«Sono a lavorare»
Moderatore: Cruscanti
«Sono a lavorare»
Cari amici italiani, vi sarei molto grato se mi spiegaste una cosa che mi tormenta da tanto tempo. In tutti i manuali d'italiano anche in tutti i dizionari della lingua italiana che ho a casa mia la continuità di svolgimento di un'azione con l'infinito si esprime con il verbo "stare". Per esempio, "Tutta la mattina sto a lavorare". Però tempo fa ho letto in internet l'espressione "sono a lavorare" con la spiegazione che quest'ultima è equivalente a "sto a lavorare". Come mai?! Né il Sabatini Coletti, né la Grammatica di Luca Serianni non danno nessun esempio con "essere". Solo con "stare"! Forse l'espressione "sono a lavorare" è un regionalismo?
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Credo che sia la forma "stare a " che "essere a" siano corrette. Però riporto che il Treccani riporta come "più colloquiale" usare "stare a" invece di "stare + gerundio", un'altra cosa da dire è che sempre il Treccani dice in pratica che "stare a + infinito" esprime più particolarm. la continuità, il prolungarsi dell’azione. La forma stare a + infinito è la forma decisamente più diffusa, inoltre aggiungo che la forma "essere a + infinito" è a mio avviso corretta in quanto ho trovato sia esempi correnti nell'uso e sia esempi in una grammatica del 700.
È tutto sbagliato. Stare a + infinito è diverso da stare + gerundio:
(1) Sto a guardare (= Sono lí e guardo quel che succede intorno a me)
(2) Sto guardando (= Mi concentro su quello che vedo)
Sono a + infinito non credo che sia, cosí su due piedi, una forma dell’italiano senz’aggettivi.
(1) Sto a guardare (= Sono lí e guardo quel che succede intorno a me)
(2) Sto guardando (= Mi concentro su quello che vedo)
Sono a + infinito non credo che sia, cosí su due piedi, una forma dell’italiano senz’aggettivi.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Secondo il treccani:
Come si vede le forme stare a + infinito coincide A VOLTE con quelle di stare + gerundioLe due perifrasi progressive presentano interessanti differenze soprattutto in prospettiva diatopica (➔ variazione diatopica): stare + gerundio è la forma più diffusa nell’➔italiano standard; a livello dialettale è però assai raro al Nord, poco diffuso al Centro, mentre è diffusissimo al Sud (Amenta 2003: nota 2). La costruzione stare a + infinito, che rispetto alla perifrasi gerundiale appartiene a un registro più colloquiale, si è estesa a tutto il paese a partire dalle varietà regionali del Centro, in particolare dalla parlata di Roma (➔ Roma, italiano di), ove ormai insidia la perifrasi gerundiale (sulla diversa distribuzione delle due costruzioni nelle varietà regionali toscane, si veda Squartini 1998: 128-30). Che le due forme coesistano anche nel parlato colloquiale della varietà regionale di Roma, è illustrato dai due esempi seguenti, tratti da corpora di lingua parlata di Roma:
(23) perché quello che stai a fa’ te adesso l’ho fatto io per dieci anni quindi so perfettamente quello che stai provando tu (LIP RC4)
(24) pensa che stamattina ti stavo chiamando mi sa che era occupato stavi a parla’ con Stefano chissa’ bo (LIP RB2).
Mi riferivo naturalmente all'italiano normale, non all'italiano colloquiale regionale.
P.S. Mi permetta di invitarla a rileggersi e a correggersi prima d'inviare i suoi interventi, perché cose come le forme stare a + infinito coincide non sono certo un bel vedere...
P.S. Mi permetta di invitarla a rileggersi e a correggersi prima d'inviare i suoi interventi, perché cose come le forme stare a + infinito coincide non sono certo un bel vedere...

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Scusatemi, non sono stato completo e non ho nemmeno riletto il messaggio. Comunque il Treccani non dice che la forma stare a + infinito sia regionale, dice solo che è meno formale rispetto a stare + gerundio. Tanto è vero che sotto il lemma stare il Treccani riporta:
Con il riferimento all'italiano regionale il Treccani semplicemente affermava che negli italiani regionali meridionali e centrali è più diffusa questa costruzione rispetto a quella del gerundio.11.
Con funzione di ausiliare o di verbo fraseologico:
a. Seguito da un gerundio, serve a indicare un’azione in corso, nella sua attualità e continuità: cosa stai facendo?; sto cercando di convincerlo; li trovai che stavano cenando; stavo appunto discorrendo di questo; stai ancora riparando il televisore?; stavo tornando a casa quando lo incontrai.
b. Seguito da a e un infinito, esprime più particolarm. la continuità, il prolungarsi dell’azione: Rimontò sul destriero, e ste’ gran pezzo A riguardar che ’l Saracin tornasse (Ariosto); stette un pezzo a pensarci su; stavano ancora lì a chiacchierare; è inutile s. a discutere. Spesso è pleonastico, riempitivo: non mi stare a dire che non ti piace (= non mi dire); non stette a farmi complimenti (= non mi fece); non vi sto a dire se mangiò con appetito, ecc.; ma anche in questi casi, aggiunge di solito al verbo principale l’idea di una certa continuità o insistenza nell’azione, oppure di una volontà deliberata, e sempre conferisce efficacia all’espressione: stammi a sentire, chiedendo attenzione; perché stai lì a guardare?; non ti stare a confondere!; non stia a prendersi disturbo per me; non vi state a lambiccare il cervello, ecc. Con valore e tono partic., s. a vedere, esprime, nell’imperativo, sarcastica meraviglia: sta’ a vedere ora che la colpa è mia; state a vedere che pretenderà anche d’essere pagato; con uso assol., s. a vedere, tenersi inoperoso guardando agire gli altri, in attesa di conoscere quale piega prenderanno gli avvenimenti: se la sbrighino loro: io per ora sto a vedere, poi deciderò; più genericam., s. a guardare, non intervenire, non dare aiuto, e sim.: aiutami, non stare lì a guardare come un mammalucco!; i due si davano botte da orbi, mentre gli altri stavano a guardare. Seguito da per e un infinito, indica intenzione o imminenza, equivale cioè a «essere sul punto di, essere in procinto di»: sto per uscire; stavo per cadere; stavo per dirla grossa; temo che stia per piovere. Con valore speciale, sto per dire, starei per dire, modi di attenuare la forza di un’espressione, di un giudizio negativo: questa è, starei per dire, una vera mascalzonata.
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Sí, ma con un numero limitato di verbi, in espressioni semicristallizzate: non si tratta di un modello produttivo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Il Treccani (che ricordo riporta l'uso diffuso) considera come me ALCUNE costruzioni fatte come stare a + infinito e stare + gerundio quasi equivalenti, e porta come esempio la frase:Infarinato ha scritto:Pugnator, Lei sta facendo un po’ di confusione e, quel che è peggio, rischia di farla fare al nostro povero Arnoldas: stare [lí] a + infinito nel senso di «continuare a» è italiano normale; stare a + infinito nel senso di stare + gerundio, no.
che potrebbe esser resa anche come:i due vecchi stettero a aspettare alla finestra finché non lo videro
"I due vecchi stavano aspettando alla finestra..."
(Riguardo ai due tempi diversi il treccani precisa:
L’incompatibilità fra il valore imperfettivo del ➔ gerundio e il valore perfettivo del ➔ passato remoto impedisce costruzioni quali * stettero aspettando (possibili in spagnolo), mentre non è interdetto l’uso dei tempi perfettivi se la perifrasi gerundiale è sostituita con la perifrasi stare a + infinito, anch’essa di valore progressivo.
Cari amici, ho trovato nel dizionario Il Devoto-Oli minore una spiegazione a proposito di stare a + infinito e stare + gerundio: "Svolgere un'azione per un tempo prolungato: sono stato ad ascoltarlo per tutta la serata. Svolgere un'azione, sottolineando il suo aspetto progressivo: non vuole essere disturbato quando sta lavorando". Cordiali saluti a voi tutti!
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Ottima sintesi, caro Arnoldas: si attenga a quanto dice il suo Devoto-Oli.Arnoldas ha scritto:[H]o trovato nel dizionario Il Devoto-Oli minore una spiegazione a proposito di stare a + infinito e stare + gerundio: "Svolgere un'azione per un tempo prolungato: sono stato ad ascoltarlo per tutta la serata. Svolgere un'azione, sottolineando il suo aspetto progressivo: non vuole essere disturbato quando sta lavorando".

Innanzitutto, niente maiuscole, per favore: su Cruscate non si urla (Decalogo, regola n. 1): per sottolineare qualcosa esistono corsivo e sottolineato (purché non usati contemporaneamente![url=viewtopic.php?p=50377#p50377]Pugnator[/url] (colorazione e grassetto miei) ha scritto:Il Treccani (che ricordo riporta l'uso diffuso) considera come me ALCUNE costruzioni fatte come stare a + infinito e stare + gerundio quasi equivalenti, e porta come esempio la frase:

Poi la fonte, per favore: cosí, da un lato, si dà «a Cesare quel che è di Cesare»; dall’altro, si dà modo agl’interlocutori di controllare e approfondire. Inoltre le fonti, per chiarezza oltre che per puro scrupolo filologico, dovrebbero essere citate rispettandone la forma tipografica (…se costa troppa fatica rispettare i corsivi e i sottolineati dell’originale, si può ricorrere al nostro programma di conversione HTML ↔ BBCode a partire dal codice sorgente dell’originale

E ora entriamo nel merito: le due costruzioni stare a + infinito e stare + gerundio sono quasi equivalenti nel caso di alcuni verbi. Ora (finalmente) ci si siamo.

Di piú: l’autrice dell’articolo fa anch’ella un po’ di confusione, ché, perlomeno a livello espositivo, sembra mettere sullo stesso piano un costrutto dell’italiano normale come lo stare [lí] a + infinito continuativo (che infatti ha attestazioni letterarie antichissime, riportate dal già citato Treccani) e lo stare a + infinito progressivo (questo, sí, completamente equivalente al normale stare + gerundio), appartenente all’italiano regionale centromeridionale (segnatamente, romano, e non toscano).
La riprova piú evidente che si tratti di due costrutti diversi si ha proprio partendo dalla frase di Malerba citata dalla Jansen:
- i due vecchi stettero a aspettare alla finestra finché non lo videro
- *i due vecchi stavano aspettando alla finestra finché non lo videro
- i due vecchi stavano aspettando alla finestra
- i due vecchi stavano a aspetta’ alla finestra.

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