Se tu avessi pensato che ero io, perché non mi hai risposto?

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bior
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Se tu avessi pensato che ero io, perché non mi hai risposto?

Intervento di bior »

Buonasera mi stavo chiedendo se la frase sottostante fosse/sia corretta:

Se tu avessi pensato che ero io, perché non mi hai risposto?

Lo stesso dubbio mi viene per una molto simile:
Se tu hai pensato che sono/sono stato io, perché non mi hai risposto?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Il verbo pensare, all’infuori del senso di ‘riflettere’, richiede il congiuntivo; l’uso dell’indicativo denota sciatteria se non in contesti molto informali.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
bior
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Intervento di bior »

Quali sarebbero le frasi corrette?
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Io non comprendo il motivo del primo congiuntivo.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Senza contesto, la frase per me piú naturale sarebbe:

Se tu hai pensato che fossi io, perché non mi hai risposto?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

Marco1971 ha scritto:Senza contesto, la frase per me piú naturale sarebbe:

Se tu hai pensato che fossi io, perché non mi hai risposto?
Però il «tu» esplicito, in una frase come questa, suona molto toscaneggiante [o, altrove, un po’ macchinoso*], mi creda. :D Penso che qualsiasi parlante non-toscano direbbe semplicemente «se hai pensato».
Inoltre, suggerisco il piú naturale «m’hai» al posto di «mi hai».
Comunque, forse io direi piuttosto «pensavi» che «hai pensato»: tendenzialmente, evito d’appesantir il parlato cólle forme composte (quando sono sostituibili senza rilevanti cambiamenti di significato). Riporto i risultati di Google:

se tu hai pensato che fossi io → 0
se hai pensato che fossi io → 1
se tu pensavi che fossi io → 0
se pensavi che fossi io → 9

Mi rendo conto che sono decontestualizzate, e quindi valgon quel che valgono, però le altre tre sono anche… inesistenti. :) Be’, se non altro, le ultime due mostrano chiaramente che, in certe frasi, il «tu» esplicito è ben poco usato (al di fuori della Toscana).

* Dove per «macchinoso» intendo che pare una frase tratta da un libro d’italiano per stranieri o cose simili, coi soggetti sempre espliciti &c. So che Le è già stato fatto notare, caro Bior, ma — è consapevole che qui «n[on] si svolgono esercizi scolastici», vero? :)
bior
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Intervento di bior »

Grazie per avermi risposto in primis.

Anche a me piace di più la frase:

Se pensavi che fossi io, perchè non mi hai risposto?
La mia perplessità è nata dunque dal fatto che il periodo ipotetico vuole, preferisce il congiuntivo al posto dell'indicativo, ad esempio provando a modificare la frase di prima, abbiamo:

Se tu avessi pensato che ero(fossi o fossi stato?) io, avresti anche potuto telefonarmi?
In questo contesto penso sia preferibile per alcune grammatiche( non saprei) l'uso obbligatorio del congiuntivo imperfetto al posto dell'indicativo. Ma a dire il vero come la frase ad inizio riga, ce ne sono tante altre che secondo me suonano meglio con l'indicativo imperfetto.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Souchou-sama ha scritto:Penso che qualsiasi parlante non-toscano direbbe semplicemente «se hai pensato».
Anche un toscano occidentale, secondo me. Ma il pronome esplicito non è usato dialettalmente anche in Italia settentrionale? Capisco che ci sia molta più difficoltà a trasferire strutture dialettali in italiano rispetto al toscano, ma tutto questo non dovrebbe suonarvi così strano, o no?
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

bior ha scritto:La mia perplessità è nata dunque dal fatto che il periodo ipotetico vuole, preferisce il congiuntivo al posto dell'indicativo…
No, solo il «periodo ipotetico della possibilità/irrealtà», non quello «della realtà»!
bior ha scritto:Se tu avessi pensato che ero (fossi o fossi stato?) io, avresti anche potuto telefonarmi?
Sí, ma comunque sempre il congiuntivo in dipendenza da pensare (quando non significhi «riflettere»): fossi o fossi stato, a seconda che si tratti di contemporaneità o d’anteriorità rispetto all’atto di pensare espresso dalla condizionale.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Carnby ha scritto:Ma il pronome esplicito non è usato dialettalmente anche in Italia settentrionale? Capisco che ci sia molta più difficoltà a trasferire strutture dialettali in italiano rispetto al toscano, ma tutto questo non dovrebbe suonarvi così strano, o no?
A me non suona (tanto) strano «Se tu hai pensato…». Forse, spontaneamente, nell'impeto d'una qualche invettiva, non l'userei; ma non sarebbe cosí toscaneggiante, per me.
Souchou-sama ha scritto:Comunque, forse io direi piuttosto «pensavi» che «hai pensato»: tendenzialmente, evito d’appesantir il parlato cólle forme composte (quando sono sostituibili senza rilevanti cambiamenti di significato).
«Appesantire», dice? Nel senso di «allungare»? In realtà, in genere, le forme analitiche sono piú «popolari», per cosí dire, di quelle organiche (cfr. più buono ~ migliore); in un certo senso, quindi, sono piú spontanee e piú leggere, almeno in termini di elaborazione mentale.

Nel caso di specie, però, mi sembra che passato prossimo e imperfetto non siano pienamente intercambiabili. L'imperfetto descrive il processo nel suo svolgimento o nella sua durata; il passato prossimo – ricordando peraltro che nel Settentrione è l'unico tempo che abbiamo per esprimere un'azione compiuta, puntuale e priva di legami col presente – sottolinea la «‘rilevanza attuale’ del processo» (Bertinetto 1986: 437, cit. in Serianni 2000).
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

Carnby ha scritto:Ma il pronome esplicito non è usato dialettalmente anche in Italia settentrionale?
Oddio, non saprei. Come dice Lei, un conto è intrecciare italiano e “dialetto” toscano, un altro è mischiare l’italiano con un dialetto del Nord. Sicché, mentre parlo italiano, non tendo affatto a pensare a costrutti dialettali o cose simili. Tra i due c’è un tale abisso che rischio soltanto d’andar in confusione! Comunque, io personalmente non percepisco quel tu come «spontaneo» o «non strano», perché parlando in italiano non lo direi mai. In dialetto, non saprei: ne ho una conoscenza molto piú passiva che attiva. Se a Ferdinand suona meno strano, è probabile che in Veneto sia piú usato che dalle mie parti. Leggo su Wikipedia, per es., che in veneto te parlavi significa «parlavi», mentre parlavi significa «parlavate» (!): non mi stupisce, quindi, che Ferdinand tenda a percepire l’abbondanza di pronomi come qualcosa di naturale e, anzi, necessario.
Ferdinand Bardamu ha scritto:«Appesantire», dice? Nel senso di «allungare»? In realtà, in genere, le forme analitiche sono piú «popolari», per cosí dire, di quelle organiche (cfr. più buono ~ migliore); in un certo senso, quindi, sono piú spontanee e piú leggere, almeno in termini di elaborazione mentale.
Eh eh, certo, caro Ferdinand, sono piú «leggère in termini d’elaborazione mentale», ma sono anche piú sciatte! :D Scherzi a parte, 1) non stavo parlando di hai pensato vs. pensasti (nel qual caso varrebbe il Suo discorso); 2) come ha già intuíto, mi riferivo alla lunghezza e, appunto, “pesantezza” della frase in sé, non dell’elaborazione mentale [ché questo è un altro discorso, oltre a esser molto soggettivo: la “pesantezza” dell’elaborazione mentale dipende dall’intelligenza, estrazione sociale &c d’ogni individuo].
Ferdinand Bardamu ha scritto:Nel caso di specie, però, mi sembra che passato prossimo e imperfetto non siano pienamente intercambiabili.
Certo, non lo sono pienamente, e permangono delle sfumature di significato — ma io parlavo di «cambiamenti rilevanti». Qui, mi pare che le sfumature siano sacrificabili alla maggior naturalezza dell’enunciato.

A proposito di naturalezza, probabilmente io direi perché non hai risposto? anziché perché non mi hai risposto? — è inutile ribadire ciò che risulta evidente dal contesto.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Souchou-sama ha scritto:Scherzi a parte, 1) non stavo parlando di hai pensato vs. pensasti (nel qual caso varrebbe il Suo discorso)
Giusta la precisazione, ma io intuivo – come lei stesso mi conferma – che per lei passato prossimo e imperfetto fossero intercambiabili. Perciò, benché sia morfologicamente improprio mettere a raffronto questi due tempi, lo possiamo fare nel caso specifico. :)

Poi, ho ben capito la celia sulla sciatteria; però vorrei esprimermi a favore del «parlare sciatto», dell'a me mi e dell'anacoluto. Nel sermo cotidianus, tematizzazioni, temi sospesi, comparativi analitici, ecc. sono normalissimi, e, anzi, sarebbe affettazione evitarli (sistematicamente).

Naturalmente, non mi rivolgo a lei (che so bene avere una fine sensibilità a questo riguardo), ma a una tendenza generale – dovuta alla scuola, suppongo – per cui si dovrebbe parlare e scrivere come un libro stampato in qualunque situazione comunicativa. Immagino sia il retaggio del peccato originale dell'italiano: quello di essere nato come lingua dei cólti. [Chiusa la digressione.]

Souchou-sama ha scritto:2) come ha già intuíto, mi riferivo alla lunghezza e, appunto, “pesantezza” della frase in sé, non dell’elaborazione mentale [ché questo è un altro discorso, oltre a esser molto soggettivo: la “pesantezza” dell’elaborazione mentale dipende dall’intelligenza, estrazione sociale &c d’ogni individuo].
Non sono sicuro di essere d'accordo. Non credo che a un imperfetto e un passato prossimo si possa applicare un criterio di «pesantezza», il quale, al limite, potrebbe tornare utile nel giudicare gli stessi tempi in poesia o, tutt'al piú, in una prosa che ambisse a particolari risultati estetici. La sua mi sembra piú un'osservazione da esteta, da poeta (vuol essere un complimento :) ).

Dubito, personalmente, che una persona possa tener conto dell'agilità delle sue parole in un eloquio spontaneo. (Ma questa, va da sé, è una banalità.)
Souchou-sama ha scritto:Nel caso di specie, però, mi sembra che passato prossimo e imperfetto non siano pienamente intercambiabili.
Certo, non lo sono pienamente, e permangono delle sfumature di significato — ma io parlavo di «cambiamenti rilevanti». Qui, mi pare che le sfumature siano sacrificabili alla maggior naturalezza dell’enunciato.
Per me naturalezza (se vogliamo: leggerezza o pesantezza «dell'elaborazione mentale») non coincide sempre con brevità. Al contrario: per tirare di nuovo in ballo i comparativi sintetici, maggiore e minore sono per me molto meno spontanei di piú grande e piú piccolo, di là dalla differenza di lunghezza (che, nel parlato, non è poi cosí grande).
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Non sono sicuro di essere d'accordo. Non credo che a un imperfetto e un passato prossimo si possa applicare un criterio di «pesantezza», il quale, al limite, potrebbe tornare utile nel giudicare gli stessi tempi in poesia o, tutt'al piú, in una prosa che ambisse a particolari risultati estetici. La sua mi sembra piú un'osservazione da esteta, da poeta (vuol essere un complimento :) ).

Dubito, personalmente, che una persona possa tener conto dell'agilità delle sue parole in un eloquio spontaneo. (Ma questa, va da sé, è una banalità.)
Be’, sí, mi ha còlto in fallo! Temo proprio di non riuscire a non pensare in termini esteti[sti]ci. Da sedicente traduttore [il che ha molto in comune coll’essere scrittore o «esteta» o «poeta»], diciamo che si tratta di deformazione professionale… Comunque, grazie per il «complimento». :)
Ferdinand Bardamu ha scritto:Per me naturalezza (se vogliamo: leggerezza o pesantezza «dell'elaborazione mentale») non coincide sempre con brevità.
Non mi fraintenda: dico che pensavi è piú naturale non perché è piú breve, ma perché a me suona piú naturale, piú spontaneo. Tutto qui! Poi, se la brevità sia il motivo per cui mi risulta piú naturale, questo non lo so. È una questione d’orecchio. :) [Il mio ragionamento era «piú breve → meno ‘pesante’ a dirsi», non «piú breve → piú naturale».]
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Souchou-sama ha scritto:Be’, sí, mi ha còlto in fallo! Temo proprio di non riuscire a non pensare in termini esteti[sti]ci. Da sedicente traduttore [il che ha molto in comune coll’essere scrittore o «esteta» o «poeta»], diciamo che si tratta di deformazione professionale… Comunque, grazie per il «complimento». :)
Un'ultima replica (sennò mi allargo troppo coi fuori tema): non sempre è bello… ciò che è bello. L'opera di un magnifico «iconoclasta» come Céline non vale meno delle delizie di Nabokov. E qui, davvero, chiudo, ché altrimenti potremmo andare avanti per mesi. :D

P.S. Il mio complimento era ovviamente senza virgolette: ho grande stima per chi ama e sa cogliere il bello. :)
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Intervento di Souchou-sama »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Un'ultima replica (sennò mi allargo troppo coi fuori tema): non sempre è bello… ciò che è bello. L'opera di un magnifico «iconoclasta» come Céline non vale meno delle delizie di Nabokov. E qui, davvero, chiudo, ché altrimenti potremmo andare avanti per mesi. :D
Su questo mi trova perfettamente d’accordo. Certo non sarebbe necessario fare tali precisazioni lessicali, se soltanto il popol(in)o non confondesse cosí facilmente —per dirla con Kant— il Bello (artistico) con ciò che è (meramente) piacevole, e che invece i piú s’ostinano a chiamare «bello». Ma qui chiudo anch’io. :)
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