«Tag» e «geotag»

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Daniele
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Re: «Tag» e «geotag»

Intervento di Daniele »

Freelancer ha scritto:No, non va bene perché potrebbero comparire nello stesso contesto tag e label.

Scriva in italiano la seguente frase attinente a istruzioni per scrivere nel linguaggio html:

The content between the start and end tag is used as the label for the link.

Qui tag è codice.
Non sono sicuro che qui tag sia codice, ma piuttosto elemento, o forse anche marcatore. Credo infatti che i tag siano i due elementi fra i quali sta un testo, che apparirà in un certo modo in una pagina web, o rappresenterà un link, o produrrà un'azione. Per esempio, quando qui metto del testo tra i due tag "i" e "/i", il testo apparirà in corsivo. Il tag (la tag?) credo sia in questo caso un elemento del codice HTML.

(Modifica)
Sono appena andato a vedere su Wikipedia in inglese, che conferma quanto detto sopra, e naturalmente riporta una ventina di altri significati di tag, compreso la firma dei graffitari. Siamo alle solite: loro usano una parola, che cambia significato secondo il contesto, noi dovremmo trovare venti traducenti…
Ultima modifica di Daniele in data ven, 15 feb 2008 23:53, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sí, certo, Daniele. :) Sono dei deturpatori! :evil: E come sempre, si fa il verbo (taggare), ma a nessuno viene in mente di fare il sostantivo (taggo)...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Re: «Tag» e «geotag»

Intervento di Infarinato »

Daniele ha scritto:[Il tag (la tag?) credo sia in questo caso un elemento del codice HTML.
No, innanzitutto un elemento HTML, diversamente da un tag, è un’«entità astratta», che comprende un marcatore di apertura, talora uno di chiusura, degli eventuali attributi [coi loro rispettivi valori], nonché [eventualmente] un contenuto.

I marcatori sono poi rappresentati da particolari «etichette», i tag, appunto.

Ovviamente, siccome gli elementi sono univocamente identificati dal nome del loro marcatore [d’apertura], c’è una corrispondenza biunivoca tra elementi e tag… ma questo è un altro discorso. ;)
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Re: «Tag» e «geotag»

Intervento di Freelancer »

Infarinato ha scritto:
Daniele ha scritto:[Il tag (la tag?) credo sia in questo caso un elemento del codice HTML.
No, innanzitutto un elemento HTML, diversamente da un tag, è un’«entità astratta», che comprende un marcatore di apertura, talora uno di chiusura, degli eventuali attributi [coi loro rispettivi valori], nonché [eventualmente] un contenuto.

I marcatori sono poi rappresentati da particolari «etichette», i tag, appunto.

Ovviamente, siccome gli elementi sono univocamente identificati dal nome del loro marcatore [d’apertura], c’è una corrispondenza biunivoca tra elementi e tag… ma questo è un altro discorso. ;)
Giustissimo e tecnicamente corretto. Ma codice è una sorta di iperonimo di marcatore e più popolare, per così dire, ossia comprensibile intuitivamente anche da chi non conosce i dettagli arcani del linguaggio html, per questo in rete ci sono molte più occorrenze di codici html invece di marcatori html anche se si parla della stessa cosa.

Insomma le alternative a tag, più o meno tecniche secondo i propri gusti e il registro, ci sono. Che poi si usi taggare ma non *taggo, non capisco perché Marco se ne stupisca. Ormai dovrebbe aver chiaro che gli italiani non italianizzano più i sostantivi stranieri mentre creano il denominale senza pensarci due volte. E questo non è pur sempre un segno di reattività della lingua?
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Marco1971
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Re: «Tag» e «geotag»

Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:Che poi si usi taggare ma non *taggo, non capisco perché Marco se ne stupisca. Ormai dovrebbe aver chiaro che gli italiani non italianizzano più i sostantivi stranieri mentre creano il denominale senza pensarci due volte. E questo non è pur sempre un segno di reattività della lingua?
Non me ne stupisco; semplicemente non vedo cosa renda un suffisso verbale o aggettivale meno stravagante, se aggiunto a una radice straniera, di un suffisso nominale. Quanto a reattività, sí, ma parziale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Re: «Tag» e «geotag»

Intervento di Freelancer »

Marco1971 ha scritto:
Freelancer ha scritto:Che poi si usi taggare ma non *taggo, non capisco perché Marco se ne stupisca. Ormai dovrebbe aver chiaro che gli italiani non italianizzano più i sostantivi stranieri mentre creano il denominale senza pensarci due volte. E questo non è pur sempre un segno di reattività della lingua?
Non me ne stupisco; semplicemente non vedo cosa renda un suffisso verbale o aggettivale meno stravagante, se aggiunto a una radice straniera, di un suffisso nominale. Quanto a reattività, sí, ma parziale.
Ne abbiamo già parlato, il discorso risale a Migliorini, sempre maggiore diffusione delle forme scritte rispetto a quelle parlate, quindi non si vuole toccare una grafia come tag che si legge continuamente mentre non c'è un problema del genere per il denominale che non viene da fuori ma esiste solo potenzialmente nella competenza del parlante nativo ecc.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

E allora non parliamone piú.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Freelancer »

Marco1971 ha scritto:E allora non parliamone piú.
È stato lei a cominciare riaprendo vecchie ferite.
:wink:
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Intervento di Marco1971 »

Ma quali ferite, caro Roberto? Io continuerò a difendere la tradizione, cascasse il mondo. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Federico »

Daniele ha scritto:Lo sapete, vero, che i giovani writers chiamano tag quegli orribili scarabocchi che fanno sui muri delle case?
Non sono firme?

E che dire della tagline?
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Intervento di Marco1971 »

No, non sono assolutamente firme. Sono tagghi (italianizzando il termine aspro ;)).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Federico »

Marco1971 ha scritto:No, non sono assolutamente firme. Sono tagghi (italianizzando il termine aspro ;)).
Intende dire che non sarebbe una traduzione adeguata connotativamente o denotativamente?
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Intervento di Marco1971 »

Ormai guardo con sospetto certe definizioni di Wikipedia, anche se spesso ci ricorro.

Se firma soppianta tag, mi vede felice. Purtroppo non credo che ciò accadrà.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Daniele »

Federico ha scritto:
Daniele ha scritto:Lo sapete, vero, che i giovani writers chiamano tag quegli orribili scarabocchi che fanno sui muri delle case?
Non sono firme?
Sì, sì, certo, sono firme. L'insopprimibile bisogno di alcuni giovani di affermare la loro esistenza senza troppi sforzi, con in più il brivido dell'atto proibito e inviso alla adulta classe dominante. Comunque, quando partono la sera armati di bombolette spray, i ragazzi dicono: "Si va a taggare?"
Non sono sicuro se poi dicano, indicando la loro firma su un muro: "Quella è la mia firma." o "Quella è la mia tag."
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Daniele ha scritto:Il tag (la tag?) credo sia in questo caso un elemento del codice HTML.
Il GRADIT dà tag maschile in senso musicale e informatico, ma femminile nel senso di «particolare sigla o stile grafico che permette di riconoscere un determinato writer [sic :?]». Non andava bene bombaro o spruzzaro? :D

Anche se non esce da queste eteree pareti, i primi due sono tagghi e la seconda una tagga.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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