Proposte di riforma ortografica di Castellani
Inviato: lun, 17 gen 2022 12:10
Ho scoperto solo recentissimamente, leggendo un intervento di Decimo di dieci anni fa, l'esistenza di una proposta di riforma grafica niente meno che del nostro amato Castellani. Appena ho potuto mi sono precipitato in biblioteca!
Sapendo che sarà di sicuro interesse per molti frequentatori del fòro, riporto i contenuti salienti dell'articolo.
Nel breve testo Castellani presenta non una, ma ben due proposte di riforma ortografica.
La prima proposta, poi scartata, era stata pensata per un articolo su Lingua nostra «fortunatamente» rimasto inedito. Castellani scrive [qui trascritto colla grafia della seconda proposta; v. sotto]:
§ II. La seconda proposta, messa in uso nell'articolo stesso (come nei branetti appena citati) è la seguente:
Dopo questo sforzo sintetizzatore-trascrittorio, per eventuali integrazioni sui temi a margine, e miei commenti, mi riservo d'intervenire successivamente.

Sapendo che sarà di sicuro interesse per molti frequentatori del fòro, riporto i contenuti salienti dell'articolo.
Nel breve testo Castellani presenta non una, ma ben due proposte di riforma ortografica.
* * *
La prima proposta, poi scartata, era stata pensata per un articolo su Lingua nostra «fortunatamente» rimasto inedito. Castellani scrive [qui trascritto colla grafia della seconda proposta; v. sotto]:
§ I. Tale prima proposta consisteva delle seguenti innovazioni:Dicevo, in quell'articoletto, chê sarèbbe urgènte trovare il mòdo di distìnguere nella scrittura quel chê è distinto nella pronuncia, «diversamente si corre davvero il rischio di provocare la scomparsa, in un futuro più ô meno pròssimo, d'alcune oppoşizioni fonemàtiche caratterìstiche dell'italiano». Seguitavo così: «Il difètto dei progètti di riforma chê hò visti finora è nella loro stravaganza, ô nella loro incompletezza ê timidità. Non mi pare chê cambiamenti graduali àbbiano molta probabilità d’imporsi. Perché un sistèma pòssa venir accettato bişogna chê sia complèto, chê permetta di risalire in tutti i caşi alla pronuncia corrètta, sènza chê rimàngan dubbi. Bişogna d'altra parte chê sia immediatamente comprensìbile: gli eventuali segni nuòvi dèbbono lasciare sostanzialmente immutata la fişionomìa del sistèma tradizionale. È anche necessario, per la ràpida diffuşione della riforma, chê quei segni non si dèbban far fare appòsta, mâ sìan già in dotazione â tutte le tipografìe (ê sìan compresi, possibilmente, nelle tastière delle màcchine da scrìvere)».
- Accenti grafici: si scrivono:
- «negli stessi caşi, pressappòco, in cui si hanno in ispagnòlo»;
- sulle parole piane con e e o aperte;
- su tutti i monosillabi che determinano il raddoppiamento fonosintattico;
- accento acuto su o e e chiuse, grave sulle altre vocali, comprese i e u;
- ⟨x⟩ per s sonora /z/ [non è precisato, ma si suppone solo nei casi ambigui];
- ⟨ç⟩ per z sonora /ʣ(ʣ)/;
- dieresi ⟨¨⟩ su i e u pronunciate come vocali (/i/, /u/) e non come «semivocali» (/j/, /w/) davanti a vocale tonica;
- lineetta per indicare l'elisione, in fin di parola, d'una i preceduta da consonante palatale (⟨dièci-anni⟩ per /djɛʧ a̍nni/, ⟨gli-amici⟩ per /*ʎ ami̍ʧi/).
Sistèma praticamente complèto, non molto divèrso dâ quello eşistènte, sènza segni speciali... Già, mâ non avevo badato â un'altra condizione: chê il sistèma nuòvo fosse compatìbile con quello tradizionale. L'uşo di x e ç romperèbbe la continuità frâ la grafìa stòrica ê la grafìa ortofònica (ê lo stesso succederèbbe sê s'accentàssero indiscriminatamente tutti i monosìllabi chê vògliono il raddoppiamento).
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§ II. La seconda proposta, messa in uso nell'articolo stesso (come nei branetti appena citati) è la seguente:
- Accenti grafici (acuto e grave):
- si segnano sempre su e e o aperte;
- si tralasciano sulle altre vocali, «sê la tònica è la penùltima vocale d'una paròla terminante in vocale ô l'ùltima vocale d'una paròla terminante in consonante; si segna negli altri caşi»; ma
- «[s]ono dâ considerarsi â parte le voci chê hanno alla fine, dopo almeno un'altra sìllaba, i ô u seguite dâ vocale: in queste voci l'accènto si segna sê i, u sono tòniche (pendìo, ecc.), altrimenti si tralascia (ampio, ecc.)»;
- si lasciano come sono sui monosillabi tradizionalmente accentati;
- si mette l'accento circonflesso ⟨ˆ⟩ [proposta suggerita da Fiorelli]:
- sugli altri monosillabi che producono il raddoppiamento fonosintattico (oltre a quelli accentati);
- «sulla vocale finale di qualunque altra voce chê nell'uşo odièrno abbia potere rafforzativo» (es. ⟨qualchê⟩);
- nelle maiuscole, Castellani segnerebbe normalmente gli accenti acuto e grave, lasciando invece cadere il circonflesso «comê si fâ di nòrma in franceşe per i tìtoli dei libri»;
- «Eccezioni: non si ha il raddopiamento [sic] dopo Geşù, nella sola espressione Geşù Cristo; ê non è possibile [sic, senz'accento] indicare il raddoppiamento (costante dopo ogni voce chê finisca in vocale) della d di Dio (dèi, dèa, dèe). Né è possìbile indicare la èsse doppia di Spìrito Santo (salvo scrivendo Spiritossanto)»;
- ⟨ş⟩ per s sonora /z/, solo nei casi ambigui;
- ⟨z̧⟩ per z sonora /ʣ(ʣ)/;
- (Castellani spiega questa scelta grafica: «Avevo pensato dapprincipio anche ad altri segni (èsse lunga ê z̧èta lunga [cioè, rispettivamente, ⟨ſ⟩ o forse ⟨ʃ⟩ (v. sotto) e ⟨ʒ⟩]). Mâ le cediglie mi sémbran più pràtiche, più ‹econòmiche›: sèrvono sia per le minùscole chê per le maiùscole, si pòssono aggiùnger dopo, si pòssono sostituire con vìrgole; ê pòi rispóndon mèglio al critèrio fondamentale del nòstro sistèma, chê è quello di non alterare la fişionomìa delle lèttere normalmente usate. Per la stampa, c'è l'inconveniènte chê i due caràtteri vanno fatti fare appòsta». In una nota a piè di pagina precisa: «Com'è nòto, l'èsse con cediglia è adoperata in romèno ê in turco (dovê vale èsse palatale); quindi può èsser già disponìbile in qualchê tipografìa»);
- dieresi su i vocalica se:
- l'i è immediatamente precedente a una tonica (⟨vïale⟩ ma ⟨vialetto⟩);
- l'i ha pronuncia propria dopo ⟨sc⟩, indipendentemente dalla posizione dell'accento (⟨scïare⟩ e anche ⟨scïatore⟩);
- dieresi su u vocalica se:
- l'u è immediatamente precedente a una tonica e segue una g (⟨argüisco⟩ ma ⟨arguivamo⟩);
- l'u precede un'o aperta (⟨arcüò⟩, ⟨attüò⟩, ⟨tolüòlo⟩);
- s'intende che l'elisione di i in ci e gli (e degli, agli, ecc.) avviene sempre, anche se non è segnata graficamente; negli altri casi, «molto rari», «la caduta della i può èssere indicata, mèglio chê con una lineetta, con un apòstrofo: dièci'anni»;
- le parole in cui il gruppo gl di gli rappresenta /ɡl/ Castellani le lascerebbe come eccezioni, conservando la grafia normale; tutt'al più, «si potrèbbe aggiùngere un'h: ganghlio, ghlìcine», ma ribadisce che a parer suo quest'espediente non è necessario.
Si può scrìvere, anzi bàttere â màcchina qualcòsa in grafìa sòlita, ê pòi méttere i segni diacrìtici (così hò fatto io per questa nòta); ê per tornare dalla grafìa ortofònica â quella tradizionale basta levare gli accènti gravi ê acuti non finali3, gli accènti circonflessi, le cediglie, le dïèreşi. [...]
3 E gli accènti gravi sulle voci verbali dò (chê nella scrittura normale è più spesso sènz'accènto), fò, hò, sò, stò, vò.
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Dopo questo sforzo sintetizzatore-trascrittorio, per eventuali integrazioni sui temi a margine, e miei commenti, mi riservo d'intervenire successivamente.
