Freelancer ha scritto:Infarinato [url=viewtopic.php?p=36700#p36700]qui[/url] ha scritto:Diverso il caso di una «dislocazione a sinistra» (o «anticipazione», come preferiva chiamarla il Castellani: quando si parla, non c’è nessuna sinistra o destra, ma solo un prima e un dopo ;))…
Ma non si dice continuamente in questa sede che la lingua non è uno strumento logico-matematico e quindi non è necessario che le parole corrispondano esattamente al significato proprio?
Caro Roberto, in parte le ha già risposto Ferdinand.
Per parte mia, io mi sono semplicemente limitato a riportare il pensiero del Castellani, che converrà forse citare per intero (e che contiene l’obbiezione del nostro Gianni

):
Arrigo Castellani ha scritto:Io […] non userei i termini «dislocazione a destra» e «dislocazione a sinistra», dal momento che nella lingua parlata non esistono né la destra né la sinistra, ma solo il prima e il dopo (senza contare che anche nella scrittura la destra e la sinistra possono esser rovesciate, come per esempio in arabo, in ebraico e nell’uso di Leonardo da Vinci)
(Arrigo Castellani,
Ancora sull’“italiano dell’uso medio” e l’italiano normale, «Studi linguistici italiani» XX [1994], 123–6, ora in:
Id.,
Nuovi saggi di linguistica e filologia italiana e romanza [1976-2004], «Salerno Editrice», Roma 2010, vol. I, pp. 233–6 [
si cita da quest’edizione], p. 234).
Tuttavia,
ogni tanto un po’ di sano
burbachismo terminologico non fa male. A tal proposito mi fa sempre molto piacere ricordare la bacchettata data dallo stesso Castellani all’allora giovane Lepschy, che gli rimproverava un che di «sofistico» nel voler insistere sul fatto che il «fonema [andasse] inteso come elemento differenziatore di di
significanti e non di
significati, e che perciò il significato non [andasse] affatto preso in considerazione nell’analisi fonologica» (Giulio C. Lepschy,
La linguistica strutturale, «Einaudi», Torino 1966, p. 164):
Arrigo Castellani ha scritto:Il discorso del Lepschy mi sembra inesatto e fuorviante. Io non ho detto che «il significato non va affatto preso in considerazione» nell’analisi fonematica. Mi sono limitato, nella definizione del fonema, a usare la parola giusta che, come ha posto in rilevo il Buyssens e ribadito il Cantineau, è significanti e non significati. Ciò non toglie che il significato abbia primaria importanza. Le differenze tra i significanti corrispondono di norma a differenze tra i significati. Di norma, ma non sempre: si pensi alle coppie d’allotropi come denaro / danaro, frontespizio / frontispizio, lacrima / lagrima, ecc., o a una coppia come tra / fra, citata dallo stesso Lepschy poco piú oltre
(Arrigo Castellani, «Postilla [1977]» a «Fonotipi e fonemi in italiano [1956]»,
Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza [1946-1976], «Salerno Editrice», Roma 1980, vol. I, pp. 64–9, p. 65).