Posso provarci io, caro Infarinato, per ricambiare la sua disponibilità. Lei, però, controlli se quanto sto per scrivere è giusto!Infarinato ha scritto:Magari un po’ piú in là… o forse qualche altro utente di buona volontà potrà intervenire per darle una mano nel frattempo.

A Swanky vorrei dire che qui non c'è alcun motivo di «non sentirsi al passo con gli altri utenti»: non siamo a scuola, né a un concorso.


Ad ogni modo, se si fida, le faccio un riepilogo facile di quanto ho capito finora.
In sintesi, la fonotassi parte dal basso, dal singolo fonema visto sotto l'aspetto sintagmatico (cioè in relazione "spaziale" con il fonema che lo precede e quello che lo segue).
Il suo ruolo principale è quello di stabilire un «insieme di vincoli che regolano la successione dei segmenti fonematici nella catena parlata». Ciò avviene a tre livelli:
a) Attraverso le regole di ammissibilità delle sillabe, dei gruppi consonantici e della sequenza vocalica: i cosiddetti limiti fonotattici. Qui il riferimento.
Cosí, ad esempio, si stabilisce che, in italiano, sillabe come stra, iuo, per sono valide, mentre stpa, iao, perf non lo sono.
b) Nella formazione della parola, quindi stabilendo le modifiche cui sono sottoposti due morfemi che s'incontrano internamente a una singola parola (sandi interno o morfologico), riferimento qui.
Ad esempio, volendo formare il contrario di logico, otterremo illogico, e non *inlogico, perché il gruppo consonantico «nl» non è ammissibile, e dà luogo ad assimilazione.
c) Nell'incontro di due parole contigue (Sandi esterno o sintattico, corrispondente alla fonosintassi o fonetica sintattica).
Il riferimento è qui.
Di questa fanno parte noti fenomeni, tra cui il raddoppiamento fonosintattico, e poi elisione, apocope e troncamento, prostesi, epitesi e sinalefe, per citare i piú importanti.
Bene, per il momento mi sembra sufficiente. Sono stato abbastanza comprensibile?

