[xTSC] Da cosa deriva la negazione «’un» in fiorentino?
Moderatore: Dialettanti
[xTSC] Da cosa deriva la negazione «’un» in fiorentino?
Salve a tutti
Da cosa deriva la negazione "un" in fiorentino? Vi sono affinità con il siciliano "nun"? In tal cosa forse sarebbe più corretto scrivere 'un con l'apostrofo?
grazie
Da cosa deriva la negazione "un" in fiorentino? Vi sono affinità con il siciliano "nun"? In tal cosa forse sarebbe più corretto scrivere 'un con l'apostrofo?
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Grazie, non dubitavo punto. Più specificamente deriva da nun?Carnby ha scritto:Dalla stesso etimo dell'italiano non, del romanesco nun ecc.: latino NŌN.
- Infarinato
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Sí, la trafila è NŌN [noːn(ː)] > non [non(ː)] (è la forma passata alla lingua nazionale) > (protonia [sintattica] come in cucina, mulino, ubbidire, uccidere, ulivo etc.) nun (forma anche toscana, ma ormai desueta) > (aferesi) ’un.
Ricordiamo inoltre che ’un è negazione soltanto preverbale (’un si vede); la negazione prenominale è no /nɔ*/ (Pisa, no Firenze).
Ricordiamo inoltre che ’un è negazione soltanto preverbale (’un si vede); la negazione prenominale è no /nɔ*/ (Pisa, no Firenze).
- Infarinato
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Nööööööööööööööööööö!
La trafila riportata qui sopra è da intendersi tutta interna al fiorentino (e, come ho cercato di dimostrare, trova piena giustificazione nell’àmbito della fonetica storica fiorentina/italiana).
D’altra parte, non sarebbe concepibile che un morfema fondamentale come non (coi suoi «allomorfi» nun, ’un e no) fosse un prestito.
La trafila riportata qui sopra è da intendersi tutta interna al fiorentino (e, come ho cercato di dimostrare, trova piena giustificazione nell’àmbito della fonetica storica fiorentina/italiana).
D’altra parte, non sarebbe concepibile che un morfema fondamentale come non (coi suoi «allomorfi» nun, ’un e no) fosse un prestito.
- Millermann
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Salve a tutti! Ho notato una certa analogia col mio dialetto (cosentino tirrenico, al confine fra i dialetti alto-meridionali e meridionali estremi): anche qui la negazione prenominale è "no*", mentre il "non" preverbale diventa semplicemente "on", con la o lunga dovuta alla caduta della prima n.
Alcuni esempi:
Non ne ho - Ôn ni tíëgnu
Non ne voglio - Ôn ni vúëgliu
(Notare l'uso di tenere per avere, come in napoletano, e le terminazioni in -u, come in siciliano. Per rendere bene la pronuncia dei dittonghi ho fatto uso dello scevà, ë).
Quando questo "on" non è seguito da un'altra n o da una vocale (quindi, quasi sempre), cade anche la seconda n, o meglio si assimila alla consonante successiva, provocandone il raddoppiamento:
Non lo so - Ôllu sàcciu
Non si vede - Ôssi vide
Accade questo anche nel fiorentino? Ed è una cosa frequente, ovvero esistono tanti altri dialetti in cui la negazione preverbale si riduce, praticamente, a una vocale?
Alcuni esempi:
Non ne ho - Ôn ni tíëgnu
Non ne voglio - Ôn ni vúëgliu
(Notare l'uso di tenere per avere, come in napoletano, e le terminazioni in -u, come in siciliano. Per rendere bene la pronuncia dei dittonghi ho fatto uso dello scevà, ë).
Quando questo "on" non è seguito da un'altra n o da una vocale (quindi, quasi sempre), cade anche la seconda n, o meglio si assimila alla consonante successiva, provocandone il raddoppiamento:
Non lo so - Ôllu sàcciu
Non si vede - Ôssi vide
Accade questo anche nel fiorentino? Ed è una cosa frequente, ovvero esistono tanti altri dialetti in cui la negazione preverbale si riduce, praticamente, a una vocale?
- Infarinato
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Accade in quasi tutt’i dialetti toscani, ma solo quando la consonante successiva è una /l/ o, meno sistematicamente, una /r/, e solo nelle varianti rustiche o comunque a ritmo allegro:Millermann ha scritto:Quando questo "on" non è seguito da un'altra n o da una vocale (quindi, quasi sempre), cade anche la seconda n, o meglio si assimila alla consonante successiva, provocandone il raddoppiamento:
Non lo so - Ôllu sàcciu
Non si vede - Ôssi vide
Accade questo anche nel fiorentino?
- «Non lo so»: ’un lo so > ’u [lː]o so;
- «Non ragiona»: ’un ragiona (> ’u [rː]agiona);
- «Non si vede»: ’un ([t])si vede;
- «Non casca»: ’un casca.
- u merlu rucà
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Non è facile capire dai pochi esempi. Zona Lausberg, cioè a vocalismo sardo o zona di transizione tra vocalismo sardo e siciliano? Se non sbaglio c'è metafonia con dittonghi discendenti. Nel suo dialetto è usato sempre tenere o, come in alcuni, c'è differenza fra avere lessicale (tenere) e avere possessivo (avere)? Azzardo che il suo dialetto sia uno di questi: Tortora, Aieta, Laino Borgo, Santa Domenica Talao, San Nicola Arcella, Scalea, Verbicaro, Grisolia, San Donato di Ninea, Buonvicino.Millermann ha scritto:Ho notato una certa analogia col mio dialetto (cosentino tirrenico, al confine fra i dialetti alto-meridionali e meridionali estremi)…
Largu de farina e strentu de brenu.
- Millermann
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Dall'indizio che avevo fornito (al confine fra i dialetti alto-Zona Lausberg, cioè
a vocalismo sardo o zona di
transizione tra vocalismo
sardo e siciliano?
meridionali e meridionali
estremi) speravo si capisse che non parlavo della zona Lausberg, ma immediatamente più a sud.
Come (non) avrà potuto notare dai (troppo) pochi esempi, infatti, il vocalismo è già di tipo siciliano, mentre la metafonia è di tipo discendente. Tuttavia, più a nord (nella zona Lausberg) il dittongo sarebbe completamente riassorbito in vocale lunga!
Per quanto concerne tenere per avere, qui si usa in entrambe le accezioni, lessicale e possessiva. Avere si usa solo come ausiliare.Nel
suo dialetto è usato sempre
tenere o, come in alcuni, c'è
differenza fra avere lessicale
(tenere) e avere possessivo
(avere)?
Il mio dialetto non è, perciò, nessuno di quelli da lei citati. Se vuole, le lascio ancora il dubbio, con un nuovo indizio: cerchi pure direttamente tra le isoglosse, dal lato tirrenico!Azzardo che il suo
dialetto sia uno di questi:
Tortora, Aieta, Laino Borgo,
Santa Domenica Talao, San
Nicola Arcella, Scalea,
Verbicaro, Grisolia, San
Donato di Ninea, Buonvicino.
Aggiunta:
Gentile Infarinato, la ringrazio moltissimo per le sue precisazioni, e mi scusi se prima mi è sfuggito di farlo!
Dunque, se ho ben inteso, solo in alcuni casi la negazione si riduce a semplice vocale, e solo in un registro poco sorvegliato.
- SinoItaliano
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Anche a Roma si dice cosí. Mi sono sempre chiesto se fosse accettabile in italiano standard.Infarinato ha scritto:Ricordiamo inoltre che ’un è negazione soltanto preverbale (’un si vede); la negazione prenominale è no /nɔ*/ (Pisa, no Firenze).
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
- Infarinato
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…o a ritmo allegro. Ma è concettualmente sbagliato parlare di «riduzione a semplice vocale»: come Lei stesso riconosceva nel suo primo intervento, si tratta di assimilazione [totale] regressiva.Millermann ha scritto:Dunque, se ho ben inteso, solo in alcuni casi la negazione si riduce a semplice vocale, e solo in un registro poco sorvegliato…
Aggiungo che in fiorentino (ma il fenomeno non è pantoscano) si ha il raddoppiamento della /n/ di ’un davanti a vocale:
- «Non è lui»: ’u[nː] è lui;
- «Non ho capito»: ’u[nː] ho capito.
No, non è accettabile.SinoItaliano ha scritto:Anche a Roma si dice cosí. Mi sono sempre chiesto se fosse accettabile in italiano standard normale.Infarinato ha scritto:Ricordiamo inoltre che ’un è negazione soltanto preverbale (’un si vede); la negazione prenominale è no /nɔ*/ (Pisa, no Firenze).
- u merlu rucà
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