«In battaglia»

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

sempervirens
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Intervento di sempervirens »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Concordo appieno con Animo Grato. Preciso: non intendevo nemmeno io scagliarmi contro l’analisi logica in sé, ch’è anzi fondamentale, ma volevo criticare la pratica dell’etichettamento a oltranza, vana per le molte zone d’ombra della lingua.
Innanzitutto grazie per le parole incoraggianti! Sì, spirito battagliero è una definizione in cui mi riconosco. Se poi fossi anche specializzato nella materia in cui voi tutti vi trovate a vostro agio allora sarebbe ancora meglio. Ma non è cosi!
Riguardo ad alcuni complementi di classificazione ambigua ho visto che i "cugini" hanno posto rimedio a modo loro: Il complemento circostanziale. Mah! L'ho trovato qui.

Ora, il risultato potrà anche non piacere a tutti, ma almeno loro ci hanno provato. Mi piacerebbe che anche da noi si facesse qualcosa di concreto.
Mah, fate finta che non abbia detto niente! Portate pazienza!

:)
Io nella mia lingua ci credo.
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

È interessante quello che dice il Treccani, al lemma circostanziale.
sempervirens
Interventi: 599
Iscritto in data: gio, 23 apr 2015 15:14

Intervento di sempervirens »

Indubbiamente! Quello che non ho capito bene è il perché di complemento circostanziale invece di complemento di circostanza.
Io nella mia lingua ci credo.
Marco Treviglio
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Iscritto in data: mar, 30 giu 2015 13:27

Intervento di Marco Treviglio »

sempervirens ha scritto:Quello che non ho capito bene è il perché di complemento circostanziale invece di complemento di circostanza.
Credo sia cosí perché, non è un complemento a sé stante ma, si riferisce al nome dei singoli complementi che raggruppa.[/b]
Ultima modifica di Marco Treviglio in data ven, 25 set 2015 0:37, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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FT: virgole

Intervento di Marco1971 »

Marco Treviglio ha scritto:Credo sia cosí perché, non è un complemento a sé stante ma, si riferisce al nome dei singoli complimenti che raggruppa.
Le virgole, certo, sono un segno d'interpunzione il cui uso può essere molto personale; ma la virgola dopo perché, in questa frase, non mi pare accettabile (non trattandosi di un inciso); e la seconda virgola, facoltativa, andrebbe prima del ma, non dopo. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Marco Treviglio
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Re: FT: virgole

Intervento di Marco Treviglio »

Marco1971 ha scritto:Le virgole, certo, sono un segno d'interpunzione il cui uso può essere molto personale; ma la virgola dopo perché, in questa frase, non mi pare accettabile (non trattandosi di un inciso); e la seconda virgola, facoltativa, andrebbe prima del ma, non dopo. ;)
:o La ringrazio della segnalazione, Marco! :)
So che è inusuale la virgola dopo il "perché" e il "ma", potevo scrivere la frase senza, ma la mia intenzione era di mostrare dove, nel parlato, metto le pause. È proprio errato riportarlo cosí nello scritto? Avrei dovuto usare le parentesi?
Crede che avrei fatto meglio a scriverla ristrutturandola nei modi seguenti:
a. «Credo sia cosí perché si riferisce al nome dei singoli complementi che raggruppa, non è un complemento a sé stante.»;
b. «Credo sia cosí perché, non essendo un complemento a sé stante, si riferisce al nome dei singoli complementi che raggruppa.»?
Oppure, come ho appena accennato, senza virgole?
Ultima modifica di Marco Treviglio in data ven, 25 set 2015 0:54, modificato 2 volte in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

E lei farebbe una pausa tra perché e non, parlando? Se si vuole suggerire un'interruzione, allora ci stanno i puntini di sospensione (perché... non è...).

Sí, nello scritto sarebbe comunque errato: la sola virgola possibile (ma non necessaria) in questa frase è prima del ma. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Marco Treviglio
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Intervento di Marco Treviglio »

Marco1971 ha scritto:E lei farebbe una pausa tra perché e non, parlando?
Ho sbagliato a spiegarmi, errore mio! Non una pausa, bensí un cambiamento d'intonazione.
Ultima modifica di Marco Treviglio in data ven, 25 set 2015 1:07, modificato 1 volta in totale.
sempervirens
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Iscritto in data: gio, 23 apr 2015 15:14

Intervento di sempervirens »

Marco Treviglio ha scritto:
sempervirens ha scritto:Quello che non ho capito bene è il perché di complemento circostanziale invece di complemento di circostanza.
[…] b. «Credo sia cosí perché, non essendo un complemento a sé stante, si riferisce al nome dei singoli complementi che raggruppa.»?
Ho capito. La ringrazio! E grazie anche a Marco 1972 per i gentili consigli sull'uso della virgola.
Io nella mia lingua ci credo.
domna charola
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Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Intervento di domna charola »

Marco Treviglio ha scritto: Ho sbagliato a spiegarmi, errore mio! Non una pausa, bensí un cambiamento d'intonazione.
Se fossi in scena, cioè se dovessi pensare a come articolare quella frase perché "arrivi" al pubblico, legherei "perché" e "non è un complemento", e appoggerei la voce su "non è un complemento".
Questo per rispettare la struttura delle frase, cioè le intenzioni dell'autore.
E' l'indicativo presente, cioè la forma verbale più semplice e liscia, che mi porta a scartare direttamente l'idea che i due pezzi siano distinti.

Se mi venisse lasciato un minimo di libertà interpretativa, ammetto che mi verrebbe da fare violenza sull'autore, e sceglierei la versione b, marcando bene l'inciso.
Però avrei anche cambiato l'intenzione originaria.

Nella prima stesura infatti, il concetto che si sente come più importante è che il motivo della cosa in discussione è innanzitutto che essa "non è" un complemento; nella mia reinterpretazione, passerebbe invece in primo piano il fatto che si riferisca ai singoli complementi.

Questo per lo meno in un parlato "espressivo", cioè curato e "pensato".
Nel parlare a braccio, ovviamente, credo che vincerebbe la versione più corrispondente a ciò che c'è in testa, senza stare troppo a pensarci su.
E anche l'ascoltatore probabilmente intuirebbe la medesima cosa, senza farci però troppo caso.
Probabile comunque che delle due motivazioni memorizzi più facilmente quella a cui si è data enfasi.
Avatara utente
Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Marco Treviglio ha scritto:
Marco1971 ha scritto:E lei farebbe una pausa tra perché e non, parlando?
Ho sbagliato a spiegarmi, errore mio! Non una pausa, bensí un cambiamento d'intonazione.
Il fatto, caro Marco, è che, per dirla col Serianni, perlopiú, in italiano [moderno], «la punteggiatura non risponde alle pause del parlato [e nemmeno ai cambiamenti d’intonazione (NdI)], ma contrassegna i rapporti sintattici esistenti tra le varie parti di una frase» (sottolineatura mia).
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Freelancer
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Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37

Intervento di Freelancer »

Occorre aggiungere che con riferimento a quanto scrive Serianni nell'intervento citato da Infarinato:
Si pensi al tipico errore di inserimento di una virgola tra il soggetto e il verbo, che riproduce la pausa respiratoria. Anche quando si tratti di un soggetto espanso, cioè arricchito di attributi, avverbi, complementi indiretti, il soggetto non può mai essere separato dal predicato, anche se i ritmi del parlato potrebbero far pensare al contrario.
in una scrittura sorvegliata, di registro alto, sono ammissibili (apparenti) deroghe alla norma - ossia l'inseparabilità del soggetto (anche espanso) dal predicato - per motivi non di "parlato", cioè di "dare respiro" al periodo e a chi lo legge, ma in base a determinati motivi strutturali, come scrive Mortara Garavelli nel Prontuario di punteggiatura (la cui lettura è vivamente raccomandabile a chi voglia approfondire il tema della punteggiatura).

Riporto solo un esempio, p. 85:

Ora io credo che nell'uno come nell'altro caso, la somma di due linguaggi che non sono interamente veri, non riesce a costituire un linguaggio vero [...]
(Calvino, Una pietra sopra, p. 308)
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