«Si» passivante in presenza di un modale e un transitivo
Moderatore: Cruscanti
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«Si» passivante in presenza di un modale e un transitivo
Buongiorno!
Ho un problema ad accettare come corretta questa frase:
"Io penserei che una differenza dovesse avvertirsi."
Il primo dubbio è sulla concordanza dei tempi.
Il secondo, più complicato per me, riguarda la posizione del si passivante che si trova enclitico all'infinito mentre io credo debba trovarsi proclitico (o enclitico se fosse all'infinito) al modale.
Inoltre vi inserirei un pronome di ripresa.
Considerando corretta la concordanza dei tempi (anche se trovo il congiuntivo presente più idoneo rispetto all'imperfetto), quale delle seguenti varianti inclusa l'originale può essere considerata corretta o accettabile in italiano standard o in altri registri?
1. «Io penserei che una differenza la si [dovesse / debba] avvertire»;
2. «Io penserei che una differenza si [dovesse / debba] avvertirla»;
3. «Io penserei che una differenza [dovesse / debba] essere avvertita».
Più esplicitamente:
A. è possibile utilizzare il si passivante per dare forma passiva a un verbo transitivo non pronominale? (credo di sì)
B. e se quest'ultimo è accompagnato da un verbo servile? (credo di sì)
C. Se è possibile utilizzarlo, come devono essere inclusi i clitici nella frase? In posizione enclitica all'infinito o proclitica al modale? (credo debba essere proclitica o enclitica all'eventuale infinito modale: "doversi avvertire")
D. Se 1. e 2. sono corrette, il pronome la è necessario o superfluo/pleonastico alla costruzione?
Ringrazio anticipatamente chiunque possa dare il proprio contributo.
Ho un problema ad accettare come corretta questa frase:
"Io penserei che una differenza dovesse avvertirsi."
Il primo dubbio è sulla concordanza dei tempi.
Il secondo, più complicato per me, riguarda la posizione del si passivante che si trova enclitico all'infinito mentre io credo debba trovarsi proclitico (o enclitico se fosse all'infinito) al modale.
Inoltre vi inserirei un pronome di ripresa.
Considerando corretta la concordanza dei tempi (anche se trovo il congiuntivo presente più idoneo rispetto all'imperfetto), quale delle seguenti varianti inclusa l'originale può essere considerata corretta o accettabile in italiano standard o in altri registri?
1. «Io penserei che una differenza la si [dovesse / debba] avvertire»;
2. «Io penserei che una differenza si [dovesse / debba] avvertirla»;
3. «Io penserei che una differenza [dovesse / debba] essere avvertita».
Più esplicitamente:
A. è possibile utilizzare il si passivante per dare forma passiva a un verbo transitivo non pronominale? (credo di sì)
B. e se quest'ultimo è accompagnato da un verbo servile? (credo di sì)
C. Se è possibile utilizzarlo, come devono essere inclusi i clitici nella frase? In posizione enclitica all'infinito o proclitica al modale? (credo debba essere proclitica o enclitica all'eventuale infinito modale: "doversi avvertire")
D. Se 1. e 2. sono corrette, il pronome la è necessario o superfluo/pleonastico alla costruzione?
Ringrazio anticipatamente chiunque possa dare il proprio contributo.
- Animo Grato
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- Iscritto in data: ven, 01 feb 2013 15:11
Buona sera e benvenuto su Cruscate!
Per la concordanza dei tempi, penserei che dovesse non mi turba affatto, ammesso che l'autore voglia indicare due piani temporali diversi: penserei [oggi] che dovesse [in passato]; se, viceversa, il pensatore si riferisce a qualcosa che sta accadendo in quello stesso momento, la forma corretta, a mio avviso, è solo penserei che debba.
Il si può unirsi all'infinito che lo richiede (ad esempio, deve avvicinarsi) o precedere il servile (si deve avvicinare): questa "risalita del clitico" è squisitamente italiana, ovvero è una costruzione tipica della nostra lingua, e può lasciare interdetto lo straniero che voglia impararla. In altre parole, è la costruzione migliore, proprio perché è la meno meccanica.
Il problema delle varie interpolazioni di si e la è contemporaneamente più spinoso e... inutile, perché quella costruzione è estranea all'uso toscano e alla tradizione letteraria, come osservò (correggendo proprio il sottoscritto) il nostro Infarinato. Pertanto, l'unica frase inappuntabile è «Io penserei che una differenza si [dovesse / debba] avvertire».
Per un approfondimento sull'uso (e il non uso!
) dei pronomi nella costruzione impersonale, veda il collegamento contenuto in questo vecchio intervento.
Per la concordanza dei tempi, penserei che dovesse non mi turba affatto, ammesso che l'autore voglia indicare due piani temporali diversi: penserei [oggi] che dovesse [in passato]; se, viceversa, il pensatore si riferisce a qualcosa che sta accadendo in quello stesso momento, la forma corretta, a mio avviso, è solo penserei che debba.
Il si può unirsi all'infinito che lo richiede (ad esempio, deve avvicinarsi) o precedere il servile (si deve avvicinare): questa "risalita del clitico" è squisitamente italiana, ovvero è una costruzione tipica della nostra lingua, e può lasciare interdetto lo straniero che voglia impararla. In altre parole, è la costruzione migliore, proprio perché è la meno meccanica.
Il problema delle varie interpolazioni di si e la è contemporaneamente più spinoso e... inutile, perché quella costruzione è estranea all'uso toscano e alla tradizione letteraria, come osservò (correggendo proprio il sottoscritto) il nostro Infarinato. Pertanto, l'unica frase inappuntabile è «Io penserei che una differenza si [dovesse / debba] avvertire».
Per un approfondimento sull'uso (e il non uso!

«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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- Iscritto in data: mar, 30 giu 2015 13:27
Buongiorno Animo Grato! Desidero ringraziarLa sia per il "benvenuto" che per la risposta al quesito che vi ho posto. 
Se corretto, quali possibili soluzioni sono o non sono corrette grammaticalmente a livello standard nell'esempio proposto?

Sì, ma il si a cui Lei si riferisce è quello pronominale e non quello passivante o impersonale. Giusto?Animo Grato ha scritto:Il si può unirsi all'infinito che lo richiede (ad esempio, deve avvicinarsi) o precedere il servile (si deve avvicinare): questa "risalita del clitico" è squisitamente italiana, ovvero è una costruzione tipica della nostra lingua, e può lasciare interdetto lo straniero che voglia impararla. In altre parole, è la costruzione migliore, proprio perché è la meno meccanica.
Se corretto, quali possibili soluzioni sono o non sono corrette grammaticalmente a livello standard nell'esempio proposto?
A questo proposito, quel che ho capito è che, nella frase di partenza, in assenza del pronome di ripresa ci troviamo di fronte ad una costruzione passiva; d'altro canto, con la presenza del pronome, la costruzione è di tipo impersonale. Sbaglio?Animo Grato ha scritto:Il problema delle varie interpolazioni di si e la è contemporaneamente più spinoso e... inutile, perché quella costruzione è estranea all'uso toscano e alla tradizione letteraria, come osservò (correggendo proprio il sottoscritto) il nostro Infarinato. Pertanto, l'unica frase inappuntabile è «Io penserei che una differenza si [dovesse / debba] avvertire».
Per un approfondimento sull'uso (e il non uso!) dei pronomi nella costruzione impersonale, veda il collegamento contenuto in questo vecchio intervento.
Esatto, caro Marco. In penso che una differenza si debba avvertire, il si è passivante. Al passivo, infatti, dovremmo avere penso che una differenza debba essere avvertita, se non dico castronerie. In penso che la si debba avvertire, il si è impersonale, dal momento in cui è presente il clitico accusativo che rimpiazza il sintagma nominale. Come le ha già detto Animo Grato, però, questa è una costruzione corretta in italiano moderno, ma estranea all'uso toscano piú genuino. Di sfuggita aggiungo che una frase come penso che una differenza la si debba avvertire è invece del tutto agrammaticale. Se le può interessare, le suggerisco anche quest'altro filone.Marco Treviglio ha scritto:A questo proposito, quel che ho capito è che, nella frase di partenza, in assenza del pronome di ripresa ci troviamo di fronte ad una costruzione passiva; d'altro canto, con la presenza del pronome, la costruzione è di tipo impersonale. Sbaglio?

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- Interventi: 142
- Iscritto in data: mar, 30 giu 2015 13:27
La ringrazio molto per la sua risposta, caro Ivan. In essa, però, v'è un passo che mi è poco chiaro:
Se la frase è in diatesi attiva con verbo transitivo e oggetto preposto, ossia con dislocazione a sinistra (OSV anziché SVO), la norma non impone la presenza di un pronome di ripresa?
Non capisco il perché di tale affermazione.Ivan92 ha scritto:Di sfuggita aggiungo che una frase come penso che una differenza la si debba avvertire è invece del tutto agrammaticale.
Se la frase è in diatesi attiva con verbo transitivo e oggetto preposto, ossia con dislocazione a sinistra (OSV anziché SVO), la norma non impone la presenza di un pronome di ripresa?
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
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- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
Beh, non proprio. Fermo restando che l’uso migliore — il piú conforme alla nostra tradizione — è quello del cosiddetto si passivante, la frase in questione è perfettamente grammaticale in italiano moderno: si tratta di una banalissima «dislocazione a sinistra» con clitico di ripresa, come ha già detto Marco Treviglio.Ivan92 ha scritto:Di sfuggita aggiungo che una frase come penso che una differenza la si debba avvertire è invece del tutto agrammaticale.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
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- Località: Legnago (Verona)
Non le torna perché non è italiano della piú bell’acqua. Suona male anche a me, è un modo sciatto e inelegante d’esprimersi, ma non mi pare agrammaticale.
La ragione risiede sempre nella possibilità, innovativa e frutto di un’ipercorrezione, quindi di un errore (come si legge nell’articolo di Giampaolo Salvi), di introdurre un clitico accusativo prima del si.
La ragione risiede sempre nella possibilità, innovativa e frutto di un’ipercorrezione, quindi di un errore (come si legge nell’articolo di Giampaolo Salvi), di introdurre un clitico accusativo prima del si.
La ringrazio della risposta. 
Io davo per buone le considerazioni fatte da Ladim, che vertevano sull'illegittimità della frase *il caffè lo si beve caldo. Credevo che fossimo dinnanzi a una caso simile. Ladim condannò una costruzione di quel tipo.

Io davo per buone le considerazioni fatte da Ladim, che vertevano sull'illegittimità della frase *il caffè lo si beve caldo. Credevo che fossimo dinnanzi a una caso simile. Ladim condannò una costruzione di quel tipo.
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- Interventi: 142
- Iscritto in data: mar, 30 giu 2015 13:27
Il la differenzia la costruzione della frase: senza, va letta in diatesi passiva (il si è passivante: "Penso che una differenza debba [venire / essere] avvertita"); con, va letta in diatesi attiva (il si è impersonale: "Penso che una differenza la gente la debba avvertire").Ivan92 ha scritto:Non mi torna... Che bisogno c'è di quel la? Penso che una differenza si debba avvertire non necessita d'alcuna aggiunta, a mio avviso.
Almeno è così come la leggo io.

Edit:
Sono ancora impegnato a leggere la discussione che Lei caro Ivan mi ha segnalato, ma prima di finirne la lettura, preferisco aggiungere qui il mio punto di vista.
Anche colla frase "Il caffè lo si beve caldo.", siamo di fronte a delle frasi marcate (non marcate sarebbero: "Penso che si debba avvertire una differenza." e "Si beve caldo il caffè.") ove l'oggetto viene preposto al verbo.
Nel caso con lo, la frase risulta attiva con si impersonale ed equivale a "Il caffè la gente lo beve caldo."; mentre, senza lo, la frase "Il caffè si beve caldo." è passiva ed equivalente a "Il caffè [è / viene] bevuto caldo.".
Il cambiamento non è solo sintattico ma pure semantico.
Ultima modifica di Marco Treviglio in data lun, 07 set 2015 18:49, modificato 1 volta in totale.
Questo mi sembra un caso diverso: lei ha riscritto la frase, eliminando il si passivante. Una proposizione del genere, ancorché non ineccepibile stilisticamente, è [ormai] perfettamente grammaticale, per le ragioni da voi addotte (fenomeno della dislocazione). Invece, in penso che una differenza la si debba avvertire, il clitico non ha alcuna ragion d'essere. Se volessimo svolgere la frase al passivo, avremmo *penso che una differenza la (?) debba essere avvertita, ch'è puro solecismo. Questo è quel che intendevo dire.Marco Treviglio ha scritto:Penso che una differenza la gente la debba avvertire.

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- Interventi: 142
- Iscritto in data: mar, 30 giu 2015 13:27
È con enorme dispiacere che La informo di non essere d'accordo con Lei.Ivan92 ha scritto:Questo mi sembra un caso diverso: lei ha riscritto la frase, eliminando il si passivante.
La mia intenzione non era quella di eliminare il si passivante ma di evidenziare le differenze date dalla presenza o meno nella frase di un pronome di ripresa. Si può evincere da questa la forma sintattica della frase: diatesi passiva in presenza di si passivante, poiché è assente un pronome di ripresa; diatesi attiva in presenza di si impersonale, poiché è presente anche il pronome di ripresa.
Comunque, la mia domanda voleva essere incentrata più sulla posizione del si, sia esso passivante o impersonale, nella frase: è possibile includerlo nel predicato verbale, oppure no? e, se sì, deve essere incluso al modale ("si debba" o "doversi") o può essere in enclisi all'infinito semantico di detto predicato?
- Infarinato
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La ringrazio, caro Infarinato, per la precisazione.
Il mio problema non è capire quale delle frasi che ho posto a inizio discussione sia la migliore tra tutte (su questo sono d'accordo con voi), bensì cerco di capire, a fatica aggiungerei, se negli altri casi esplicitati vi siano degli errori o, semplicemente, se sono accettabili in un registro standard.
Questo lo chiedo perché ormai vedo che è una costruzione che si sta diffondendo sempre più. Potrei portare innumerevoli esempi di quest'uso (soprattutto a livello burocratico, ma non solo).
Dal mio punto di vista il si non pronominale, ossia quello passivante e quello impersonale, non può essere enclitico all'infinito di un verbo, soprattutto se quest'ultimo è transitivo e non pronominale; lo ritengo accettabile solo alla terza persona del verbo, dato che non dà adito ad alcun dubbio sulla sua natura semantica.
È un pensiero sbagliato?
Il mio problema non è capire quale delle frasi che ho posto a inizio discussione sia la migliore tra tutte (su questo sono d'accordo con voi), bensì cerco di capire, a fatica aggiungerei, se negli altri casi esplicitati vi siano degli errori o, semplicemente, se sono accettabili in un registro standard.
Questo lo chiedo perché ormai vedo che è una costruzione che si sta diffondendo sempre più. Potrei portare innumerevoli esempi di quest'uso (soprattutto a livello burocratico, ma non solo).
Dal mio punto di vista il si non pronominale, ossia quello passivante e quello impersonale, non può essere enclitico all'infinito di un verbo, soprattutto se quest'ultimo è transitivo e non pronominale; lo ritengo accettabile solo alla terza persona del verbo, dato che non dà adito ad alcun dubbio sulla sua natura semantica.
È un pensiero sbagliato?
Ma io non contesto punto codeste cose. Dico solamente che, al pari di *«il caffè lo si beve caldo», «*penso che una differenza la si debba avvertire» è, per me, molto marginale, ergo agrammaticale.Marco Treviglio ha scritto:Nel caso con lo, la frase risulta attiva con si impersonale ed equivale a "Il caffè la gente lo beve caldo."; mentre, senza lo, la frase "Il caffè si beve caldo." è passiva ed equivalente a "Il caffè [è / viene] bevuto caldo.".
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