«Supplet[t]ivo»

Spazio di discussione su questioni di lessico e semantica

Moderatore: Cruscanti

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Zabob
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Intervento di Zabob »

Grazie; confesso che qui ci sarei cascato, ritenendo fino ad ora che *inflattivo e *deflattivo fossero forme corrette.
Ultima modifica di Zabob in data mer, 08 mag 2013 18:03, modificato 1 volta in totale.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sono forme quasi ubique: raramente in radio o in tivvú ho sentito inflativo o deflativo.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Zabob ha scritto:Stiamo formando una piccola lista di consonanti doppie incongrue.
Riassumiamo:
– supplet[t]ivo
– collut[t]orio
– accel[l]erare
Erronee, sí; «incongrue[nti]», non troppo (…l’ultima è addirittura «piú italiana»): uno, due e tre. ;)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Infarinato ha scritto:Erronee, sí; «incongrue[nti]», non troppo (…l’ultima è addirittura «piú italiana»): uno, due e tre. ;)
Ci sono ragioni fonotattiche per la forma colluttorio, o basta l’analogia?
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

C’è solo l’analogia, che ovviamente non basta. ;)
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Incremento questa lista con biric[c]hino (e in questo filone Marco cita anche intrav[v]edere), bric[c]iola (incrocio con briccica?), viep[p]iù e pressoc[c]ché; quest'ultimo si trova persino, insieme a pressoché (ci sarà una differenza? :wink: ), sul dizionario inglese-italiano Sansoni in linea.
Di altro genere mi pare l'errore di chi dice *tacchimetro, e si trova anche *stecchiometria (ragioni fonotattiche? attrazione di "tacchi" e "specchio"?).
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Ha l'aria di essere una pronuncia, passata nello scritto, di origine meridionale.
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

Anche se mi pare un’ovvietà, lo scrivo esplicitamente, ché mi sembra sfuggire a molti, qui e in giro per il fòro: il raddoppiamento di /p, t, k/ «a casaccio» è fortemente tipico della pronuncia lombarda & emiliano-romagnola. :)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Souchou-sama ha scritto:Anche se mi pare un’ovvietà, lo scrivo esplicitamente, ché mi sembra sfuggire a molti, qui e in giro per il fòro: il raddoppiamento di /p, t, k/ «a casaccio» è fortemente tipico della pronuncia lombarda & emiliano-romagnola. :)
Le posso dire che, in italiano regionale, anche in Veneto si usano geminazioni a casaccio (esempi, al momento, non me ne sovvengono: mi creda sulla parola :mrgreen:).
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SinoItaliano
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Intervento di SinoItaliano »

Infarinato ha scritto:
Zabob ha scritto:Stiamo formando una piccola lista di consonanti doppie incongrue.
Riassumiamo:
– supplet[t]ivo
– collut[t]orio
– accel[l]erare
Erronee, sí; «incongrue[nti]», non troppo (…l’ultima è addirittura «piú italiana»): uno, due e tre. ;)
Però accelerare deriva da celere... :roll:
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Ma non mi dica! :shock: (;))
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Zabob
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Intervento di Zabob »

L'uso di *accellerare in luogo di accelerare non è nuovo. Se ne trovano numerose occorrenze, specie fino al '700, anche se difficilmente in autori d'un certo peso.

Cercando sul sito bibliotecaitaliana.it ho trovato p.es. una dozzina d'occorrenze, fra le quali segnalo questi versi dal poema Ercole di Giambattista Giraldi Cinzio:

ella, che la potenza sua sapeva,
volendola mostrar in costor due,
fe' ad Alcumena il parto differire,
e accellerò d'Archippe il partorire.


e questa battuta da Lo schiavetto di Giovan Battista Andreini:

Fermatevi là, dico. Pur troppo a i danni della vita corre frettolosa la morte, senza che voi gli accelleriate il passo.

Vi sarebbero anche due esempi goldoniani, ma non trovano riscontro nelle altre edizioni disponibili su Google libri. È possibile che siano stati gli stampatori ad aver commesso un refuso (in questi e negli altri casi)?
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Per le questioni ortografiche vale unicamente la vigente norma. Le oscillazioni grafiche nel corso dei secoli sono infinite. E cosí per la morfologia verbale. La tradizione letteraria si può invocare per questioni sintattiche e, eventualmente, lessicali.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Però si può supporre che le oscillazioni grafiche rispecchino un'incertezza nella pronuncia, specie in un caso come questo (non si sa come si scrive poiché non si sa come si dice). Un'oscillazione puramente ortografica potrebbe essere, invece, quella fra potenza e potenzia (due varianti "legittime" della stessa parola, anziché una corretta e una no).
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Le raccomando la lettura (se non è già cosa fatta) della storia della lingua italiana di Bruno Migliorini (preferibilmente quella completa in due volumi, ma può andar bene anche la versione ridotta). Ci troverà molte cose illuminanti al riguardo. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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