente come consuete e familiari tendono a farsi astratte, perdendo l'articolo e non indicando più (soltanto) una fotografia oggettiva (alla stregua di un navigatore satellitare che ti colloca qui o là), ma descrivendo un "modo d'essere" del soggetto più che uno "stato in luogo". Il ripristino dell'articolo riporta l'espressione da un piano generico/astratto a uno più specifico/concreto: in un altro filone si parlava appunto della differenza tra tornare a casa e tornare nella casa della propria infanzia. Per ciò che riguarda la spiaggia, ad esempio, posso riportare quello che ho sentito nella mia concreta esperienza balneare (ligure): lì si dice abitualmente "vado alla spiaggia, sono stato alla spiaggia": lo dicono i turisti e i "nativi". Ma solo quest'ultimi dicono anche (nel registro meno sorvegliato) "andare, essere a spiaggia"; forse proprio perché la spiaggia e il mare sono parte integrante della loro esperienza quotidiana. Allo stesso modo, nel mondo avvocatesco (romano, in questo caso) ho sentito dire con la massima disinvoltura che "il dottore è a studio" (nel senso di "in ufficio"): evidentemente, per loro lo studio si è sublimato divenendo "categoria dello spirito", come "casa e chiesa" (andare a casa, andare in chiesa) e "casa e bottega" (ed è interessante notare che, con l'uscita delle tradizionali botteghe dalla nostra viva esperienza, anche un'espressione come "andare a bottega" suona più forzata e quasi artificiale).
Questa, più o meno, è la mia idea. Ma con questo caldo non mi sento di assumermene la responsabilità.
Mi pare che nel quesito posto da sempervirens confluiscano due problemi: la scelta della preposizione e l'uso (o la soppressione) dell'articolo. Per il primo punto, credo che in questi casi - diciamo così - "idiomatici o semi-idiomatici" tutto si riduca a quale preposizione è stata selezionata dall'uso tradizionale (e immagino che possano esserci delle differenze tra i vari italiani regionali). Io, ad esempio, direi che sono sul treno e alla spiaggia (non contemporaneamente, s'intende

Per quello che ho potuto vedere in prima persona, le espressioni che riguardano situazioni che il parlante sente come consuete e familiari tendono a farsi astratte, perdendo l'articolo e non indicando più (soltanto) una fotografia oggettiva (alla stregua di un navigatore satellitare che ti colloca qui o là), ma descrivendo un "modo d'essere" del soggetto più che uno "stato in luogo". Il ripristino dell'articolo riporta l'espressione da un piano generico/astratto a uno più specifico/concreto: in un altro filone si parlava appunto della differenza tra tornare a casa e tornare nella casa della propria infanzia. Per ciò che riguarda la spiaggia, ad esempio, posso riportare quello che ho sentito nella mia concreta esperienza balneare (ligure): lì si dice abitualmente "vado alla spiaggia, sono stato alla spiaggia": lo dicono i turisti e i "nativi". Ma solo quest'ultimi dicono anche (nel registro meno sorvegliato) "andare, essere a spiaggia"; forse proprio perché la spiaggia e il mare sono parte integrante della loro esperienza quotidiana. Allo stesso modo, nel mondo avvocatesco (romano, in questo caso) ho sentito dire con la massima disinvoltura che "il dottore è a studio" (nel senso di "in ufficio"): evidentemente, per loro lo studio si è sublimato divenendo "categoria dello spirito", come "casa e chiesa" (andare a casa, andare in chiesa) e "casa e bottega" (ed è interessante notare che, con l'uscita delle tradizionali botteghe dalla nostra viva esperienza, anche un'espressione come "andare a bottega" suona più forzata e quasi artificiale).
Questa, più o meno, è la mia idea. Ma con questo caldo non mi sento di assumermene la responsabilità.

«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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Sono sostanzialmente d’accordo.Animo Grato ha scritto:Mi pare che nel quesito posto da sempervirens confluiscano due problemi: la scelta della preposizione e l'uso (o la soppressione) dell'articolo. Per il primo punto, credo che in questi casi - diciamo così - "idiomatici o semi-idiomatici" tutto si riduca a quale preposizione è stata selezionata dall'uso tradizionale (e immagino che possano esserci delle differenze tra i vari italiani regionali).
Per quanto riguarda l’articolo, l’italiano tradizionale di base toscana è senz’altro la varietà che ne fa piú largo uso (e non solo nell’àmbito dell’italoromanzo): basti considerare il caso assai noto dei singenionimi, e dei possessivi in generale (si vedano in proposito le considerazioni svolte qui e qui).
L’espressioni oggetto di questo filone non sono neutre, e al mio orecchio suonano come dei chiari settentrionalismi.
In spiaggia, poi, pone piú d’una difficoltà:
- Sul piano fonetico: un in ispiaggia suona già piú familare;
- Sul piano idiomatco: in Toscana normalmente non si direbbe «sono/vado in ispiaggia», sibbene «sono/vado al mare», che, se detto in città, vale «mi reco in una località balneare», ma, se pronunciato quando si è già in una tale località, vale appunto «mi reco in ispiaggia». È per questo che, da una parte, un sulla spiaggia come stato in luogo o moto entro luogo circoscritto torna già di piú in quanto sostanzialmente significa «sull’arenile», e che, dall’altra, si può usare sul mare con lo stesso significato.

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- Iscritto in data: gio, 23 apr 2015 15:14
Mi fa piacere che la discussione abbia suscitato un certo interesse, e ringrazio i partecipanti per i contribuiti sicuramente istruttivi.
Colgo l'occasione al volo per chiedervi se il genere grammaticale (femminile, maschile, e maschile non marcato) abbiano una qualche remota influenza sulle scelte della preposizione articolata o semplice.
Un madrelingua può adoperare a seconda del nome ora una preposizione articolata (Tizio lavora nei campi), o semplice (Caio lavora in campagna). Sì, sono consapevole che è una questione spinosa quella degli articoli e delle preposizioni, ma mi chiedevo se appunto questo stato di cose, cioè - nei campi ma in campagna- influisse poi su altre scelte come per esempio quale preposizione anteporre al nome stazione, scelta che per alcuni ricade sulla preposizione semplice in: sono in stazione.
Senza voler fare scuola, per carità, non dimentichiamoci che dopotutto questi articoli, originatesi dai dimostrativi, apparsero in sostituzione dei casi grammaticali del latino. Quindi in origine avevano anche una precisa funzione sintattica.
Abbiate pazienza se il discorso non vi torna o se non vi sembra che fili per il verso giusto! I miei studi sono quelli scientifici e non umanistici.
Colgo l'occasione al volo per chiedervi se il genere grammaticale (femminile, maschile, e maschile non marcato) abbiano una qualche remota influenza sulle scelte della preposizione articolata o semplice.
Un madrelingua può adoperare a seconda del nome ora una preposizione articolata (Tizio lavora nei campi), o semplice (Caio lavora in campagna). Sì, sono consapevole che è una questione spinosa quella degli articoli e delle preposizioni, ma mi chiedevo se appunto questo stato di cose, cioè - nei campi ma in campagna- influisse poi su altre scelte come per esempio quale preposizione anteporre al nome stazione, scelta che per alcuni ricade sulla preposizione semplice in: sono in stazione.
Senza voler fare scuola, per carità, non dimentichiamoci che dopotutto questi articoli, originatesi dai dimostrativi, apparsero in sostituzione dei casi grammaticali del latino. Quindi in origine avevano anche una precisa funzione sintattica.
Abbiate pazienza se il discorso non vi torna o se non vi sembra che fili per il verso giusto! I miei studi sono quelli scientifici e non umanistici.
Io nella mia lingua ci credo.
Secondo me no, il genere della parola non c'entra. Ho la sensazione che sia la madrelingua a condizionare la scelta (più o meno consapevole) della preposizione semplice o articolata. Nel caso da lei portato io direi: Tizio lavora sui campi, mentre Caio lavora in campagna.sempervirens ha scritto:Colgo l'occasione al volo per chiedervi se il genere grammaticale (femminile, maschile, e maschile non marcato) abbiano una qualche remota influenza sulle scelte della preposizione articolata o semplice.
Un madrelingua può adoperare a seconda del nome ora una preposizione articolata (Tizio lavora nei campi), o semplice (Caio lavora in campagna).
Il fatto è che noi qui alto-adriatici abbiamo la tendenza a scambiare le preposizioni: dove un toscano userebbe in, semplice o articolato, noi tranquillamente potremmo usare su, o il contrario.
La preposizione a è poco usata o almeno, questa è la mia percezione.
Al ristorante lo dico anch'io, ma dico in pizzeria.

We see things not as they are, but as we are. L. Rosten
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
Be', penso che lo dicano un po' tutti quanti.Sixie ha scritto:[D]ico in pizzeria.

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Per la formazione dei complementi di luogo?Sixie ha scritto:La preposizione a è poco usata o almeno, questa è la mia percezione.
Allora Lei come direbbe Sono a tavola?
Io nella mia lingua ci credo.
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- Iscritto in data: sab, 06 set 2008 15:30
Beh, i commensali sono a tavola, le pietanze sono in tavola, e le posate sono sul tavolo.sempervirens ha scritto:Allora Lei come direbbe Sono a tavola?

Le pietanze sono sul tavolo, invece? È errore?PersOnLine ha scritto:[L]e pietanze sono in tavola
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