Apani ha scritto:Poi, se uno sa l'inglese, legge "Bug" e pensa sia a "Baco" che a un errore di programmazione, non vedo come persuaderlo a usare l'italiano
Non ne sono convinta.
Conosco abbastanza l'inglese da "pensare" frasi direttamente in quella lingua, se resto immersa più di due giorni in un ambiente anglofono.
E in questo stesso foro ho difeso più di una volta - in passato, prima di essere ridotta al silenzio dagli integralisti islamici

- l'uso dei termini tecnici in inglese all'interno delle comunicazioni scientifiche o comunque di un qualsivoglia gergo tecnico fra "addetti ai lavori".
Nonostante tutto ciò, "bug" mi evoca un qualcosa di ostrogoto che c'entra con l'informatica e che richiede per la comprensione di dettaglio l'intervento di un amico esperto - qui non c'entra la comprensione dell'inglese, bensì del gergo informatico o informatichese - oppure un "niente del tutto", schermo bianco: non c'è immagine mentale corrispondente, almeno sino a che non attivo la modalità "anglopensante".
Che non mi viene naturale, come prima risposta, e soprattutto, si attiva solo in presenza di parlanti in inglese corrente, non di singoli sintagmi sparsi a caso in un discorso in italiano.
Potenzialmente, i vocaboli "inglesi" erranti potrebbero riagganciarsi a più di una lingua, e avere significato diverso in ciascuna di esse, con la conseguente difficoltà di comprensione.
Si risponderà che è il discorso stesso a eliminare l'ambiguità della parola, ma in realtà posso avere due casi effettivi:
- il discorso è relativo a argomento informatico, e quindi automaticamente il mio pensiero andrà a "quella cosa lì che non so cos'è", e torno a telefonare all'amico informatico (e il bruco, o scarafone che dir si voglia, non c'entra per niente)
- il discorso non tratta di informatica, e allora, prima di analizzare il contesto e disambiguare (è un calco vichipediano?...) il vocabolo, mi vien da usare una poco cortese esortazione di viaggio verso l'interlocutore... o, per tornare a un idioma più proprio, di invitarlo a parlare come mangia.
La comunicazione per essere efficace deve essere innanzitutto immediata. Se devo stare a pensare a come decifrare un termine alieno, già ci sono dei problemi.
Se quel termine ha un equivalente in italiano... beh, allo stato attuale della lingua posso solo notare la scortesia di che fa di tutto per apparire "diverso", mettendomi in difficoltà e impedendomi una comprensione immediata e istintiva.
Apani ha scritto:Ma certa gente favorisce l'uso dell'inglese, lo sa bene.
Sono quindi sicuro che in molti preferirebbero di gran lunga studiarsi l'espressività completa dei termini inglesi, riporgerla in un cassetto della loro memoria e continuare a comunicare con i suddetti grugniti, piuttosto di impiegare un'italianizzazione "fascista" e "antiglobalista".
Non favorisce "l'uso dell'inglese" bensì il prelievo forzoso di alcuni sintagmi, per rilanciarli nell'acqua fonda di una lingua ad essi estranea.
Ché una lingua non è solo un elenco di parole, bensì tutte le articolate strutture di pensiero entro cui quelle parole vanno a inserirsi, declinandosi/coniugandosi di volta in volta nella maniera che la convenzione alla base di quella forma di pensiero ha stabilito e codificato.
Non credo che "l'espressività completa" possa essere studiata, resta sempre un "fondo" evocativo che è strettamente legato all'esperienza personale e che nessun libro può comunicare.
E' lo stesso motivo per cui, scrivendo in inglese, un madre lingua mi corregge un aggettivo pur appropriato, usando un sinonimo che per lui "a orecchio" suona più preciso e significativo. A volte ero stata indecisa fra i due termini, e la mia scelta alla fine era stata determinata da echi e risonanze della mia esperienza personale, del mio vissuto di non madrelingua. A livello di sfumatura, il significato di quel vocabolo per me era diverso, non percepivo ciò che vi percepiva un madrelingua.
Credo che per arrivare a quel livello di comprensione, o si è "naturalmente vocati" per le lingue, oppure occorra immergersi a lungo nella parlata locale.
E smettiamola, per favore, con questo abuso dell'aggettivo "fascista" applicato a qualsiasi tentativo di difesa della lingua!
Ebbene sì, i fascisti difendevano l'italiano. Ma, noti bene, taluni guidavano anche l'auto, molti amavano mangiare dolci, e tutti, credo, espletavano i propri bisogni fisiologici... dunque, anche tutte queste azioni sono deprecabili in quanto "fasciste"?...
