«Stress»
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«Stress»
Dell'adattamento di stress s'è già parlato qui, e la lista attualmente propone spossatezza, defatigazione, pressione, tensione, logorio; che ne dite di aggiungere il dantesco pressura?
Bellissimo pressura! Ma è troppo tardi: bisognava pensarci prima. Ormai o s’adopera uno dei sinonimi della lista o s’adatta la parola in stresse.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Sí, ma non credo che sarebbe facilmente accettata la parola pressura in un testo scientifico (ma sarebbe stato un ottimo sostituto, se solo ci avessimo pensato prima).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Stress ha generato stressante, stressato e anche il verbo stressare e quindi tutte le possibili derivazioni. Supponiamo di poterla cancellare con un colpo di spugna dalla mente degli italiani; si perderebbe un'essenziale connessione etimologica nonché una parola che viene adoperata in fisica matematica, nel linguaggio medico e nel linguaggio comune.
Esiste da cinquant'anni. La usano tutti gli italiani senza porsi alcun problema al riguardo. Non è quindi parola meteca, di uso incipiente; va ormai considerata una parola italiana a tutti gli effetti - da inquadrare, per chi ama le categorizzazioni, nel terzo sistema fonologico (che con questa parola, insieme con tante altre basi straniere, mostra la sua caratteristica di produttività).
Esiste da cinquant'anni. La usano tutti gli italiani senza porsi alcun problema al riguardo. Non è quindi parola meteca, di uso incipiente; va ormai considerata una parola italiana a tutti gli effetti - da inquadrare, per chi ama le categorizzazioni, nel terzo sistema fonologico (che con questa parola, insieme con tante altre basi straniere, mostra la sua caratteristica di produttività).
Ultima modifica di Roberto Crivello in data gio, 18 gen 2007 22:31, modificato 1 volta in totale.
Invece non v’è nulla di produttivo dal punto di vista dell’italiano: stress è una parola morfologicamente straniera a tutti gli effetti, e tutte quelle che s’importano tali e quali non testimoniano produttività o reattività alcuna della lingua e dei parlanti, bensí debolezza di cultura e di pensiero.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Questa però non è un'obiezione pertinente alla proposta di adattarlo in stresse (l'adattamento è l'unico modo per eliminare certi forestierismi, se si vuole), né a quella di alternargli pressura: o non ammette nemmeno che sia un valido sinonimo?Roberto Crivello ha scritto:Stress ha generato stressante, stressato e anche il verbo stressare e quindi tutte le possibili derivazioni. Supponiamo di poterla cancellare con un colpo di spugno dalla mente degli italiani; si perderebbe un'essenziale connessione etimologica nonché una parola che viene adoperata in fisica matematica, nel linguaggio medico e nel linguaggio comune.
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Veramente, in fisica matematica si dice/dovrebbe dire sforzo, tensore degli sforzi: lo so che oggi non «fa fico», ma insomma…Roberto Crivello ha scritto:…una parola che viene adoperata in fisica matematica
La produttività (lessicale, non certo fono[morfo]logica) è semmai dell’anglismo, cioè —se proprio si vuole— di un «sistema fonologico terzo», non certo di questo fantomatico «terzo sistema fonologico [dell’italiano]», che descrive solo una tendenza sociolinguistica, e di «fonologico» [in senso stretto] non ha alcunché.Roberto Crivello ha scritto:…da inquadrare, per chi ama le categorizzazioni, nel terzo sistema fonologico (che con questa parola, insieme con tante altre basi straniere, mostra la sua caratteristica di produttività).
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La nostra lingua prende una parola straniera, la integra nel suo lessico (la integra, sì, perché i parlanti la usano), così come integra parole che magari sono cavalli di ritorno, provenienti dal latino, passati all'inglese o al francese e poi restituiteci - e la usa come base, così come fa per tante basi italiane doc, per così dire, per la formazione di sostantivi e verbi usando i propri suffissi. Se non è reattività questa...Marco1971 ha scritto:Invece non v’è nulla di produttivo dal punto di vista dell’italiano: stress è una parola morfologicamente straniera a tutti gli effetti, e tutte quelle che s’importano tali e quali non testimoniano produttività o reattività alcuna della lingua e dei parlanti, bensí debolezza di cultura e di pensiero.
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Ma perché vuole eliminarlo? Usi e lasci usare stress o altre parole analoghe secondo i gusti e il contesto. Usi pressura se vuole, tenendo però presento il diverso taglio stilistico che darà a quanto scrive introducendo questa parola.Federico ha scritto:Questa però non è un'obiezione pertinente alla proposta di adattarlo in stresse (l'adattamento è l'unico modo per eliminare certi forestierismi, se si vuole), né a quella di alternargli pressura: o non ammette nemmeno che sia un valido sinonimo?
Mi dia un solo esempio di anglicismo (recente e sostantivo) che è una formazione, e quindi testimonia una reattività.Roberto Crivello ha scritto:La nostra lingua prende una parola straniera, la integra nel suo lessico (la integra, sì, perché i parlanti la usano), così come integra parole che magari sono cavalli di ritorno, provenienti dal latino, passati all'inglese o al francese e poi restituiteci - e la usa come base, così come fa per tante basi italiane doc, per così dire, per la formazione di sostantivi e verbi usando i propri suffissi. Se non è reattività questa...
Per i verbi il problema non si pone, è una scelta obbligata, non si può dire io blog, tu blog, egli blog, ecc.
Che i parlanti meno attrezzati usino certe parole perché le usano i mèdia non significa affatto che i vocaboli in questione siano parte integrante del lessico italiano.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Sul tensore degli sforzi sono d'accordo, non c'è motivo di scalzarlo con stress. In altri casi potrà essere più opportuno e semplice scelta lessicale usare l'anglismo, dipende dal contesto.Infarinato ha scritto: La produttività (lessicale, non certo fono[morfo]logica) è semmai dell’anglismo, cioè —se proprio si vuole— di un «sistema fonologico terzo», non certo di questo fantomatico «terzo sistema fonologico [dell’italiano]», che descrive solo una tendenza sociolinguistica, e di «fonologico» [in senso stretto] non ha alcunché.
La produttività (lessicale, non c'è dubbio) è dell'italiano nel suo complesso, che usa una parola ormai integrata per generarne altre. Il non fantomatico terzo sistema descrive la struttura generale di una serie di termini ormai perfettamente inseriti.
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Lei a quanto pare definisce reattività come formazione dall'interno. Io la definisco nel modo classico (vedi la fisica, la medicina, la chimica), ossia risposta a uno stimolo esterno.Marco1971 ha scritto: Mi dia un solo esempio di anglicismo (recente e sostantivo) che è una formazione, e quindi testimonia una reattività.
Stress fa ormai parte dell'italiano da cinquant'anni. Non è in uso perché la usano i media. E i parlanti meno attrezzati (e anche quelli attrezzati) usano e abusano anche di parole completamente italiane, ad esempio i vari plastismi indicati da Ornella Castellani Pollidori.Marco1971 ha scritto: Che i parlanti meno attrezzati usino certe parole perché le usano i mèdia non significa affatto che i vocaboli in questione siano parte integrante del lessico italiano.
Lei ha semplicemente sbagliato usando il termine formazione: pet-coke, gang-bang o couponing non sono formazioni, sono prestiti integrali.Roberto Crivello ha scritto:Lei a quanto pare definisce reattività come formazione dall'interno. Io la definisco nel modo classico (vedi la fisica, la medicina, la chimica), ossia risposta a uno stimolo esterno.
Non confondiamo tutto: lo stile, la scelta delle parole è un conto; un altro conto sono le infiltrazioni di termini stranieri assolutamente inutili. La parola stress, lo ripeto per la milleunèsima volta, non è né sarà mai italiana (il fatto che una parola forestiera cruda sia nell’uso non ne sancisce l’italianità) se non vi s’aggiunge una e finale, cosí com’è diventata spagnola coll’aggiunta della e iniziale (estrés).Roberto Crivello ha scritto:Stress fa ormai parte dell'italiano da cinquant'anni. Non è in uso perché la usano i media. E i parlanti meno attrezzati (e anche quelli attrezzati) usano e abusano anche di parole completamente italiane, ad esempio i vari plastismi indicati da Ornella Castellani Pollidori.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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In fisica matematica, non mi è mai capitato (piú problematico lo trovo in psicologia), ma le credo… ammesso e non concesso, ovviamente, che uno sia contento d’usare l’anglismo (ché non tutti lo sonoRoberto Crivello ha scritto:…In altri casi potrà essere più opportuno e semplice scelta lessicale usare l'anglismo…

Cioè ci dice che la fonologia/fonotassi dei forestierismi in italiano è conforme ([esatta] resa fonetica a parte) alla fonologia/fonotassi della lingua d’origine…!Roberto Crivello ha scritto:Il non fantomatico terzo sistema descrive la struttura generale di una serie di termini ormai perfettamente inseriti.

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