Perché «gossip» sta scalzando «pettegolezzo»?

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Ferdinand Bardamu
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Perché «gossip» sta scalzando «pettegolezzo»?

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ormai sentir dire o leggere pettegolezzo è una rarità. Per questo, mi vien fatto di chiedermi perché gossip abbia cosí tanto successo.

Occhei, anche differenziale per spread si sente poco (o mai), però qui la colpa è della maggiore tecnicità (percepita o cialtronescamente asserita) dell'inglese.

Ma gossip non ha niente di tecnico, a meno che non si voglia vedere qualche abilità nello sparlare all'acqua di rose di guitti e attricette. Non ha un'assonanza con qualche altra parola italiana, se non con SIP, la sigla della defunta azienda telefonica pubblica.

Ecco, mi appiglierei anche alla SIP, pur di non giustificarne la diffusione col mero martellamento televisivo. Ci sarà pure qualche ragione profonda per cui oggi le riviste rosa sono riviste di gossip:roll:
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

La ragione profonda è: se io non mi stimo, perché non so bene come stimarmi, cerco altrove; e l’altrove è l’inglese. Non perché l’inglese è la lingua perfetta, solo perché l’inglese è la lingua che fa vendere. Soprattutto se chi legge non capisce. E soprattutto se l’inglese è storpiato. Ma nessuno legge; e chi legge fa finta di capire. Al massimo, se è onesto, il lettore a sé stesso dirà, in cuor suo: «Forse questo giornale non lo compro piú solo perché mi vedano che lo leggo. Chissà, domani magari comincio a studiare, comincio a amare, comincio a vivere.»

E invece? Nessuno comincia niente. La vita non è ricordarsi d’un risveglio triste in un treno all’alba... La vita è scordare tutto e reinventare il già esistente. Nelle forme piú ridicole. Basta che appaia «nuovo».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

Sta scalzando? Gossip si trova già nella raccolta di Parole nuove (l'appendice di 12.000 voci al Dizionario moderno di Alfredo Panzini) di Bruno Migliorini del 1962, parole raccolte in base al criterio dell'uso incipiente:
Gossip writer. Termine giornalistico anglo-americano: "scrittore della diceria", specialista dello scandalo.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

A riprova del mutato atteggiamento della lessicografia, l’esempio di gossip – risalente al 1952 secondo il GRADIT – è sintomatico: non compare nei dizionari della seconda metà degli anni Ottanta: neanche nello Zingarelli undicesima edizione né nel Garzanti 1987. Oggi si registra persino yes e thank you. Cose normalissime. Naturalmente.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

Stando piú sul «terra terra», addurrei almeno due ragioni determinanti per cui gossip s’è affermato fino a questo punto:
1) Come sempre, la légge del minimo sforzo. Pettegolezzo è una parola impegnativa da pronunciare: cinque sillabe, due consonanti geminate… Non può regger il confronto con gossip, è chiaro. :)
2) Immaginate il seguente dialogo: Cosa stai leggendo? — Mah, niente, una rivista di gossip… Fin qui tutto liscio. Immaginate, invece, di dire: Sto leggendo una rivista di pettegolezzi. Ciò non sarebbe molto diverso dall’ammettere: Sono un pettegolo, e leggo riviste per pettegoli. Insomma, usare un termine straniero permette sempre d’opacizzare furbescamente il significato della parola. Dire m’interesso di gossip suona molto piú «trendy» e innocuo di m’interesso dei fatti altrui. — Allo stesso modo, provate a dire Abbiamo fatto un po’ di small talk, anziché Abbiamo ciarlato un po’. Funziona, eh?…

(Aggiornamento: OVVIAMENTE.)
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Souchou-sama ha scritto:2) Immaginate il seguente dialogo: Cosa stai leggendo? — Mah, niente, una rivista di gossip… Fin qui tutto liscio. Immaginate, invece, di dire: Sto leggendo una rivista di pettegolezzi.
Ma si potrebbe tranquillamente dire: Sto leggendo una rivista di cronaca rosa, o piú semplicemente: Leggo la cronaca rosa;)
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

Certamente. Sebbene io non abbia quasi mai sentito usare l’espressione cronaca rosa [il che, essendo io piuttosto ggiovane, collima con la citata supremazia del termine gossip negli ultimi anni], devo dire che mi garba alquanto: è cosí elegante e delicata che potrebbe benissimo adempiere la funzione «opacizzante» di gossip. :D Tuttavia, stavo rispondendo specificamente alla domanda di Ferdinand: «perché gossip sta scalzando pettegolezzo?». Ciò non toglie, ovviamente, che lo stesso concetto si possa esprimere in italiano con termini diversi da pettegolezzo (per es. il già citato diceria).
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

L'anno scorso a Palermo parlavo con due amici, marito e moglie, il cui inglese è inesistente, e non so come il discorso cadde un attimo su quell'attrice che una volta si accompagnava a un filosofo, e quando dissi questo, la moglie dice 'non sta più con lui, vedo che non sei aggiornato sul gossip'. Nessuna intenzione di opacizzazione, nessun tentativo di usare una parola più breve (!), ma, mi sembra, il semplice uso di una parola ormai incuneatasi nella lingua a seguito dell'uso martellante sui media e che viene usata anche da chi non sa mettere in fila due parole d'inglese.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:...e che viene usata anche da chi non sa mettere in fila due parole d'inglese.
Io direi che viene usata solo da chi non conosce (bene) la lingua inglese; chi la conosce (bene) non ha bisogno di ricorrere a anglicismi superflui.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Souchou-sama »

Freelancer ha scritto:Nessuna intenzione di opacizzazione, nessun tentativo di usare una parola più breve
Be’, ma lo stesso discorso vale per i media, no? chi piú di loro ha bisogno di brevità? e chi piú d’una rivista o d’un TG ha bisogno di spacciare un servizio che parla di pettegolezzi per qualcosa di meno infimo? ;) I media aggiungono un anello intermedio alla catena causa-effetto, ma la sostanza non cambia.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

La brevità e la «casellarietà-riempi-come-vuoi» degli involucri fonomorfologici inglesi costituiscono senz’altro fattori certi del loro successo. Tuttavia, se fosse solo questo, si sostituirebbero la maggior parte delle parole nostrali, che sono quasi tutte piú lunghe, almeno di una sillaba, e spesso di piú d’una. Per ciò stesso ho voluto insistere sul concetto piú profondo del desiderio – conscio o inconscio che sia – d’alterità. Chi sostiene che l’anglicismo è piú preciso (oltreché piú breve, ecc.) svela in realtà non solo i propri limiti cognitivi, ma il proprio vagheggiamento di qualcosa di «nuovo». E non vede che il vero nuovo è nella propria lingua perché ne conosce solo un atomo; e che nell’altra lingua trova solo l’ossuario di spente stagioni.

Se l’insegnamento dell’inglese in Italia fosse quello che non è, cioè efficace e dispensato da docenti preparati, il tasso di anglicismi che entrano nella lingua dell’uso sarebbe, ne sono certo, infinitamente minore. Solo un’approfondita conoscenza di questa lingua permette di evitare l’adozione di «preposterismi».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

Sono d’accordo con Lei. Dopotutto, abbiamo –tra le altre– una prova patentissima del fatto che gli anglicismi abbondino nella bocca di coloro che, l’inglese, non lo sanno: la pronuncia. Come si spiegherebbero i vari buling, chèrri, clèb, lèdi, pèrformans, règbi, sàspens, sprai &c &c, se non fossero stati introdotti da (pseudo)anglofili ignorantelli? :D — Inoltre, le pronunce «francesizzate» del tipo clöb, cörri, rögby &c dimostrano forse che l’odierna anglofilia non è altro che la naturale evoluzione della francofilia pre-novecentesca…
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Luca86
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Intervento di Luca86 »

Sono d'accordo anch'io: lingua anglica abundat in ore stultorum.
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Ma, dico io... perché fare le cose a metà? Perché fermarsi a un provinciale e ibrido riviste di gossip quando si potrebbe completare l'opera e chiamarle magazine di gossip (32.800 occorrenze: ma non mancherà, ne sono certo, qualche gossip magazine usato tal quale in un contesto vagamente italofono)?
Perché magazine sta scalzando "rivista"? Qui il vantaggio della brevità è al suo limite minimo: pari numero di sillabe, parola sdrucciola inglese contro parola piana italiana.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
MOZO
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Intervento di MOZO »

Marco1971 ha scritto:La brevità e la «casellarietà-riempi-come-vuoi» degli involucri fonomorfologici inglesi costituiscono senz’altro fattori certi del loro successo.
Trovo interessante questo spunto, che però temo di non cogliere appieno.
Intende una "casellarietà" reale o percepita tale da chi vi fa ricorso?
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