Aita!: oggettiva con congiuntivo o indicativo
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Aita!: oggettiva con congiuntivo o indicativo
Ottimi, ecco una frase che mi pare un busillis:
«Non pensiamo che la libertà venga meno, ma neppure dubitiamo che valga di più il suo amore».
Nella prima oggettiva il congiuntivo mi sembra corretto (il verbo "pensare" indica un'opinione); nella seconda, il verbo "dubitare", che di per sé vorrebbe il congiuntivo, assume in compagnia del "neppure" un senso contrario al "dubbio", un'idea di certezza, come per dire: «Siamo certi che vale di più il suo amore».
Vorrei sapere se è corretto quindi sostituire quel "valga" con "vale".
Grazie
«Non pensiamo che la libertà venga meno, ma neppure dubitiamo che valga di più il suo amore».
Nella prima oggettiva il congiuntivo mi sembra corretto (il verbo "pensare" indica un'opinione); nella seconda, il verbo "dubitare", che di per sé vorrebbe il congiuntivo, assume in compagnia del "neppure" un senso contrario al "dubbio", un'idea di certezza, come per dire: «Siamo certi che vale di più il suo amore».
Vorrei sapere se è corretto quindi sostituire quel "valga" con "vale".
Grazie
Re: Aita!: oggettiva con congiuntivo o indicativo
Si può benissimo, in generale, quando si vuole esprimere una certezza, ma ammetto di non aver compreso il significato della frase.bartolo ha scritto:Vorrei sapere se è corretto quindi sostituire quel "valga" con "vale".
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Re: Aita!: oggettiva con congiuntivo o indicativo
Non sono d’accordo: in italiano normale, dubitare rientra nel gruppo di quei verbi che reggono solo il congiuntivo (Serianni, Grammatica italiana, 1989, Torino, «UTET», §XIV.49): probabilmente, qualche «modernista» sosterrà che oggi l’indicativo [in frasi come quella in esame] è accettabile —per me, no.Federico ha scritto:Si può benissimo, in generale, quando si vuole esprimere una certezza…bartolo ha scritto:Vorrei sapere se è corretto quindi sostituire quel "valga" con "vale".
Ma in quella frase c’è un altro punto che mi lascia invece perplesso: se non ho frainteso, quell’«amor suo» vale «amore della/per la libertà»… ma «tranne alcune locuzioni cristallizzate […] il valore oggettivo [dell’aggettivo possessivo] è espresso normalmente dal pronome personale» (Serianni, op. cit., §VII.102), ovvero in questo caso: «amor[e] per lei/per essa».

No, ottimo Infarinato, le chiedo scusa, ché m'accorgo di minuto in minuto di quanto sia ambigua la proposizione in oggetto. Me ne dolgo e chiedo ancora venia. Quel "suo" (forse se l'avessi scritto coll'iniziale maiuscola avrei reso tutto più perspicuo, "Suo") è relativo al sottinteso "Dio": il Padre della Chiesa che ha redatto il testo (abbiamo [a] che fare con una traduzione dal latino) vuole dirci che l'amore di Dio per l'uomo vale più della stessa libertà umana.
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In effetti, avevo pensato che potesse anche essere cosí, ma l’assenza della maiuscola reverenziale m’ha fatto propendere per l’altra ipotesi… Meglio cosí, allora.bartolo ha scritto:No, ottimo Infarinato, le chiedo scusa, ché m'accorgo di minuto in minuto di quanto sia ambigua la proposizione in oggetto. Me ne dolgo e chiedo ancora venia. Quel "suo" (forse se l'avessi scritto coll'iniziale maiuscola avrei reso tutto più perspicuo, "Suo") è relativo al sottinteso "Dio"…

La Grande Grammatica Italiana di Consultazione ha scritto:Quest’ambito viene rappresentato, in forma lessicale, praticamente solo dal verbo che dà il nome al congiuntivo dubitativo, dubitare appunto. Esso richiede di regola il congiuntivo, con o senza il non espletivo (cfr. V.4.):
(65 a) Dubito che (non) venga.
(65 b) Era una via cosí stretta e buia che veniva da dubitare dovesse portare da qualche parte.
La negazione di questo verbo, almeno ad un livello stilistico piú elevato, non influisce sulla sua reggenza modale, benché con un non dubito che il dubbio venga esplicitamente negato:
(66 a) Conoscendo le abitudini di Gino, non dubitai che (non) fosse intervenuto immediatamente.
(66 b) Non avevo dubitato un attimo che Luisa (non) fosse incinta.
In questi esempi, la negazione si riferisce alla struttura frasale nella sua globalità e perciò non esercita alcun influsso immediato sulla frase dipendente. Viene negato che il SOGGETTO della predicazione nutra un dubbio determinato e il congiuntivo, normale dopo un verbo di dubbio non negato, viene mantenuto: Non dubito che sia molto intelligente, parafrasabile anche nel modo seguente: «Non è il caso che io dubiti che p». In questi casi perciò si può parlare di una negazione esterna – schematicamente: ‘Neg(dubito che p)’ (cfr. 2.1.1.1., (16): non impedire che + cong.).
Soprattutto nella lingua informale l’indicativo dopo dubitare negato è piú frequente che dopo lo stesso verbo nel suo valore positivo: Non dubito che è molto intelligente. In questo caso la negazione è in certo modo integrata nel verbo, paragonabile ad una negazione realizzata lessicalmente per mezzo di un prefisso privativo (v. V.2.2.). Ne deriva una sorta di predicato quasi-affermativo che esercita un influsso immediato su modalità e modo della frase da esso dipendente. Questa struttura, che si può definire come negazione interna, può essere rappresentata per mezzo dello schema seguente: ‘(Neg-dubitare) che p’. Dal punto di vista semantico ciò corrisponde ampiamente a Sono convinto che è molto intelligente. L’indicativo e il congiuntivo possono anche venire sostituiti dal futuro, che serve a mettere in risalto la posteriorità:
(67) Nessuno dubita che il timore di nuove tasse farà perdere dei voti al partito al potere.
Cfr. anche:
(68) Pochi dubitano che Trotzkij fu liquidato per ordine di Stalin. (Vol. II, pp. 431-432.)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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«La Norma», appunto… Che bello: «sono stilisticamente elevato»!La Grande Grammatica Italiana di Consultazione ha scritto:La negazione di questo verbo, almeno ad un livello stilistico piú elevato, non influisce sulla sua reggenza modale, benché con un non dubito che il dubbio venga esplicitamente negato…

Invece a me sembra che si parli di due costruzioni con un significato diverso:Infarinato ha scritto:«La Norma», appunto… Che bello: «sono stilisticamente elevato»!La Grande Grammatica Italiana di Consultazione ha scritto:La negazione di questo verbo, almeno ad un livello stilistico piú elevato, non influisce sulla sua reggenza modale, benché con un non dubito che il dubbio venga esplicitamente negato…
Se si nega che il soggetto abbia un dubbio, non ci si esprime sul contenuto del dubbio, e si usa il congiuntivo; se si nega la possibilità del dubbio, si usa l'indicativo.Marco1971 ha scritto:La Grande Grammatica Italiana di Consultazione ha scritto:[...] In questi esempi, la negazione si riferisce alla struttura frasale nella sua globalità e perciò non esercita alcun influsso immediato sulla frase dipendente. Viene negato che il SOGGETTO della predicazione nutra un dubbio determinato e il congiuntivo, normale dopo un verbo di dubbio non negato, viene mantenuto:
[...] In questo caso la negazione è in certo modo integrata nel verbo, paragonabile ad una negazione realizzata lessicalmente per mezzo di un prefisso privativo (v. V.2.2.). Ne deriva una sorta di predicato quasi-affermativo che esercita un influsso immediato su modalità e modo della frase da esso dipendente. [...]
Tutto il passo che comincia con Soprattutto nella lingua informale è riportato in carattere piú piccolo, a mo’ d’aggiuntina riferentesi in modo prevalente («soprattutto»), appunto, alla lingua informale. Importante mi pare sottolineare questa differenza di registro.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Certo, è ovvio: un po' come per l'uso del congiuntivo in certi casi.Marco1971 ha scritto:Importante mi pare sottolineare questa differenza di registro.
Anche se io non ho mai capito che senso abbia distinguere per differenze di registro due strutture, locuzioni, parole ecc. che assumono un significato diverso.
Non c’è nessuna differenza propriamente semantica, ma di registro, in una frase come Non dubito che tu sia/sei laureato.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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