Ho capito quel che dice. Tuttavia le chiedo: dando piena cittadinanza a frasi come quelle di cui sopra, non si rischia d'appiattire le differenze che ci sono tra un costrutto e un altro? Mi spiego meglio: anche il caffè, la gente, lo beve caldo è grammaticale in italiano moderno, nonostante non sia esente da pecche, ché lo, come sappiamo, è pleonastico. Ora, sembrerebbe che la frase summenzionata e il caffè lo si beve caldo condividano lo stesso destino: entrambe grammaticali ma poco corrette, cioè innaturali per un italofono centromeridionale (cito le sue parole), ma comunque accettate dall'italiano moderno. Io però percepisco una differenza: in il caffè, la gente, lo beve caldo, lo è un male necessario, che cól tempo s'è tramutato in bene. Chi mai direbbe, infatti, il caffè, la gente, beve caldo? Nessuno, a meno che non si riformuli la frase in un altro modo. Il clitico intercalato, in questo caso, è un piccolo ponticello che colléga le due parti. In il caffè lo si beve caldo, invece, lo è del tutto innecessario, e di questo abbiamo parlato a iosa. Lei pone sullo stesso piano le due frasi?Infarinato ha scritto:Insomma, una frase quale il caffè lo si beve caldo, per quanto abbastanza innaturale per un italofono centromeridionale e spontaneamente evitata [perlomeno nel parlato], è grammaticale in italiano moderno, anche se è «meno corretta» dal punto di vista della norma tradizionale; *il caffè lo è bevuto caldo, invece, è completamente agrammaticale in tutt’i registri e le varietà d’italiano [antico e moderno].
«Si» passivante in presenza di un modale e un transitivo
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No. È vero che il si impersonale non si può applicare ai verbi transitivi se l’oggetto è un oggetto diretto di 3ª persona nominale o pronominale non clitico (cfr. *Si invita i parenti / solo loro [*] appetto a Li si invita spesso [sempre impersonale] o Si invitano i parenti / solo loro [passivante] —uso gli esempi di Salvi), ma non è il nostro caso.Marco Treviglio ha scritto:Perché nell'articolo del professor Salvi v'è indicato che la costruzione impersonale non si può avere con un verbo transitivo con complemento oggetto nominale di terza persona espresso. Quindi sarebbe passivante e il la risulterebbe ridondante. Giusto?
In penso che una differenza la si debba avvertire è una differenza che viene tematizzata e quindi, in un certo senso, estrapolata dalla frase originaria passivante (si debba avvertire una differenza), che ora è diventata la costruzione impersonale la si debba avvertire.
L’altro modo (piú conforme alla norma tradizionale) per tematizzare il soggetto della costruzione originaria [pragmaticamente non marcata] sarebbe, come diceva Lei prima, quello di spostarlo in posizione preverbale usando semplicemente l’intonazione e lasciando cosí la costruzione in modalità passiva: penso che, una differenza, si debba avvertire, dove ho usato le virgole per denotare il diverso contorno intonativo.
____________________
(*) Ovviamente, S’invita i parenti / solo loro è possibile come costruzione passiva toscaneggiante senz’accordo del soggetto posverbale.
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Domanda retorica, alla quale non si può che rispondere «ovviamente no»; e io non do «piena cittadinanza» proprio a un bel nulla. Ma, come dicevo, una cosa è la grammaticalità, un’altra la correttezza. E la prima frase che Lei cita, il caffè, la gente lo beve caldo, non è scorretta nemmeno un po’: è solo marcata pragmaticamente, per cui, come diceva Lei stesso, la ripresa col clitico dell’oggetto dislocato è una conseguenza obbligata della tematizzazione. La seconda frase, invece, è —non posso che ripetermi— grammaticale in italiano moderno, ma «meno corretta» dal punto di vista della norma tradizionale.Ivan92 ha scritto:[D]ando piena cittadinanza a frasi come quelle di cui sopra, non si rischia d'appiattire le differenze che ci sono tra un costrutto e un altro? […] Io […] percepisco una differenza: in il caffè, la gente, lo beve caldo, lo è un male necessario, che cól tempo s'è tramutato in bene. Chi mai direbbe, infatti, il caffè, la gente, beve caldo? Nessuno, a meno che non si riformuli la frase in un altro modo. Il clitico intercalato, in questo caso, è un piccolo ponticello che colléga le due parti. In il caffè lo si beve caldo, invece, lo è del tutto innecessario, e di questo abbiamo parlato a iosa. Lei pone sullo stesso piano le due frasi?
Ma prendiamo un altro esempio, che rende la dicotomia ancora piú evidente: la frase di sapore toscaneggiante che citavo nel mio intervento precedente, S’invita i parenti, è dal punto di vista storico e letterario (della tradizione, insomma) del tutto corretta, ma al giorno d’oggi per molti parlanti italofoni è addirittura agrammaticale.

La ringrazio, tutto molto chiaro. 
Mi riferivo all'italiano moderno, non a Lei.

Infarinato ha scritto:o non do «piena cittadinanza» proprio a un bel nulla.
Mi riferivo all'italiano moderno, non a Lei.

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Mi è tutto molto chiaro, però non mi torna qualcosa in riguardo al periodo citato qui:
Ma, appunto, nella costruzione impersonale rimane la diatesi attiva e «una differenza» non può essere il soggetto, ma rimane l'oggetto del verbo transitivo, il quale, venendo tematizzato, marcato nella costruzione OSV, pretenderebbe (da norma) la ripresa dello stesso con un pronome clitico. Quindi, per come ho inteso lo studio del professor Salvi, l'oggetto diretto di 3ª persona è espresso nella frase e la costruzione impersonale non è considerata corretta nell'italiano moderno (ma [probabilmente] lo è, ritenendola passiva, solo nell'italiano tradizionale). Lei ritiene che io sia in errore su quanto ho esposto?Infarinato ha scritto:In penso che una differenza la si debba avvertire è una differenza che viene tematizzata e quindi, in un certo senso, estrapolata dalla frase originaria passivante (si debba avvertire una differenza), che ora è diventata la costruzione impersonale la si debba avvertire.
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Sí.Marco Treviglio ha scritto:Lei ritiene che io sia in errore su quanto ho esposto?

Come ricordavo sopra parafrasando le parole di Salvi [a p. 8 del suo articolo], «il si impersonale non si può applicare ai verbi transitivi se l’oggetto è un oggetto diretto di 3ª persona nominale o pronominale non clitico», per cui una frase quale [penso che] si debba avvertire una differenza può, nella moderna [e piú sensata] formulazione di Salvi, essere intesa solo come passiva, dove una differenza non può quindi essere che il soggetto (…secondo la formulazione delle grammatiche tradizionali, invece, quel si può essere sia impersonale [diatesi attiva] sia passivante [diatesi passiva]: in questo caso —con verbo transitivo e un [s]oggetto di 3ª persona singolare— le due costruzioni sarebbero, cioè, indistinguibili).
Quindi tematizzando («dislocando») quello che era il soggetto della frase non marcata, o rimaniamo nell’alveo della tradizione [e della diatesi passiva] e usiamo semplicemente l’intonazione (→ penso che, una differenza, si debba avvertire), o passiamo alla costruzione impersonale [e alla diatesi attiva], dove una differenza dev’essere ora reinterpretato come oggetto dislocato, ripreso dal clitico accusativo la (→ penso che una differenza la si debba avvertire).

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Ora credo di aver capito (tutto, tranne i verbi a sollevamento che sono ancora al vaglioInfarinato ha scritto:Quindi tematizzando («dislocando») quello che era il soggetto della frase non marcata, o rimaniamo nell’alveo della tradizione [e della diatesi passiva] e usiamo semplicemente l’intonazione (→ penso che, una differenza, si debba avvertire), o passiamo alla costruzione impersonale [e alla diatesi attiva], dove una differenza dev’essere ora reinterpretato come oggetto dislocato, ripreso dal clitico accusativo la (→ penso che una differenza la si debba avvertire). ;)

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No, non necessariamente, anzi tendenzialmente no, proprio per la tradizionale riluttanza dell’italiano [moderno] a separare il soggetto (ancorché in posizione marcata) dal predicato.Marco Treviglio ha scritto:[L]a mia diffidenza verso la correttezza della frase originaria […] era dovuta alla mancanza delle virgole (perché ci devono essere, giusto?).
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Re: «Si» passivante in presenza di un modale e un transitivo
La ringrazio infinitamente caro Infarinato! Di tutto, davvero molto gentile e molto limpido.
Chiarito ora il mio dubbio principale, vengo al successivo
(e, penso, di piú breve soluzione).
È stato scritto in questo filone quanto segue:
Però, poi, sia l'autore insistente sulla correttezza della sua e questo pezzo d'articolo in Wikipedia, mi fecero ricredere sulle mie convinzioni:
Chiarito ora il mio dubbio principale, vengo al successivo


È stato scritto in questo filone quanto segue:
Sono pienamente d'accordo, infatti, il motivo principale del mio rifiuto ad accettare la frase come corretta, fu proprio in primis la consecutio temporum all'interno della stessa.Infarinato ha scritto:Non è questione di preferenze personali: come ha detto bene Animo Grato all’inizio (e come confermato dalla prima delle seguenti tabelle tratte dall’Enciclopedia dell’Italiano Treccani), se c’è contemporaneità, il tempo giusto in dipendenza da un condizionale presente è il [congiuntivo] presente.Sixie ha scritto:Per me, la migliore soluzione è:
Io penserei che una differenza si dovesse avvertire.
Però, poi, sia l'autore insistente sulla correttezza della sua e questo pezzo d'articolo in Wikipedia, mi fecero ricredere sulle mie convinzioni:
Sono consapevole che la fonte è da prendersi con tutte le cautele del caso, ma desidererei avere anche da Voi conferma che quanto è scritto in questa citazione sia a tutti gli effetti errato. Ossia, ivi viene detto che il condizionale «Io penserei» può valere come «Io pensavo»: è corretta questa affermazione? o ho capito male?3) Secondo le regole della concordanza dei tempi in questi casi, se nella frase principale si usa il condizionale di un verbo che prevede l'uso del congiuntivo, la contemporaneità temporale viene in genere indicata dal congiuntivo imperfetto:
· Vorrei che tu venissi alla nostra festa.
· Mi piacerebbe che tu venissi alla nostra festa.
Si dirà in questo caso che il condizionale della principale ha funzioni paragonabili a quelle di una forma verbale del passato.
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Re: «Si» passivante in presenza di un modale e un transitivo
Ha capito male, perché… non poteva capire bene.
Il problema è che non si può fare affidamento su certe fonti, non tanto perché siano «intrinsecamente inattendibili», ma perché la lingua è una materia complessa, ed esse non possono far le veci di una grammatica.
La risposta piú rapida alla sua domanda è quindi: corra súbito a comprarsi la Grammatica italiana del Serianni, dove, tra le molte chiose a una tabella analoga a quella dell’Enciclopedia dell’Italiano Treccani di cui sopra, troverà la seguente:

La risposta piú rapida alla sua domanda è quindi: corra súbito a comprarsi la Grammatica italiana del Serianni, dove, tra le molte chiose a una tabella analoga a quella dell’Enciclopedia dell’Italiano Treccani di cui sopra, troverà la seguente:
Serianni (1989), §XIV.58e (sottolineature mie), ha scritto:Se nella reggente figura il condizionale presente di un verbo indicante volontà, desiderio, opportunità (come volere, desiderare, pretendere, esser conveniente e simili; […]), la dipendente si costruisce col congiuntivo imperfetto piú spesso che col congiuntivo presente. Esempi: «E che vorrebbe ch’io facessi?» (Manzoni, I Promessi Sposi, II 20); «Io, figlia, non pretenderei che mia madre salisse per me novanta, cento scalini» (Pirandello, Cosí è [se vi pare], V 28).

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Come presupponevo! 
A dire la verità, quest'ultima cosa che mi ha riportato, caro Infarinato, l'avevo letta già qui.
Colgo l'occasione per porgere i miei piú sinceri ringraziamenti a tutti voi Infarinato, Ferdinand, Ivan, Animo Grato e Sixie che, partecipando alla discussione, mi avete aiutato a capire molte cose oltre, chiaramente, ad aver dissipato questo mio dubbio che mi tarlava un (bel) po' il cervello
. Grazie! Grazie davvero!


A dire la verità, quest'ultima cosa che mi ha riportato, caro Infarinato, l'avevo letta già qui.

Colgo l'occasione per porgere i miei piú sinceri ringraziamenti a tutti voi Infarinato, Ferdinand, Ivan, Animo Grato e Sixie che, partecipando alla discussione, mi avete aiutato a capire molte cose oltre, chiaramente, ad aver dissipato questo mio dubbio che mi tarlava un (bel) po' il cervello



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