«Cervinia», «Le Breuil»

Spazio di discussione semiseria sui traducenti di toponimi e antroponimi

Moderatore: Cruscanti

Avatara utente
G. M.
Interventi: 2408
Iscritto in data: mar, 22 nov 2016 15:54

«Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di G. M. »

È notizia di ieri che Cervinia, a livello ufficiale denominata Breuil-Cervinia, cambia ufficialmente nome per diventare solo Le Breuil.

Un articolo del Post di oggi spiega la questione con qualche dettaglio in più.
Difesa Italiano
Interventi: 405
Iscritto in data: gio, 03 nov 2022 13:28

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di Difesa Italiano »

Semplicemente imbarazzante. Anziché tradurre il nome delle città con ancora toponimi stranieri, facciamo il processo inverso... Noi possiamo discutere e proporre quanto vogliamo, ma se poi le istituzioni non solo non ci appoggiamo, ma addirittura remano in direzione contraria la situazione diventa complessa...
Avatara utente
Lorenzo Federici
Interventi: 861
Iscritto in data: sab, 27 ago 2022 16:50
Località: Frosinone

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di Lorenzo Federici »

Indipendentemente dalla decisione, è compito nostro soltanto trovare un equivalente italiano del nome Breuil. Se deriva da *brogilos, potremmo farne Brògilo, altrimenti seguendo il suono Bròglio.

Se è Breuil-Cervinia, avremmo Brogilo-Cervinia o Broglio-Cervinia. Se è Le Breuil avremmo Il Brogilo i Il Broglio. Questo non è il posto più adatto a discutere della decisione in sé, seppur sia comunque indice di una poca fiducia verso l'italiano.
Avatara utente
G. M.
Interventi: 2408
Iscritto in data: mar, 22 nov 2016 15:54

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di G. M. »

Difesa Italiano ha scritto: gio, 30 nov 2023 10:39 Noi possiamo discutere e proporre quanto vogliamo, ma se poi le istituzioni non solo non ci appoggiamo, ma addirittura remano in direzione contraria la situazione diventa complessa...
Anche se la maggioranza del paese va in direzione opposta (non da oggi...), possiamo comunque raccogliere informazioni e fare ragionamenti utili per le singole persone che ci visitano; oltre che per noi stessi, naturalmente. :)
Lorenzo Federici ha scritto: gio, 30 nov 2023 13:14 Indipendentemente dalla decisione, è compito nostro soltanto trovare un equivalente italiano del nome Breuil [...] Questo non è il posto più adatto a discutere della decisione in sé [...]
Mi pare che la discussione della decisione rientri pienamente nei temi del fòro, almeno per quello che intendo dal regolamento (regola 2). Mi correggano i moderatori se sbaglio...
Lorenzo Federici ha scritto: gio, 30 nov 2023 13:14 [...] trovare un equivalente italiano del nome Breuil. Se deriva da *brogilos, potremmo farne Brògilo, altrimenti seguendo il suono Bròglio.

Se è Breuil-Cervinia, avremmo Brogilo-Cervinia o Broglio-Cervinia. Se è Le Breuil avremmo Il Brogilo i Il Broglio.
Mi convince poco.
Se il nome italiano non esistesse, un calco o un adattamento del nome francese potrebbe andar bene e lo appoggerei. In questo caso, però, il nome italiano, dopo quasi un secolo d'uso (e trattandosi d'un nome ben noto), acquisisce un certo valore di storicità. È un nome "fascista"? Non ha nulla che lo mostri in modo evidente (non è Littoria... e il Cervino sia chiama Cervin in francese: più locale di così...): è sensato, a 80 anni dalla caduta del regime, volerlo rimuovere per questo?

Continuo a pensare che queste situazioni conflittuali, dal punto di vista non solo linguistico ma più ampiamente «sociale», possano e debbano essere risolte con la creazione e ufficializzazione di un vero bilinguismo, che possa conciliare le due parti.
  1. La lingua nazionale è l'italiano? Giusto e legittimo che tutti i luoghi abbiano un nome italiano; senza per questo sminuire o cancellare i nomi o l'identità locale, come fece o cercò di fare il fascismo.
  2. Una certa zona del paese delibera legittimamente di avere una lingua coufficiale? Giusto e legittimo che i luoghi abbiano un nome anche nella lingua coufficiale; senza per questo sminuire o cancellare l'italiano, come hanno fatto e fanno queste varie spinte antitaliane o "antifasciste" fuori tempo massimo, che sembrano più che altro una forma di «cultura della cancellazione» linguistica.
Che cosa si dovrebbe fare, in pratica? Semplice: nelle zone dove vige il bilinguismo, si usa il nome italiano nei documenti in italiano; si usa il nome nell'altra lingua nei documenti nell'altra lingua. Così, nei bei documenti ufficiali in doppia lingua come quello citato, se si nomina un luogo ne avremo il nome italiano su una colonna, e quello francese sull'altra colonna; come per qualsiasi altra parola delle due lingue.
I segnali stradali, le carte d'identità, avranno entrambe le lingue, e quindi riporteranno entrambi i nomi.
Avere invece un unico «nome ufficiale» con entrambe le lingue appiccicate con un trattino (Breuil-Cervinia) è esteticamente insoddisfacente e dà sempre un'impressione di imposizione e sgradevole invasione di campo, sia in italiano sia nella lingua coufficiale. È inevitabilmente causa di conflitti: l'italofono si chiederà perché il francese debba stare prima dell'italiano, e il francofono farà lo stesso a parti scambiate. E nel momento in cui si dimenticasse di usare l'«altra metà» del nome, sembrerebbe (o sarebbe) uno sgarbo all'altra identità linguistica.
E infatti poi quando salgono al potere quelli con le idee «giuste» si arriva a cancellare del tutto una delle due lingue, perché i francofoni non debbano subire che ci sia un po' d'italiano nel «nome ufficiale».

Lo sdoppiamento è più facile a dirsi che a farsi, creando complicazioni e possibili errori dal punto di vista organizzativo, burocratico, informatico, postale, eccetera? Forse. Ma non è nulla d'irrisolvibile o troppo impegnativo. Se vogliamo un bilinguismo serio e democratico, ordinato, senza conflitti, mi pare che la cosa si possa intraprendere senza problemi.
Avatara utente
Carnby
Interventi: 5342
Iscritto in data: ven, 25 nov 2005 18:53
Località: Empolese-Valdelsa

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di Carnby »

Secondo me sarebbe opportuno avere i nomi in doppia forma, francese e italiano. Le forme italiane dovrebbero essere etimologicamente motivate e necessariamente differenti dalle soluzioni adottate durante il ventennio fascista (è inutile discuterne, è così e basta). Pertanto, parlando e scrivendo in francese si avrà Aoste, Courmayeur e Le Breuil, in italiano Aosta, Cormaggiore e Cervinia, esattamente come succede in Alto Adige (o Südtirol).
domna charola
Interventi: 1644
Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di domna charola »

Ho sentito comunque in radio Rai 1, mentre ero in auto, attorno alle 18 che si diceva che la Regione Valle d'Aosta avrebbe respinto la cosa, il giornalista che lo diceva parlava di una riunione di consiglio appena finita.
Le motivazioni al rifiuto sarebbero, come comprensibile, squisitamente di tipo commerciale e di immagine: la stazione sciistica infatti è nota a livello internazionale col doppio nome di Cervinia-Breuil, e togliere il nome italiano ovviamente può solo fare danno.
Poi hanno fatto sentire delle interviste alla gente del luogo, e le persone che parlavano erano decisamente contrarie (non so se hanno selezionato apposta le risposte che accontentavano la rete o meno). D'altra parte, un legale, intervistato in proposito, spiegava che per cambiare il nome a un abitato, occorre anche un referendum fra i residenti.
Insomma, scampato pericolo, a quanto pare!
Resta comunque lo sconcerto del pensare al sindaco di Valtournenche - Valturnenza? Valturnancia? ...a questo punto se lo merita - che ha partorito un'idea simile.
Il prossimo sindaco con idee brillanti sarà di St. Ulrich o di Buchenstein?...
domna charola
Interventi: 1644
Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di domna charola »

G. M. ha scritto: gio, 30 nov 2023 15:48 Che cosa si dovrebbe fare, in pratica? Semplice: nelle zone dove vige il bilinguismo, si usa il nome italiano nei documenti in italiano; si usa il nome nell'altra lingua nei documenti nell'altra lingua.

[…]

Lo sdoppiamento è più facile a dirsi che a farsi, creando complicazioni e possibili errori dal punto di vista organizzativo, burocratico, informatico, postale, eccetera? Forse. Ma non è nulla d'irrisolvibile o troppo impegnativo. Se vogliamo un bilinguismo serio e democratico, ordinato, senza conflitti, mi pare che la cosa si possa intraprendere senza problemi.
La questione non è semplice, però, e può persino divenire rischiosa, perché esiste una legge che sancisce che la lingua ufficiale della Repubblica è l'Italiano, ed è la Legge 15 Dicembre 1999, n. 482, " Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche ":

"Art. 1.
1. La lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano.
2. La Repubblica, che valorizza il patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana, promuove altresí la valorizzazione delle lingue e delle culture tutelate dalla presente legge."

SI tratta di una legge relativamente recente, che nasce nell'onda del riconoscimento dei diritti delle minoranze linguistiche, e che si premura, sin dall'inizio, di ribadire che comunque in Italia si parla e scrive in Italiano, e che quella del bilinguismo è una concessione che si fa, un riconoscimento e nulla più, essendo tenuti comunque tutti i cittadini italiani a conoscere/capire/parlare l'italiano, lingua in cui primariamente sono redatti tutti i documenti ufficiali.

Per quanto riguarda i toponimi, la legge è altrettanto chiara:

"art. 10. Nei comuni di cui all'articolo 3, in aggiunta ai toponimi ufficiali, i consigli comunali possono deliberare l'adozione di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali."

Con questo, il legislatore in pratica salvaguarda la priorità dell'italiano sempre e comunque. E morta lì.
In alternativa, si andrebbero a legittimare isole linguistiche che poi potrebbero sfuggire di mano.
E infatti, anche l'articolo 7, comma 4 ribadisce:

"4. Qualora gli atti destinati ad uso pubblico siano redatti nelle due lingue, producono effetti giuridici solo gli atti e le deliberazioni redatti in lingua italiana."

e

Art. 8.1. Nei comuni di cui all'articolo 3, il consiglio comunale puó provvedere, con oneri a carico del bilancio del comune stesso, in mancanza di altre risorse disponibili a questo fine, alla pubblicazione nella lingua ammessa a tutela di atti ufficiali dello Stato, delle regioni e degli enti locali nonché di enti pubblici non territoriali, fermo restando il valore legale esclusivo degli atti nel testo redatto in lingua italiana.

D'altra parte, sino a che si è entro i confini dell'Italia, giusto è secondo me riconoscere i patrimoni culturali locali, ma non si può abdicare alla base unitaria dello Stato.

https://www.parlamento.it/parlam/leggi/99482l.htm
Avatara utente
G. M.
Interventi: 2408
Iscritto in data: mar, 22 nov 2016 15:54

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di G. M. »

domna charola ha scritto: gio, 30 nov 2023 19:20 Insomma, scampato pericolo, a quanto pare!
Bene! :)
domna charola ha scritto: gio, 30 nov 2023 19:52 La questione non è semplice, però, e può persino divenire rischiosa [...].

SI tratta di una legge relativamente recente, che nasce nell'onda del riconoscimento dei diritti delle minoranze linguistiche, e che si premura, sin dall'inizio, di ribadire che comunque in Italia si parla e scrive in Italiano, e che quella del bilinguismo è una concessione che si fa, un riconoscimento e nulla più, essendo tenuti comunque tutti i cittadini italiani a conoscere/capire/parlare l'italiano, lingua in cui primariamente sono redatti tutti i documenti ufficiali. [...]

Con questo, il legislatore in pratica salvaguarda la priorità dell'italiano sempre e comunque. [...]

D'altra parte, sino a che si è entro i confini dell'Italia, giusto è secondo me riconoscere i patrimoni culturali locali, ma non si può abdicare alla base unitaria dello Stato.
Non mi esprimo circa gli aspetti concreti dell’attuale quadro legale: la cosa va oltre le mie competenze e le mie intenzioni.

Ovviamente non ho nulla in contrario a dare la priorità all'italiano in caso di contrasti legali, eccetera.

Rilevo che, all'atto pratico, «salvaguardare la priorità dell’italiano sempre e comunque» evidentemente non si applica ai toponimi. Restando in Val d'Aosta, praticamente tutti i comuni hanno il nome ufficiale in francese (o forse proprio tutti, escluso il capoluogo); e non credo che per gli altri elementi geografici sia molto diverso. C'è qualcosa che non va.

D'altronde non vedo un contrasto fra la mia proposta e lo spirito della legge citata. Mi pare che le due cose possano integrarsi senza problemi.

Diciamo che la mia idea mi sembra un modo valido per riufficializzare i nomi italiani (o ufficializzarne di nuovi, dove quelli già usati non abbiano più senso*, o si ritenga di poter fare adattamenti, calchi e recuperi storici più filologicamente precisi) senza generare allarmi di fascismo, soppressione delle minoranze e simili, ma anzi ribadendo il pieno diritto ad avere il toponimo nella lingua locale, anche ben visibile sui cartelli stradali, nei documenti ufficiali, eccetera.

[*Del tipo La Thuille > Porta Littoria.]
domna charola
Interventi: 1644
Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di domna charola »

D'accordo, ma sempre subordinato a quello nella lingua ufficiale dello Stato.
C'è una sottile differenza fra una federazione di stati, ognuno con la sua storia, la sua cultura e la sua lingua, che si mettono assieme per una qualsiasi ragione (politica, economica etc.), e uno stato che per motivi storici ha inglobato aree prossime al confine in cui erano presenti comunità parlanti una lingua diversa, e spesso addirittura di un altro Stato confinante.
Nel primo caso, è giusto come dice lei mantenere la lingua "locale" a fianco di una lingua ufficiale comune a tutti. Nel secondo no, perché si tratta di un unico Stato, e i suoi documenti ne riflettono la lingua ufficiale, peraltro esistente in questi territori, pur con le sue molteplici varianti, da più di 800 anni. Insomma, se volessimo riconoscere a ciascuno la sua lingua, allora dovremmo autorizzare primariamente le lingue locali dei nostri "stati federati", ovvero le parlate regionali, perché ogni (o quasi) regione italiana ha la sua storia, la sua cultura e la sua lingua e quindi avrebbe diritto a mantenerla intatta, con l'aggiunta a fianco del testo tradotto in "lingua ufficiale italiana". Un passo del genere avrebbe senso solo nel momento in cui si sancisse una vera e propria autonomia di tutte le Regioni ovvero un federalismo: intendo dire che avrebbe una portata politica pesante, e anticiparlo significa dare un solido punto d'appoggio a queste correnti. Scelta di parte, che non spetta alla sede linguistica, ovviamente.
Riconoscere le minoranze linguistiche come "stati federati" con la lingua italiana come traduzione per gli italiani ha esattamente questa portata. Già con la storia delle autonomie in queste Regioni di confine gli italiani sono discriminati - provate a cercare lavoro a Bolzano, anche conoscendo il tedesco, dovete avere veramente delle capacità nettamente superiori e indiscutibili rispetto alla concorrenza locale - se poi si desse anche il segnale - segnale forte - che la loro lingua è valida in prima istanza, e l'italiano una mera traduzione ad uso degli "stranieri", sarebbe fare un passo avanti sull'effettiva separazi0one di queste aree. Percorso questo, ripeto, che non spetta ai linguisti né innescare né favorire. Se la volontà del Paese un domani si esprimesse in quel senso, bene, allora anche le norme linguistiche andranno riviste. Ma per ora, lasciamo alla politica - nel senso alto del termine - ciò che è di sua competenza...
Sono contraria sia a recarmi a Bérghem o a Venesia, così come a Breuil o St. Ulrich. Sono tutti nomi storici in uso ben prima dell'Italia, quindi va bene per le tradizioni, però allora vale per tutti e primariamente per gli idiomi originari "italici".
Avatara utente
G. M.
Interventi: 2408
Iscritto in data: mar, 22 nov 2016 15:54

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di G. M. »

Capisco le sue preoccupazioni (e ne condivido la sostanza), ma non mi è del tutto chiaro in che modo le faccia derivare dalla mia proposta. Forse mi sono spiegato male o mi sfugge qualche aspetto burocratico-legale. Per cercare d’individuare dove stia il problema, provo a risponderle punto per punto.
domna charola ha scritto: ven, 01 dic 2023 9:20 D'accordo, ma sempre subordinato a quello nella lingua ufficiale dello Stato.
Nulla in contrario, come già detto. Basta che la primazia sia intrinseca nelle leggi ma non evidente all'esterno, altrimenti si perde tutto il valore psicologico del procedimento. :mrgreen:
domna charola ha scritto: ven, 01 dic 2023 9:20 Insomma, se volessimo riconoscere a ciascuno la sua lingua, allora dovremmo autorizzare primariamente le lingue locali dei nostri "stati federati", ovvero le parlate regionali, perché ogni (o quasi) regione italiana ha la sua storia, la sua cultura e la sua lingua e quindi avrebbe diritto a mantenerla intatta, con l'aggiunta a fianco del testo tradotto in "lingua ufficiale italiana". Un passo del genere avrebbe senso solo nel momento in cui si sancisse una vera e propria autonomia di tutte le Regioni ovvero un federalismo: intendo dire che avrebbe una portata politica pesante, e anticiparlo significa dare un solido punto d'appoggio a queste correnti. Scelta di parte, che non spetta alla sede linguistica, ovviamente.
No, infatti, e non intendevo implicare che si debba fare nulla del genere in modo generalizzato. Mi riferivo ai luoghi dove lingue coufficiali sono già riconosciute.
domna charola ha scritto: ven, 01 dic 2023 9:20 Riconoscere le minoranze linguistiche come "stati federati" con la lingua italiana come traduzione per gli italiani ha esattamente questa portata. Già con la storia delle autonomie in queste Regioni di confine gli italiani sono discriminati - provate a cercare lavoro a Bolzano, anche conoscendo il tedesco, dovete avere veramente delle capacità nettamente superiori e indiscutibili rispetto alla concorrenza locale - se poi si desse anche il segnale - segnale forte - che la loro lingua è valida in prima istanza, e l'italiano una mera traduzione ad uso degli "stranieri", sarebbe fare un passo avanti sull'effettiva separazi0one di queste aree. Percorso questo, ripeto, che non spetta ai linguisti né innescare né favorire. Se la volontà del Paese un domani si esprimesse in quel senso, bene, allora anche le norme linguistiche andranno riviste. Ma per ora, lasciamo alla politica - nel senso alto del termine - ciò che è di sua competenza...
Prevedere con certezza tutte le ricadute psicologiche di una qualunque azione è sempre difficile, e non mi azzardo a farlo. Può darsi che lei abbia ragione; ribadisco però che mi limito a osservare la situazione attuale, in cui già ora non abbiamo l'italiano nei nomi ufficiali. Questo mi sembra un segnale ben più forte che «la loro lingua è valida in prima istanza, e l'italiano una mera traduzione ad uso degli "stranieri"», rispetto ad avere due nomi ufficiali, uno per lingua. Non pare anche a lei?
Mi sembra che sia il fatto psico-sociale che emerge da tutta la prima parte, "silenziosa", di questa vicenda di Cervinia.

Non c'era né c'è, da parte mia, l'intenzione o implicazione di spingere per una riorganizzazione della repubblica unitaria in senso federale.
domna charola ha scritto: ven, 01 dic 2023 9:20 Sono contraria sia a recarmi a Bérghem o a Venesia, così come a Breuil o St. Ulrich. Sono tutti nomi storici in uso ben prima dell'Italia, quindi va bene per le tradizioni, però allora vale per tutti e primariamente per gli idiomi originari "italici".
Ma io intendo l'esatto contrario: parlando e scrivendo in italiano, sia in contesti informali sia in sede ufficiale, lei andrebbe a Bergamo, Venezia, Cervinia (non Breuil, Breuil-Cervinia) e Ortisei. :wink:

Quanto all'estendere il bilinguismo a tutti, quello mi sembra un altro discorso, facendo io riferimento solo ai luoghi dove è già in essere.
Avatara utente
Millermann
Interventi: 1537
Iscritto in data: ven, 26 giu 2015 19:21
Località: Riviera dei Cedri

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di Millermann »

M'inserisco un attimo nel filone perché vorrei far osservare, come curiosità, che la presenza di toponimi bilingui non è un aspetto limitato alle zone di confine. ;)

Esistono, ad esempio, nella mia provincia, i nomi delle località italoalbanesi (fino a poco tempo fa conosciute esclusivamente col nome italiano) che si sono fatti strada dalla parlata locale fino ad approdare sui cartelli stradali. :)

Un esempio tratto dalla guichipedia:
Immagine
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
Avatara utente
G. M.
Interventi: 2408
Iscritto in data: mar, 22 nov 2016 15:54

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di G. M. »

Ecco, come risultato pratico sulla segnaletica auspicherei qualcosa del genere: italiano sopra, colori diversi per le due lingue per distinguere immediatamente. :) Magari però distinte solo dal colore e per il resto uguali (maiuscolo o minuscolo, dimensione del carattere).

PS. Ho fatto una rapida fotoscioppata (i nomi scelti sono solo per esempio):

Immagine
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5275
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di Infarinato »

Nota personale: ho sempre ritenuto buffo che in Valle d’Aosta s’insista tanto sul francese, che molti capiscono ma nessuno parla. La lingua coufficiale dovrebbe essere il valdostano, che è una varietà di francoprovenzale (nemmeno di francese). Se cosí fosse, oggi discuteremmo di Cervinia e… Lo Brèl.
Avatara utente
Carnby
Interventi: 5342
Iscritto in data: ven, 25 nov 2005 18:53
Località: Empolese-Valdelsa

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di Carnby »

Infarinato ha scritto: ven, 01 dic 2023 15:10 [H]o sempre ritenuto buffo che in Valle d’Aosta s’insista tanto sul francese, che molti capiscono ma nessuno parla. La lingua coufficiale dovrebbe essere il valdostano, che è una varietà di francoprovenzale (nemmeno di francese).
Esatto. Per la situazione che si è venuta a creare, i cartelli dovrebbero essere trilingui: in italiano, francese e patuà. :)
domna charola
Interventi: 1644
Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Re: «Cervinia», «Le Breuil»

Intervento di domna charola »

G. M. ha scritto: ven, 01 dic 2023 11:40 Nulla in contrario, come già detto. Basta che la primazia sia intrinseca nelle leggi ma non evidente all'esterno, altrimenti si perde tutto il valore psicologico del procedimento. :mrgreen:
E' questo il punto: la primazia deve essere evidente dall'esterno, perché comunque quei territori, che siano confini o isole all'interno del territorio, sono italiani, almeno sino a che non si deciderà di cambiare ordinamenti e dare loro la libertà.
La lingua ufficiale dello Stato è l'italiano, e il resto sono gentili concessioni per rispettare tradizioni antiche. Il doppio nome, valido dal punto di vista amministrativo perché mi identifica uno e un solo Comune nei due modi in cui viene abitualmente chiamato, risolve tutto ciò, in molti luoghi anche sui cartelli stradali, senza bisogno di introdurre colori diversi, che non sarebbero probabilmente a norma europea, e che comunque non sono mai stati scelti per le segnaletiche in quanto poco visibili.
G. M. ha scritto: ven, 01 dic 2023 11:40 No, infatti, e non intendevo implicare che si debba fare nulla del genere in modo generalizzato. Mi riferivo ai luoghi dove lingue coufficiali sono già riconosciute.
Sull'applicare il sistema solo alle lingue riconosciute e non alle lingue locali ho molte perplessità. Già i tentativi si sprecano, di mettere cartelli in locale, se poi riconosciamo quelli francesi o ladini può essere visto come un parzialismo o discriminazione, volta a reprimere le famose "identità locali".
Vede, vivo - mio malgrado - a stretto contatto con federalisti e separatisti repressi, e le assicuro che un passo di troppo verso altre lingue di minoranza si risolverebbe nella ripresa del fiorire di cartelli in veneto, bergamasco, bresciano e chi più ne ha... Il giusto mezzo secondo me è mantenere gli usi correnti e riconosciuti, che sono doppio nome con priorità a quello in lingua ufficiale.
G. M. ha scritto: ven, 01 dic 2023 11:40 Prevedere con certezza tutte le ricadute psicologiche di una qualunque azione è sempre difficile, e non mi azzardo a farlo. Può darsi che lei abbia ragione; ribadisco però che mi limito a osservare la situazione attuale, in cui già ora non abbiamo l'italiano nei nomi ufficiali. Questo mi sembra un segnale ben più forte che «la loro lingua è valida in prima istanza, e l'italiano una mera traduzione ad uso degli "stranieri"», rispetto ad avere due nomi ufficiali, uno per lingua. Non pare anche a lei?
Mi sembra che sia il fatto psico-sociale che emerge da tutta la prima parte, "silenziosa", di questa vicenda di Cervinia.

Non c'era né c'è, da parte mia, l'intenzione o implicazione di spingere per una riorganizzazione della repubblica unitaria in senso federale.
Personalmente recupererei i nomi italiani per le zone al confine francese. Il fatto che Salice d'Ulzio si debba chiamare Sauze d'Oulx, per giunta impronunciabile, mi dà fastidio oltre ad essere antistorico. Quei territori sono stati "occitani", poi sabaudi, poi piemontesi, poi italiani... ogni volta il nome è stato reso nella lingua corrente. E' la storia, che piaccia o no. Restano italiani tutt'oggi, il Ventennio ormai è lontano e se proprio si temono rigurgiti, guarderei altrove; non sono certo i nomi quelli che mi turbano. O meglio, c'è nome e nome: chiaro che Littoria o un'eventuale Benitia (su modello delle Alessandria sparse per l'orbe terracqueo) non sono accettabili, perché fanno riferimento diretto a elementi di quel regime, ma la semplice italianizzazione di un nome preesistente non ha lo stesso peso, né lo stesso portato emozionale e politico. In fondo, è quello che vorremmo si facesse con tutti i toponimi indiscriminatamente, no?
G. M. ha scritto: ven, 01 dic 2023 11:40 Ma io intendo l'esatto contrario: parlando e scrivendo in italiano, sia in contesti informali sia in sede ufficiale, lei andrebbe a Bergamo, Venezia, Cervinia (non Breuil, Breuil-Cervinia) e Ortisei. :wink:
Quanto all'estendere il bilinguismo a tutti, quello mi sembra un altro discorso, facendo io riferimento solo ai luoghi dove è già in essere.
Ricordo quando era Cervinia-Breuil, così come è sempre stato per La Valle - Wengen, San Candido - Innichen, Ortisei - St. Ulrich etc.
In fondo, si imparavano anche i nomi nel modo degli altri, ed era utile per capirsi.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 1 ospite