
È con gioia che...
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È con gioia che...
"È con gioia che…" Nella maggior parte dei casi tutti i periodi che cominciano con una forma impersonale - secondo me - sono impropri e non si debbono adoperare in buona lingua italiana. Non si dica e non si scriva , per esempio, “è stato per te che l’ho fatto” ma “l’ho fatto per te”. Oltre tutto non è più facile e… “orecchiabile” la forma corretta? 

«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Anche in questo caso si tratta semplicemente di costrutti marcati, previsti dalle grammatiche, e non di costrutti scorretti.
Si possono quindi tranquillamente adoperare (con moderazione, trattandosi di costrutti marcati) nella lingua scritta e, soprattutto, in quella parlata o in quella scritta che imiti il parlato.
Si possono quindi tranquillamente adoperare (con moderazione, trattandosi di costrutti marcati) nella lingua scritta e, soprattutto, in quella parlata o in quella scritta che imiti il parlato.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
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Non ho parlato di costrutti "scorretti", ma IMPROPRI e credo ci sia una notevole differenza. Non crede, cortese bubu7? 

«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
No, non lo credo, gentilissimo Fausto.
Dove sarebbe tutta questa differenza tra improprio e scorretto, nel contesto in cui ha usato il termine? Me lo spieghi per favore.
Lei dice: “… sono impropri e non si debbono adoperare in buona lingua italiana”.
Poi dice: “Non si dica e non si scriva…”.
E infine: “…non è più facile… la forma corretta?”.
Io le ho risposto che tali costrutti si possono adoperare in buona lingua italiana, che quindi si può dire e scrivere… e che le forme marcate sono altrettanto corrette anzi, in determinati contesti, anche più corrette di quelle normali.
Dove sarebbe tutta questa differenza tra improprio e scorretto, nel contesto in cui ha usato il termine? Me lo spieghi per favore.
Lei dice: “… sono impropri e non si debbono adoperare in buona lingua italiana”.
Poi dice: “Non si dica e non si scriva…”.
E infine: “…non è più facile… la forma corretta?”.
Io le ho risposto che tali costrutti si possono adoperare in buona lingua italiana, che quindi si può dire e scrivere… e che le forme marcate sono altrettanto corrette anzi, in determinati contesti, anche più corrette di quelle normali.

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V. M. Illič-Svitič
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Spero di spiegarmi. Ho usato il termine improprio perché, generalmente, una frase deve cominciare con un soggetto (anche sottinteso), un verbo e un eventuale complemento. È con gioia che... è un costrutto improprio, dunque, non scorretto. Ho scritto si dica e si scriva sottintendendo se si vuole scrivere e parlare propriamente (non scorrettamente). Infine ho messo corretta (in corsivo) per sottolinearne, appunto, l'improprietà, non la scorrettezza. 

«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
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