Sintassi dei nomi aziendali italiani

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Ferdinand Bardamu
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Sintassi dei nomi aziendali italiani

Intervento di Ferdinand Bardamu »

La sintassi dei nomi di molte piccole e medie imprese italiane segue due modelli:
  • sostantivo che indica l’attività caratteristica + cognome del titolare o del fondatore: es. Imballaggi Rettondini
  • cognome del titolare o del fondatore + sostantivo che indica l’attività caratteristica: es. Costantini Impianti
Mi chiedo se tutt’e due i modelli rispettino la sintassi genuina dell’italiano e se, perciò, non ci sia nel secondo caso un’influenza dell’inglese.

Lasciando a voi il cómpito di sottolineare le eventuali castroneríe del mio ragionamento, vi spiego perché mi è venuto questo dubbio.

La posizione dell’aggettivo in italiano, di norma, è dopo il sostantivo; l’aggettivo prima del sostantivo è quindi in posizione marcata.

Ora, nei tipi di nomi d’imprese di cui stiamo parlando, il nome del titolare sembra fungere da aggettivo; il nome dell’attività caratteristica, invece, è il sostantivo. Questo perché, a mio modo di vedere, l’azienda si identifica col suo prodotto, in specie se si tratta di piccole imprese.

Ne consegue che il tipo Costantini Impianti mostra l’aggettivo anteposto, mentre Imballaggi Rettondini segue la norma, con l’aggettivo posposto al sostantivo.

Che ne pensate?
marco1624
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Intervento di marco1624 »

Giustamente, dice Ferdinand, il nome dell'azienda sembra fungere da aggettivo.
Ritengo però che la scelta di sintassi così telegrafiche sia dettata da regole normative in fase di iscrizione presso la Camera di Commercio, di una più rapida visione e memorizzazione del nome dell'azienda su furgoni, auto aziendali, carta intestata, ecc.
Sintassi telegrafica che sottende qualcos'altro, come:

Imballaggi (ideati e realizzati da) Rettondini
Costantini (progetta e realizza) Impianti.

Questo, in mia opinione, potrebbe far cadere la tesi del nome aziendale come aggettivo.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Grazie della sua opinione.

A quanto so io (poco), non ci sono limiti formali per le ragioni sociali. Gli esempi che ho fatto io mostrano delle costanti, ma potrei portare controesempi di nomi d’azienda del tutto diversi.

Sicuramente, i nomi che ho citato potrebbero esser parafrasati come ha fatto Lei. Forse, piú che d’aggettivo e nome, avrei dovuto parlare di testa e modificatore, per questo Le chiedo: secondo Lei qual è la testa (cioè la parola fondamentale senza la quale non potrebbe sussistere il sintagma) nei miei esempi? e qual è il modificatore?
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

A orecchio, Imballaggi Rettondini mi suona più italiano e più normale (testa + modificatore, se ho correttamente inteso la terminologia). Il modello Costantini Impianti, per quanto diffuso, mi sembra più artificiale e sgraziato - e sospetto che il titolare si firmi "Costantini Giorgio". :wink:
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Scilens
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Intervento di Scilens »

La logica di una ragione sociale è anagrafica.
Gli esempi sono calzanti, perché gli imballaggi (primo termine) somo molto più specifici degli impianti, che invece sono caratterizzati dall'essere Costantini.

Il primo termine è quello da indicizzare per primo.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Scilens ha scritto:Gli esempi sono calzanti, perché gli imballaggi (primo termine) somo molto più specifici degli impianti, che invece sono caratterizzati dall'essere Costantini.
Beh, a dire il vero avrei anche potuto usare la stessa ragione sociale invertendone gli elementi.
Scilens ha scritto:La logica di una ragione sociale è anagrafica.
A quanto mi risulta, non è necessario che la ragione sociale contenga il nome o il cognome del titolare: una lavanderia si può chiamare indifferentemente Pulilampo o Lavanderia Rossi. (Mi dica pure se ho male interpretato la Sua osservazione.)
Animo Grato ha scritto:A orecchio, Imballaggi Rettondini mi suona più italiano e più normale (testa + modificatore, se ho correttamente inteso la terminologia). Il modello Costantini Impianti, per quanto diffuso, mi sembra più artificiale e sgraziato - e sospetto che il titolare si firmi "Costantini Giorgio".
Questa è anche la mia sensazione. Forse, in taluni casi, il cognome in prima posizione riecheggia l’uso burocratico, magari fatto proprio dallo stesso titolare, come fa notare Lei. A questo proposito, riporto un passo di Bruno Migliorini («La lingua italiana e le condizioni del suo svolgimento», in La lingua italiana nel Novecento, Sansoni, Firenze, 1990, p. 15): «Si deve all’amministrazione, che trova comodo l’ordine alfabetico, l’uso di premettere il cognome al nome (Bassi Antonio in luogo di Antonio Bassi), uso che si è divulgato anche all’infuori dei rapporti fra stato e individuo, specie nei ceti meno colti».
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Ha interpretato bene, la ragione anagrafica si riferisce al ricercare per evidenziare il primo termine di un elenco, dove però il cognome non è necessariamente il primo e più importante. Ma non credo che ci sia una regola italiana, quanto piuttosto un "intento d'uso" che dipende dal modo in cui si vuole pubblicizzare un'attività o/e da quanto sia già conosciuta, nel caso di una ditta artigiana o commerciale che magari è legata alla serietà e onorabilità di una persona conosciuta dal cognome. O dal nome (pizzeria da Pinuccio).
La ragione sociale deve essere sintetica, facilmente memorizzabile e non equivoca (a meno che non s'intenda sfruttare una precedente notorietà). Il suo esempio di lavanderia Pulilampo potrebbe essere meglio centrato, perché il solo nome fa pensare più ad un'impresa di pulizie anni '60-'70, mentre per esempio un Adalava (la prima che mi viene) è completo, facile, reinterpretabile (per es. ha'(i)da lavà) per la memorizzazione e essendo ai primi posti di un database (o come volete chiamarlo), oltre ad esser trovato subito, viene visto tante di quelle volte che il ricordo si rafforza, senza possibilità di equivoco con altre attività.
Per paradosso, ma non tanto, anche un errore in questi casi può essere utile a differenziarsi, per esempio con l'introdurre una dissonanza per risvegliare almeno un minimo d'interesse, a partire dal tigre nel motore, passando per l'ìncavo, per finire con Wellcome.
Dunque la logica da seguire non è detto che metta al primo posto la correttezza linguistica.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Scilens ha scritto:…mentre per esempio un Adalava (la prima che mi viene) è completo, facile, reinterpretabile (per es. ha'(i)da lavà)…
Codesto, proprio no. Bisognerebbe scriverlo Adallavà. ;)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Scilens ha scritto:Dunque la logica da seguire non è detto che metta al primo posto la correttezza linguistica.
Questo è vero in generale, ma, personalmente, dubito che si possa chiamare in causa qualche forma di strategia commerciale. Rimanendo sul vago, direi che le piccole e medie imprese possono (potevano) contare su un bacino d’utenza locale, qualche volta provinciale, altre volte addirittura rionale. Il passaparola può piú di un passaggio in televisione.

C’è poi da aggiungere che spesso queste ditte sono piú concentrate nella loro attività che nel modo in cui pubblicizzarla. Se consideriamo, poi, che molte furono fondate quando la Rete era ancora di là da venire e la pubblicità potevano farla tutt’al piú sui media locali (peraltro secondo uno schema elementare: nome, attività, indirizzo, numero di telefono), capiamo come un meditato studio promozionale sia, se non improbabile, molto difficile.

Credo che l’«intento d’uso», come correttamente lo chiama Lei, sia da ricercarsi altrove. E qui, a questo punto della discussione, ammetto di non avere piú la certezza del mio primo intervento. Attribuire la forma «cognome + nome d’attività» a un influsso inglese è forse fuori luogo: segnalerebbe una malizia eccessiva per la nostra conoscenza dell’inglese.

Ma c’è di piú. Con tutti i manifesti limiti d’una generalizzazione, si possono individuare, in ordine sparso e senza la pretesa d’essere esaustivi, alcuni moventi. Ci potrebbe essere la tendenza a echeggiare l’uso burocratico: il piccolo imprenditore dà alla sua «creatura» il suo nome, seguendo l’ordine degli elementi (cognome, nome) che lui stesso usa per firmarsi. Oppure si vuole mettere in evidenza l’oggetto dell’attività, collocando il cognome in seconda posizione. Oppure ancora, il titolare, per narcisismo o perché il suo nome, in un modo o nell’altro, è noto, mette il suo cognome in bella mostra.

Sia come sia, direi che su una cosa possiamo essere pienamente d’accordo: che la correttezza grammaticale non sia tenuta in gran conto.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Io, prima di arrivare in fondo alla riga, avevo capito "Ada lava" (/'ada 'lava/), insomma una lavanderina di nome Ada.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Infatti il primo senso e il più evidente sarebbe quello, ma possiamo trovarne altri, rimanendo sempre in tema di lava(nderia).

Infarinato ha senz'altro ragione, ma più che ricostruire il suono, sopra cercavo di essere comprensibile anche ai non toscani e segnalare nel verbo sia la seconda che la terza persona singolare.

Il piccolo imprenditore da spesso il suo nome alla ditta, perché la ditta individuale è... individuale!

Qualunque nome abbia la ditta, la ragione sociale comprende sempre nome e cognome del proprietario, non si può scegliere.
Nel caso delle società è diverso e spessissimo viene scelta una sigla composta dai nomi dei soci.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Scilens ha scritto:Qualunque nome abbia la ditta, la ragione sociale comprende sempre nome e cognome del proprietario, non si può scegliere.
In questo ha ragione: se non erro, la forma delle ditte individuali è Nome Ditta di Mario Rossi; la mia riflessione si limita alla parte «variabile» della ragione sociale.
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Bisogna stare attenti a non confondere la ditta, il nome commerciale sotto cui l'impresa esercita, con l'insegna, l'insieme degli elementi con cui si identifica, che spesso si limita a essere soltanto un nome (derivato dalla ditta) stampato sull'insegna fisica e, tal volta, su veicoli e stampati.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Una volta nei piccoli paesi l'insegna diceva solo Alimentari, Fiaschetteria, Ferramenta, Calzolaio, o Barbiere, o anche la sola colonnina di legno a strisce oblique rosse e bianche e argentate o dorate. Il fabbro non aveva nemmeno l'insegna, come l'ortolano, perché fuori erano appoggiati ed esposti i manufatti e gli ortaggi.

La necessità di differenziarsi nasce in seguito, ed è per questo, gentile Ferdinand Bardamu che non condivido il suo "dubito che si possa chiamare in causa qualche forma di strategia commerciale", perché lo scopo di una azienda, per piccola che sia, è solo commerciale. E per quanto possa essere incolto il proprietario i suoi interessi e sforzi sono volti al successo dell'impresa.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Scilens ha scritto:La necessità di differenziarsi nasce in seguito, ed è per questo, gentile Ferdinand Bardamu che non condivido il suo "dubito che si possa chiamare in causa qualche forma di strategia commerciale", perché lo scopo di una azienda, per piccola che sia, è solo commerciale. E per quanto possa essere incolto il proprietario i suoi interessi e sforzi sono volti al successo dell'impresa.
Idealmente sono d’accordo con Lei. Bisognerebbe però verificare se, in realtà, chi dà alla sua azienda un nome di quelli che abbiamo visto lo faccia per una strategia commerciale.

Insomma, il mio punto è questo: comunque si dispongano gli elementi, la combinazione di cognome + nome dell’attività o viceversa non è granché come idea per posizionarsi in un mercato affollato di concorrenti. In ispecie se questo modulo è quasi la norma per le piccole imprese.
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