Beh, Schadenfreude rimanda a un concetto tutto sommato universale. Che i tedeschi abbiano una parola per indicarlo non toglie che si possa rendere efficacemente anche in italiano, per esempio con una a noi congeniale callida giuntura: gioia maligna.Animo Grato ha scritto:A costo di attirarmi qualche antipatia, mi dichiaro felice del fatto che alcuni "concetti" che giudico sgradevoli restino al margine della mia visione del mondo, e che pertanto i riflessi verbali di tali "concetti" rimangano intradotti: la Schadenfreude è un sentimento squisitamente tedesco, e glielo lascio volentieri - parola compresa.
«Schadenfreude»
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«Schadenfreude»
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data mar, 23 set 2014 17:09, modificato 1 volta in totale.
Il sostantivo Schadenfreude si può tradurre in aticofilia o faulofilia.Ferdinand Bardamu ha scritto:Beh, Schadenfreude rimanda a un concetto tutto sommato universale. Che i tedeschi abbiano una parola per indicarlo non toglie che si possa rendere efficacemente anche in italiano, per esempio con una a noi congeniale callida giuntura: gioia maligna.
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Qualcuno potrebbe sciogliere questi composti, spiegando atico- e faulo-?DMW ha scritto:Il sostantivo Schadenfreude si può tradurre in aticofilia o faulofilia.Ferdinand Bardamu ha scritto:Beh, Schadenfreude rimanda a un concetto tutto sommato universale. Che i tedeschi abbiano una parola per indicarlo non toglie che si possa rendere efficacemente anche in italiano, per esempio con una a noi congeniale callida giuntura: gioia maligna.
L'aggettivo greco ἀτυχής (atychḗs) significa «sfortunato» (e il sostantivo ἀτυχία «sfortuna»). Invece φαῦλος (fâulos) significa «cattivo» (e sostantivato, τὸ φαῦλος «il male»).Freelancer ha scritto:Qualcuno potrebbe sciogliere questi composti, spiegando atico- e faulo-?
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In tutti i casi che mi vengono in mente, la "Υ" greca è diventata "i" in italiano: ipnosi, licantropo, Odissea...
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La "υ" si pronunciava in greco classico come la u inglese o in determinati dittonghi come la u nostrana. Per quanto riguarda la seconda parte, in cui dici che la "υ" isolata si è evoluta in y dico che non è sempre cosi, infatti ci sono parole come caduceo che viene dal greco κῆρυξ (kerux) che significava araldo (il cui genitivo è κερυκος (c'è stato una sorta di rotacismo al contrario che ha fatto diventare quel Ro (ρ) una D , come è successo in armadio, che infatti un tempo si chiamava armario) ) , oppure come in cubo da κυβος. Scusate la poca eleganza ed eventuali errori di lessico/ortografia/grammatica ma le ricerche per accavallare le mie tesi hanno richieste ore e sto scrivendo questo alle 4:32 di notte...
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Perché? Perché?? Perché???Pugnator ha scritto:Scusate la poca eleganza ed eventuali errori di lessico/ortografia/grammatica ma le ricerche per accavallare avallare le mie tesi hanno richieste richiesto ore e sto scrivendo questo alle 4:32 di notte...

Se a Lei, com’è del tutto evidente, mancano le basi (mancanza cui non può certo sopperire con una [pur lunga] ricerca notturna, ma che richiederebbe anni di studio), perché perde tempo a cercare di avallare tesi insostenibili anziché tacere e ascoltare chi ne sa piú di Lei?
Questo è un fòro sulla lingua italiana per cui siamo già ampiamente fuori tema, ma molto rapidamente la informo che in greco arcaico [preclassico] la υ valeva [u(ː)] proprio come la u [vocalica] latina (e lo stesso discorso vale praticamente per tutte le lingue indoeuropee antiche). A quest’epoca risalgono prestiti [arcaici, appunto] come CŬBUS (< κύβος), CĀDŪCĔUM (forse < καρύκειον), GŬBERNĀRE (< κυβερνᾶν), CRŬPTA (< κρύπτη), variante arcaica/popolare di CRYPTA (che rispecchia invece la pronuncia seriore classica, da cui la voce dotta cripta in italiano), da cui l’italiano grotta (etimologicamente ancora pronunciato con la o chiusa nell’Italia meridionale), etc.
In epoca classica, questo valore originario della υ greca si è mantenuto nei dittonghi (laddove, ovviamente, questi non si siano a loro volta monottongati in qualcos’altro), ma in isolamento si è mutato in [y(ː)] (che non è la u [lunga] inglese, ma semmai la u francese o la ü tedesca!), di qui la trascrizione y in latino classico (pronunciato per isfoggio [y(ː)] dai latini colti, ma [i(ː)] dal popolo), e quindi il passaggio a i /i/ in italiano.
Infine, in epoca ellenistica (e quindi bizantina e moderna) la υ ha perso l’elemento labiale e si è ridotta a /i/, e come tale si è continuata in greco moderno.
Ma i grecismi dòtti arrivati fino a noi (e i neologismi greci o greco-latini coniati in epoca moderna) seguono tutti la trascrizione latina classica y, che in italiano diventa i. Chiaro?… E ora davvero basta.
In questo fòro ci si dà del «Lei» se non ci si conosce personalmente!Pugnator ha scritto: Per quanto riguarda la seconda parte, in cui dici…

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