Come si scrive: «glie lo» o «glielo»?
Moderatore: Cruscanti
Come si scrive: «glie lo» o «glielo»?
Spesso capita di sentire vari dubbi sulla corretta scrittura di questo pronome.
Proviamo a fare chiarezza.
Alcuni linguisti tra cui il glottologo Aldo Gabrielli e Amerindo Camilli (studioso della lingua italiana ) ci dicono che la grafia consigliabile è glie lo , giacché essa si conforma a me lo, se lo ecc. (vedi "Pronuncia e grafia dell'italiano").
Oggi è diventato di uso comune anche la forma contratta glielo (ogni vocabolario italiano riporta la forma contratta) ma glie lo (scritto staccato) è la forma originaria più corretta di scrivere questo pronome: Vediamo perché.
Analizziamo prima di tutto il significato delle frasi sulle quali vengono utilizzati questi pronomi:
“Mi porti il libro”;
“Ci porti il libro”;
“Se hai trovato il libro me lo porti”;
“Te lo porti in biblioteca”;
“glie lo porti…, ce la porti…, ve la portate,…”.
“Mi, Ci” = a me, a noi (complemento di termine)
“Me lo”: ME = a me ( ME è in realtà la forma che assume il pronome personale MI davanti ai pronomi atoni “la, le, li, lo” e alla particella “ne” e nella frase assume il valore di complemento di termine );
LO = questo ,ciò (pronome dimostrativo che nella frese è il complemento oggetto)
“Te lo”,“Glie lo”,“Ce lo”,“Ve lo”: TE = a te, GLIE = a lui, CE = a noi, VE = a voi (stesso discorso fatto per ME con la differenza che nel caso di GLIE la “e” non sostituisce la “i” per ragioni eufoniche, infatti una ipotetica espressione “gle” avrebbe una pronuncia dura del tutto diversa da gli)
I pronomi atoni (lo,la,vi,…) devono essere usati come complemento oggetto quando quest’ultimo non è presente nella frase, altrimenti se il complemento oggetto è presente dovrebbero essere omessi : “Mi porti il libro” e non “Me lo porti il libro” oppure “Gli porti il libro” e non “Glie lo porti il libro” .
Il pronome "Mi" se non precede un pronome atono (come lo, la, ci,…) non assume la forma ME così come GLI non diventa GLIE.
Da notare che il pronome “glielo” scritto attaccato assume più di un significato grammaticale (racchiuderebbe in se sia il complemento di termine (a lui) che il complemento oggetto (questo) e inoltre contiene in mezzo ad una parola la “e” con valore eufonico). Dal punto di vista grammaticale si commetterebbero meno errori a scrivere tutti e tre i termini separati conservando il valore grammaticale di ogni singola parola .
Più in generale le espressioni di parole che hanno un' origine separata (come a fianco, d'accordo, anzi tutto, di sotto,...) sono sicuramnete corrette da un punto di vista grammaticale quando sono scritte separate (con rare eccezioni tipo dopodomani, finora, sopratutto, sottosopra,,...).
Nota aggiuntiva: L'italiano è una lingua viva, nascono e muoiono parole, espressioni, forme verbali che hanno spesso durata limitata nel tempo ed è per questo che indagare le origini di una lingua è importante e risolve molti dubbi.
Proviamo a fare chiarezza.
Alcuni linguisti tra cui il glottologo Aldo Gabrielli e Amerindo Camilli (studioso della lingua italiana ) ci dicono che la grafia consigliabile è glie lo , giacché essa si conforma a me lo, se lo ecc. (vedi "Pronuncia e grafia dell'italiano").
Oggi è diventato di uso comune anche la forma contratta glielo (ogni vocabolario italiano riporta la forma contratta) ma glie lo (scritto staccato) è la forma originaria più corretta di scrivere questo pronome: Vediamo perché.
Analizziamo prima di tutto il significato delle frasi sulle quali vengono utilizzati questi pronomi:
“Mi porti il libro”;
“Ci porti il libro”;
“Se hai trovato il libro me lo porti”;
“Te lo porti in biblioteca”;
“glie lo porti…, ce la porti…, ve la portate,…”.
“Mi, Ci” = a me, a noi (complemento di termine)
“Me lo”: ME = a me ( ME è in realtà la forma che assume il pronome personale MI davanti ai pronomi atoni “la, le, li, lo” e alla particella “ne” e nella frase assume il valore di complemento di termine );
LO = questo ,ciò (pronome dimostrativo che nella frese è il complemento oggetto)
“Te lo”,“Glie lo”,“Ce lo”,“Ve lo”: TE = a te, GLIE = a lui, CE = a noi, VE = a voi (stesso discorso fatto per ME con la differenza che nel caso di GLIE la “e” non sostituisce la “i” per ragioni eufoniche, infatti una ipotetica espressione “gle” avrebbe una pronuncia dura del tutto diversa da gli)
I pronomi atoni (lo,la,vi,…) devono essere usati come complemento oggetto quando quest’ultimo non è presente nella frase, altrimenti se il complemento oggetto è presente dovrebbero essere omessi : “Mi porti il libro” e non “Me lo porti il libro” oppure “Gli porti il libro” e non “Glie lo porti il libro” .
Il pronome "Mi" se non precede un pronome atono (come lo, la, ci,…) non assume la forma ME così come GLI non diventa GLIE.
Da notare che il pronome “glielo” scritto attaccato assume più di un significato grammaticale (racchiuderebbe in se sia il complemento di termine (a lui) che il complemento oggetto (questo) e inoltre contiene in mezzo ad una parola la “e” con valore eufonico). Dal punto di vista grammaticale si commetterebbero meno errori a scrivere tutti e tre i termini separati conservando il valore grammaticale di ogni singola parola .
Più in generale le espressioni di parole che hanno un' origine separata (come a fianco, d'accordo, anzi tutto, di sotto,...) sono sicuramnete corrette da un punto di vista grammaticale quando sono scritte separate (con rare eccezioni tipo dopodomani, finora, sopratutto, sottosopra,,...).
Nota aggiuntiva: L'italiano è una lingua viva, nascono e muoiono parole, espressioni, forme verbali che hanno spesso durata limitata nel tempo ed è per questo che indagare le origini di una lingua è importante e risolve molti dubbi.
Ultima modifica di fabrizio in data ven, 27 giu 2008 9:14, modificato 3 volte in totale.
Non sarebbe male usare il motore di ricerca prima di aprire un filone. Di quest’argomento, infatti, s’era parlato brevemente qui e lei avrebbe allora inserito il suo intervento nella sezione giusta (Grafematica e non Morfologia
).
Nei casi di grafia consolidata tra varianti staccate o univerbate è buona norma seguire l’uso per evitare rallentamenti di lettura. E questa piccola anomalia è meno grave dello scrivere senz’accento il pronome sé.
Dimenticavo: benvenuto!
P.S. Vedo che Infarinato ha già provveduto a spostare il filone in Grafematica.

Nei casi di grafia consolidata tra varianti staccate o univerbate è buona norma seguire l’uso per evitare rallentamenti di lettura. E questa piccola anomalia è meno grave dello scrivere senz’accento il pronome sé.

Dimenticavo: benvenuto!

P.S. Vedo che Infarinato ha già provveduto a spostare il filone in Grafematica.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Re: Come si scrive: Glie lo o Glielo ?
Soprattutto. La fonologia («cristallizzata» quanto si vuole) viene sempre «prima» della grafematica.fabrizio ha scritto:…sopratutto…

In effetti mi è capitato che al liceo mi abbiano corretto glielo con la forma glie lo e non avevo mai ben capito perchè visto che oggi esiste in grammatica .
In effetti alcune espressioni che sono diventate oggi di uso comune, a notar bene, non è che siano poi così corrette, spesso l'uso scoretto di un termine, soprattutto a livello giornalistico, lo fa diventare nel tempo di uso comune .
Prova a pensare a tutti i neologismi o espressioni che vengono inseriti nei vocabolari e che spesso non durano più di qualche anno.
In effetti alcune espressioni che sono diventate oggi di uso comune, a notar bene, non è che siano poi così corrette, spesso l'uso scoretto di un termine, soprattutto a livello giornalistico, lo fa diventare nel tempo di uso comune .
Prova a pensare a tutti i neologismi o espressioni che vengono inseriti nei vocabolari e che spesso non durano più di qualche anno.
Ultima modifica di massimo in data gio, 12 giu 2008 9:28, modificato 1 volta in totale.
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Caro Massimo, può anche non univerbizzare e scrivere sopra tutto.massimo ha scritto:corretto

«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Delle varianti grafiche di soprattutto (e di altre parole) abbiamo parlato diffusamente in questa discussione.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Univerbare non istà bene?Fausto Raso ha scritto:Caro Massimo, può anche non univerbizzare e scrivere sopra tutto.


Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Gentile Marco, se i miei occhi non hanno fatto "cilecca" i vocabolari consultabili in rete non attestano né univerbare né univerbizzare. Solo il Treccani riporta UNIVERBIZZARE.Marco1971 ha scritto:Univerbare non istà bene?Fausto Raso ha scritto:Caro Massimo, può anche non univerbizzare e scrivere sopra tutto.Non ci lasciamo prendere dalla izzíte.
Sarebbe interessante conoscere il perché i vocabolari "snobbano" i suddetti verbi.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Il GRADIT, che segue l’uso, anche quello piú corrivo, registra: univerbazione (ma rimanda, ovviamente, a univerbizzazione, perché noi amiamo le parole lunghe solo quando sono obbrobriose), univerbizzare, univerbizzarsi, univerbizzato, univerbizzazione.
Le parole piú raccomandabili sarebbero: univerbare, univerbazione e derivati. Le uniche, se non erro – vo a memoria – usate dall’attentissimo Luca Serianni.
Le parole piú raccomandabili sarebbero: univerbare, univerbazione e derivati. Le uniche, se non erro – vo a memoria – usate dall’attentissimo Luca Serianni.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Se il Gradit è più aperto alle novità la stessa cosa non si può dire del Treccani.
Anch’io preferisco univerbare a univerbizzare, come tranquillare a tranquillizzare, ma il suffisso –izzare, oltre a essere oggi altamente produttivo, non è assente dall'italiano antico e vanta una derivazione dal tardo latino il quale, a sua volta, l’ha ripreso dal greco.
Consiglierei quindi di non trasformare le nostre ubbie in raccomandazioni.
Anch’io preferisco univerbare a univerbizzare, come tranquillare a tranquillizzare, ma il suffisso –izzare, oltre a essere oggi altamente produttivo, non è assente dall'italiano antico e vanta una derivazione dal tardo latino il quale, a sua volta, l’ha ripreso dal greco.
Consiglierei quindi di non trasformare le nostre ubbie in raccomandazioni.

La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Secondo me sono due cose diverse. Nel primo caso l'aggettivo/participio corrispondente e` univerbato, dunque viene naturale pensare a univerbare; mentre nel secondo caso l'aggettivo di riferimento e` tranquillo, non tranquillato (anche se esiste tranquillante, che pero` ha a mio avviso una sfumatura diversa da tranquillizzante nell'uso corrente).bubu7 ha scritto:Anch’io preferisco univerbare a univerbizzare, come tranquillare a tranquillizzare…
Non direi che sono ubbíe nostre, visto che nell’uso dei grandi linguisti si legge proprio univerbare/univerbato. I lessicografi, soprattutto quelli d’oggi, sembrano poco professionali ai miei occhi.bubu7 ha scritto:Consiglierei quindi di non trasformare le nostre ubbie in raccomandazioni.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
A mio parere, di fronte a un suffisso di antica tradizione che oggi riscuote successo (soprattutto in ambito tecnico-specialistico) i lessicografi seri non possono far altro che registrarne l’uso.Marco1971 ha scritto: I lessicografi, soprattutto quelli d’oggi, sembrano poco professionali ai miei occhi.
Un’altra considerazione che dovrebbe spingerci a guardare con occhio benevolo al suffisso colto –izzare (su 1146 occorrenze del Gradit soltanto 14 appartengono all’insieme FO+AU+AD) è che si tratta di un europeismo (fr. –iser; ingl. –ize; ted. –isieren).
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
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